M5S. Un grido di dolore

Furibondo attacco mediatico ai 5 Stelle ma i travagli che agitano il Movimento hanno radici nell'incompiutezza del loro progetto: la linea politica è ancora in gran parte vaga, il metodo di selezione dei candidati è da rivedere, l' enfasi eccessiva sulla Rete.

di Fabrizio Salmoni

E’ un attacco senza ritegno e vergognoso nei termini quello sferrato tra sabato e domenica dai media mainstream al M5S. Una veemenza mai registrata nei confronti del Condannato nè dei partiti degli inquisiti multipli per i quali c’è sempre tanta cautela.

L’obiettivo è evidente: scardinare l’unica opposizione. L’occasione ghiotta è servita su vassoio dorato dagli stessi 5S con l’ennesima polemica tra parlamentari cui fanno seguito altre espulsioni. Il motivo è la riluttanza dei due espulsi, Artini e Pinna, a rendicontare secondo le norme stabilite parte dei loro emolumenti ma sotto sotto c’è una tensione che riguarda i comportamenti in aula dei due parlamentari condannati dalla Rete con procedura modificata rispetto al solito: prima il rinvio a giudizio del gruppo parlamentare poi la Rete (poco chiara la ragione). Voci dall’interno prevedono addirittura altre uscite.

Sinceramente, mi pare che si stia passando il segno. La vicenda sta oscurando quanto di buono i gruppi Camera e Senato stanno facendo sui piani sempre inclinati della politica. Ci sono le regole che devono essere rispettate, va bene. Ma quanta possibilità è data a iscritti e elettori di capire se le motivazioni sono valide? Il cittadino-elettore M5S è sconcertato: dal merito, dal metodo, dai tempi e dalle conseguenze politiche di polemiche che sempre più sembrano faide in famiglia. Come si può pensare di andare avanti cosi a restringere sempre più il numero dei rappresentanti in Parlamento, specie di fronte alle scadenze che questo e il governo impongono? Come si può pensare di ottenere risultati autodiminuendo quelli delle elezioni politiche che hanno visto irrompere nelle istituzioni l’unica opposizione possibile al disastro che è sotto gli occhi di tutti? Quale affidabilità si offre all’elettorato e a chi potrebbe interloquire positivamente con il Movimento? Cos’è che non funziona e che moltiplica le polemiche personali a tutti i livelli del Movimento?

Qui in Piemonte, per non essere da meno, si è da poco alzato il fumo sul caso Bechis che sembrava dirimente e finora fortunatamente non lo è stato ma che ha alimentato polemiche personali, fumose e non chiaramente politiche, producendo solo divisioni e danni di immagine.

Il primo e ormai indifferibile argomento da ridiscutere è il metodo di selezione dei candidati, a tutti i livelli. Intendiamoci: nel gran numero degli eletti una buona parte si è dimostrata più che valida, intelligente, onesta, infaticabile nel lavoro anche sotterraneo delle commissioni o delle proposte di legge. Alcuni sono anche bravi a comunicare. Ma guardiamo al quadro completo: la selezione via Rete è fallimentare. Non si è mai visto che una forza politica perda in un anno e mezzo più di venti rappresentanti tra espulsioni e defezioni. E’ un segno di grande inaffidabilità. La Rete è inadeguata a compiere certe scelte sia perchè non convoglia discussione politica ma solo prese di posizioni di singoli di cui non si conosce l’ impegno o le argomentazioni, sia perchè è il suo ruolo è frainteso: la tecnologia deve essere uno strumento per comunicare, per consultarsi, ma non può essere un riferimento assoluto. Inoltre, la selezione via Rete favorisce la convergenza di piccoli gruppi su nomi che non sempre rispondono alle esigenze politche, vedi i vari staffisti che assurgono a politici in tempi record. Alcuni di quelli poi si rivelano ottimi ma il meccanismo crea rancori e inimicizie personali che si sclerotizzano nel tempo e producono gramigna nel tessuto militante. Niente di politico o di utile.

Abbiamo già più volte espresso l’opinione che i candidati debbano essere scelti tra gli esponenti dei tanti movimenti che animano le lotte sociali: dalla casa ai beni comuni, alle grandi opere. Costoro hanno esperienza politica, sono molto preparati almeno sulla propria “materia”, hanno idee chiare e convergenti in via di massima sugli obiettivi da conseguire e su una visione alternativa della vita, della politica e dello sviluppo; sanno chi è il nemico da sconfiggere e hanno propria coerenza e autodisciplina personali testate sul campo. Difficile che se ne vadano per aver scoperto in ritardo che non sono d’accordo o che aspirino ad affermarsi come personaggi televisivi.

Ma la Rete è limitativa anche per il limitato bacino di elettorato che serve: ognuno di noi conosce almeno dieci persone che non utilizzano pc o analoghi aggeggi. Quelle non partecipano alle decisioni del blog e si informano con la tv, quindi non voteranno mai M5S. E’ quindi ora di cambiare prontamente direzione su questi temi. I tempi della politica lo impongono. Il modello di democrazia rappresentativa che il M5S ha il merito di proporre deve darsi altre sedi di elaborazione e aggiustare i propri confini.

Matteo Renzi

Il dibattito politico tra i militanti sul territorio è a livelli bassissimi e certo non interessato al dilemma se andare in tv o no quanto piuttosto al reddito di cittadinanza (ma lo sanno tutti cos’è e come funzionerebbe?) e a risultati visibili. Questo non vuol dire che ci si aspettino risultati a tutti i costi ma che almeno ci sia chiarezza sul come perseguirli e a quale prezzo.

Il nemico del progresso non da oggi è il Pd, un Partito che Renzi sta trasformando, più coerentemente dei suoi predecessori tardocomunisti, in un partito di potere complementare al centrodestra. La direzione è quella di solidificare un sistema bipolare interconnesso e interscambiambile per dare apparenza al concetto di democrazia ma mai più scalfibile da terze forze, sul modello americano.  Tanto meno da forze alternative o extraparlamentari a cui è destinata una sorte sempre più marginale. Per impedire questo disegno bisogna dare piena rappresentanza a quelle forze, bisogna avere massima coesione, una linea politica chiara su ogni tema, grande coerenza e linearità di comportamenti. Non si può buttare al vento un’occasione storica per beghe personali o per grossolani errori di comunicazione. Non si può autoridurre masochisticamente i propri numeri perchè quelli servono in Parlamento. Si delineano scadenze che non devono trovare impreparati o divisi.

E non basta: dato per scontato che del Pd non ci si deve fidare, bisogna però decidere se sia accettabile un do ut des purchè ne siano chiari i termini e i vantaggi**.  Quello che non è accettabile è la stagnazione su decisioni importanti di metodo e sulla linea politica o il differirne i tempi e farsi sommergere dalle proprie polemiche, sapendo che un’informazione malata e asservita non aspetta altro che dilaniare l’opposizione per facilitare l’operazione autoritaria del premier. La sostanza deve venire da idee chiare, da comportamenti maturi e da una linea politica condivisa e coerente che solo chi ha esperienza di lotta o di attivismo sociale può contribuire a  formulare.

E a proposito di comunicazione, la si smetta con gli spin doctors e ci si affidi a normali uffici stampa i cui poteri siano limitati alla loro funzione. (F.S. 1.12.2014)

 

**Cosa, per esempio, si può offrire in cambio della sospensione della Torino-Lione? Come approfittare delle difficoltà della controparte nel far fronte ai conti economici della grande opera per trovare una formula che necessariamente appaia soddisfacente per entrambe le parti? L’importante è fermarla, l’importante è che il gatto mangi il topo.