
di Gian Giacomo William Faillace.
Guerra e Democrazia: se esiste una nazione al mondo che ha “esportato democrazia” distruggendo intere popolazioni e sostituendo i regimi dittatoriali con altri, talvolta anche peggiori ma definiti democratici dai media, quella è propria la nazione definita Stati Uniti d’America.
Fin dalla sua prima guerra, quella d’Indipendenza, gli americani, al tempo coloni, hanno scatenato guerre, creando a tavolino il Casus belli.
Nel 1770, quando quelli che oggi chiamiamo U.S.A erano delle colonie inglesi, al fine di far scoppiare la rivolta, i capi della futura rivoluzione, non esitarono a far strage dei loro connazionali creando i presupposti perché ciò avvenisse. A Boston, il 5 marzo 1770, trovarono la morte per mano delle truppe britanniche cinque coloni. Questo incidente contribuì ad accendere la scintilla della ribellione in varie colonie britanniche in America del Nord, processo che ebbe il proprio culmine nella rivoluzione americana.
Il tutto ebbe inizio grazie ad alcuni “patrioti americani” che alcuni giorni prima, con aggressioni e risse, causarono la morte di un bambino fino al violento attacco alla dogana che costrinse le poche Giubbe Rosse presenti a difendersi dal tiro di pietre e pezzi di giaccio.
Facendo i dovuti raffronti, non vi ricorda la famosa rivoluzione del 2014 a Kiev?
Passano gli anni e nel 1819 con il trattato Adams-Onís si risolse una disputa territoriale in Nord America tra gli Stati Uniti e la Spagna. Il trattato fu il risultato di un incremento delle tensioni tra i due stati riguardo diritti territoriali nel nuovo mondo. Oltre a consegnare la Florida agli Stati Uniti, il trattato stabiliva una disputa di confine lungo il Sabine River in Texas e affermava territorio degli Stati Uniti quello compreso tra le Montagne Rocciose e l’oceano Pacifico in cambio di una somma per i residenti pari a 5.000.000 di dollari, oltreché ogni rinuncia sul Texas ad occidente del Sabine River e delle altre aree spagnole. Il trattato venne comunque disatteso nel 1845, quando il Texas divenne il 27esimo stato dell’Unione.
Sempre nel 1845, al fine di danneggiare le ambizioni britanniche, il presidente James Knox Polk inviò al Messico una proposta per l’acquisto dell’Alta California e del Santa Fe de Nuovo Messico chiedendo che fosse il fiume Rio Grande a marcare il nuovo confine. Al rifiuto messicano, Polk accentuò la pressione inviando truppe nel territorio conteso tra i fiumi Nueces e Rio Grande. L’intento del presidente era di spingere i messicani a reagire scontrandosi con l’esercito americano e dando al Congresso una motivazione per dichiarare guerra, un po’ come hanno fatto oggi con la Russia. Ciò portò alla guerra messico-staunitense che vide la vittoria degli U.S.A e l’occupazione del Messico sino alla sua capitale non senza stragi e violenze contro i civili.
Con il trattato di Guadalupe Hidalgo del 2 febbraio 1848, si concluse la guerra e dette agli Stati Uniti il controllo assoluto del Texas, come pure della California, del Nevada, dello Utah e di parti del Colorado, Arizona, Nuovo Messico e Wyoming.
Arriviamo al 1898, scoppio della guerra ispano-americana. Casus belli l’affondamento della nave militare Maine a Cuba, possedimento spagnolo, per cause ancora oggi incerte, ma i politici yankee, grazie ai media ben controllati da William Randolph Hearst, editore e politico americano, stabilirono senza ombra di dubbio che fosse un attacco spagnolo e ad a orientare l’opinione degli statunitensi verso una volontà di guerra contro la Spagna. Quindi gli americani che fanno? Attaccano Cuba? Certo che no: colpiscono la Spagna nelle Filippine e solo dopo iniziano le ostilità a Cuba.
Quell’anno, il 1898, segna ufficialmente l’inizio dell’imperialismo statunitense.
L’interesse americano era per le piantagioni di zucchero, ufficialmente l’interesse era tutelare i ribelli anti coloniali. La guerra che intercorse tra Spagna e Stati Uniti d’America, fortemente voluta dal presidente William McKinley, ben finanziato dal magnate del petrolio John Davison Rockefeller, portò, sempre nel 1898, all’aumento del costo dei cereali d’importazione e il conseguente aumento del costo del pane che, gravando sulle già affaticate famiglie proletarie, sfociò in sommosse, fra le quali la protesta dello stomaco, più nota come i moti di Milano del 1898, repressa nel sangue dal Generale Fiorenzo Bava Beccaris, agli ordini di Re Umberto I di Savoia. Succede anche oggi ma i calci di rigore ed i fuori gioco sono più importanti.
