
di Massimo Bonato
Da diversi anni l’Uruguay è diventato un Paese a cui l’America Latina guarda come esempio. E non solo l’America Latina. La qualità di vita è ormai paragonabile a quella di molti Paesi sviluppati.
Nell’ultimo anno, per esempio, la spesa pro capite per le bollette della energia elettrica è calata in media del 6%. Questo perché l’Uruguay si è prefisso di raggiungere una produzione di energia completamente pulita, basata sullo sfruttamento delle risorse rinnovabili. Spende infatti il 3% del Pil nella ricerca in questo settore, investendo in impianti eolici, solari, e a biomassa. È arrivata alla produzione del 40% della sua energia grazie ai suoi impianti, che servono i 3,4 milioni di abitanti del Paese, e nei prossimi cinque anni verranno investiti 6 milioni di dollari nelle energie rinnovabili.
Una vera rivoluzione, iniziata con Tabaré Vásquez (presidente dal 2005 al 2010) e proseguita con il presidente in carica, José Mujica, che sta portando e porterà inevitabili benefici. Dietro le quinte però, chi lavora a questi progetti è Ramón Méndez Galain, direttore nazionale per l’energia, il quale ha potuto assicurare all’ultimo vertice COP20 a Lima che “L’Uruguay non possiede né petrolio né gas, ha praticamente sfruttato tutto il suo potenziale idroelettrico, e la sua economia sta crescendo del 6% con l’obiettivo di ridurre la povertà”.
Ma è una rivoluzione anche politica, poiché la carenza di risorse energetiche fossili ha condotto i quattro maggiori partiti politici ad accordarsi per una politica energetica comune sino al 2030, indipendentemente da chi vinca nel frattempo le elezioni.
M.B. 11.01.15
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