
Nel bosco, in quel che vi rimane, della Clarea, a fianco dell’area attualmente occupata dal cantiere del tunnel geognostico della Maddalena, rimangono ad oggi alcune delle vecchissime piante di castagno che in questo luogo avevano iniziato la loro vita circa duecento sessanta anni fa. Qui prima dell’arrivo delle ruspe e della insultante mattanza di alberi c’era un castagneto davvero eccezionale, voluto più di due secoli fa dai valligiani che erano stati colpiti da una delle periodiche e devastanti frane, quella volta veramente eccezionale e che aveva ricoperto sotto uno spesso strato di terra e pietre quello che allora costituiva il paesaggio. Un episodio, questo, ben noto e che, per la sua propensione a ripetersi, da sempre aveva fatto si che gli abitanti della zona qui non vi avessero mai costruito nulla.
Singolare quindi che proprio qui i proponenti del grandioso progetto del tav abbiano deciso di aprire il cantiere, nel posto dove un tempo recente, tra una frana e l’altra, aveva visto l’impianto di vigne ed un tempo remoto l’insediamento di umani, tra il 3400 ed il 2000 a.C.
Attualmente la zona, un tempo silenziosa e fertile in ragione dell’ecoclima particolarmente favorevole, è segnata dal rumore dei macchinari di scavo e di costruzione, e il disastro ambientale (ed anche economico) è in ascesa, anche perché, con le operazione di esproprio di ulteriori terreni a fianco del torrente, si vuole realizzare la nuova strada di collegamento fra Giaglione e Chiomonte.
Dopo l’incontro con i proprietari dei terreni necessari al passaggio, dallo scorso lunedi si è dato inizio ai lavori di sbancamento del bosco a fianco delle recinzioni ad est dal cantiere, con relativo abbattimento di nuovi alberi.
Pronta la risposta dei contrari all’opera, venuti in Clarea per contrastare in qualche modo l’avanzare delle ruspe, accolti, come sempre, dal nutrito drappello delle Forze dell’Ordine a termine del ponte sul torrente, ben decise a negare il passaggio a chicchessia.
Passaggio dunque negato per tutti sul sentiero, un tempo segnato come via Francigena e sentiero rimasto come unica possibilità per raggiungere quel che resta dell’interessante percorso che dal museo archeologico permette di ammirare, percorrendo un bosco davvero unico, gli insediamenti neolitici rimessi in parte in luce negli ultimi decenni dello scorso secolo.
Un passaggio negato, per tutta la giornata ai dissidenti ed ai visitatori, ma anche ad alcuni proprietari che volevano verificare i confini dei propri appezzamenti, per evitare sconfinamenti nelle operazioni di sbancamento. E che hanno dovuto attendere la fine della giornata lavorativa prima di passare tra due ali di Forze dell’Ordine per accedere alle proprie proprietà.
Impossibile comunque per loro poter verificare quanto intendevano perché la zona è stata completamente snaturata, con alberi abbattuti in alcune zone e con due evidenti scavi che hanno avvalorato le voci che parlavano in questi giorni di intervento di archeologi e di Polizia scientifica.
Che si è trovato o si sta cercando? Difficile verificarlo, almeno attualmente. E chi vigila su quanto si sta facendo? Le risposte non possono essere date da chi sta compiendo l’opera, più interessato alla prosecuzione dei lavori che alla tutela di ritrovamenti. La domanda è più che mai legittima, soprattutto alla luce delle notizie storiche che indicano quest’area di particolare attenzione, non toccata dal passaggio del torrente, che fino alla metà del millenovecento scorreva in una grande ansa. Ed area in cui si contò un episodio, decisivo, della battaglia di Susa, nel 1628, di cui si potrebbero ancora trovare tracce ad un metro di profondità nel terreno.
Tracce che potrebbero essere spazzate via.
Anche per questo domani il presidio al cantiere prosegue.
Gabriella Tittonel
Mercoledì 23 maggio 2013