Con questa guerra gli Stati Uniti divennero potenza egemone in quasi tutto il Sud America, instaurando regimi per tutto il ‘900 fino ai giorni nostri. Tra questi non possiamo non citare Pinochet in Cile, la Giunta Militare in Argentina, D’Abuisson in Salvador, Noriega a Panama, i Contras in Nicaragua, Batista a Cuba, Francois Duvalier ad Haiti. Tutti esempi di democrazia ad altissimi livelli di letalità per la popolazione. Anche le Filippine ebbero modo di testare la democrazia d’esportazione con stragi di civili di tutte le età dai 10 anni in su.
Arriva la Prima Guerra Mondiale, gli Stati Uniti entrano nel conflitto nel 1917. Il motivo scatenante fu l’avanzata di una guerra sottomarina da parte dei tedeschi che attaccavano violentemente le navi mercantili appartenenti anche a paesi non coinvolti nella guerra, tra queste non mancavano anche le navi mercantili americane.
Un altro motivo fu il rapporto commerciale tra Gran Bretagna e Stati Uniti d’America. In tutto ciò gli USA vennero a conoscenza, tramite le agenzie segrete, che la Germania aveva stretto un accordo segreto con il governo messicano per entrare in conflitto insieme contro gli USA. Ma la motivazione più importante fu quella riguardante gli interessi economici nel Mar Mediterraneo e nel Medio Oriente, infatti, se la guerra fosse stata vinta dalla coalizione Austro-Tedesca, il traffico commerciale sarebbe stato messo in discussione con una perdita economica per gli USA.
Oltre a ciò, gli stati appartenenti all’Intesa ovvero Inghilterra, Francia e Russia contrassero debiti nei confronti delle banche americane che facevano credito per sostenere il conflitto in atto. Le banche americane facevano prestiti e anche supporto logistico donando aiuti bellici come carri armati ed aerei provenienti da tutto il continente americano. Quindi un’eventuale sconfitta della Triplice Intesa avrebbe causato agli Stati Uniti una perdita enorme in termini economici perché non avrebbe più potuto ricevere i soldi che inizialmente aveva ceduto per aiutare questi Stati.
Quindi, nell’aprile del 1917 gli Stati Uniti entrarono ufficialmente nel conflitto mondiale soprattutto per motivi idealisti e per garantire la vittoria della Triplice Intesa per evitare la perdita dei crediti di guerra erogati precedentemente dagli USA.
L’idealismo fu proprio alla base dell’attività e dell’amministrazione Wilson e fu fondamentale per far accettare il loro intervento all’opinione pubblica ma contribuì anche per l’approccio con il quale alla fine del conflitto le potenze vincitrici si sarebbero poste nei confronti dei paesi sconfitti. Questo idealismo si basava sulla lotta per la liberazione dell’Europa dalla tirannia di imperi multinazionali considerati ormai antichi, non democratici. Con il loro aiuto, gli Stati Uniti vollero ridare ai popoli europei una propria autonomia, aiutandoli ad abbandonare la politica di oppressione sostituendola con la propria.
Per meglio mettere in pratica questo progetto ci volle però la II Guerra Mondiale.
La voglia di esportare democrazia non si è certo fermata al 1945, bensì è continuata in Corea e successivamente nel Vietnam a cui verrà dedicato un articolo successivo.
Concludiamo con le parole del Maggiore Generale Smedley Butler, nato nel 1881 e deceduto nel 1940. Fu uno dei pochi soldati americani ad essere insignito della Medal of Honor, la massima onorificenza militare americana.
Cinque anni prima della sua morte, scrisse un libro: “The War Is A Racket” e già il titolo dice tutto.
Eccone un breve estratto:
“Ho passato 33 anni e 4 mesi in servizio militare attivo, e durante questo periodo ho speso la maggior parte del mio tempo come uomo di fatica di alto profilo per il Grande Mercato, per Wall Street e per le banche. In pratica ero un estorsore, un gangster a servizio del capitalismo. Nel 1914 ho contribuito a rendere il Messico e specialmente Tampico un terreno sicuro per gli interessi petroliferi americani. Ho contribuito a rendere Haiti e Cuba luoghi convenienti per fare affari per i ragazzi della National City Bank. Ho contribuito allo stupro di una mezza dozzina di repubbliche del Centro America a beneficio di Wall Street. Tra il 1902 ed il 1912 ho contribuito a purificare il Nicaragua per la banca internazionale d’affari Brown Brothers & Co. Ho portato la luce in Repubblica Dominicana, nel 1916, per gli interessi americani nella produzione di zucchero. Nel 1903 ho dato una mano a rendere l’Honduras un buon posto per le compagnie statunitensi della frutta. Nel 1927 in Cina ho dato il mio contribuito per fare in modo che la Standard Oil potesse continuare ad operare indisturbata. Guardando indietro, avrei potuto dare alcuni buoni suggerimenti ad Al Capone: il meglio che era riuscito a fare era estendere il suo racket a tre distretti; io ho operato in tre continenti.”
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