Venerdi notte in Val di Susa le prove di un regime di partiti corrotti per contenere con la forza la rabbia montante dell’Italia. Violenze sui fermati e molestie sessuali. Si prepara la manifestazione del 27.
Dalle notizie e dalle numerose testimonianze che stiamo raccogliendo su quanto accaduto la notte scorsa intorno al cantiere Tav di Chiomonte sta emergendo un quadro più che allarmante: sono nove i fermati, decine i feriti che ancora giacciono intorno al presidio di Venaus trasformato in ospedale da campo (“Sembra di essere in un ospedale della prima guerra mondiale” ci dicono), più di un centinaio gli identificati preventivamente e un caso di molestie sessuali a una fermata. Più i soliti finti “feriti” tra le forze dell’ordine che, vista la cronaca dei fatti, non possono certo essere stati colpiti dai dimostranti, tutt’alpiù si sono incespicati nel bosco e useranno le prognosi per attribuire lesioni ai fermati. Niente di nuovo. Quello che c’è di nuovo è che si è cercato il morto da parte della polizia sotto gli occhi dei due procuratori che gestiscono quasi tutti i processi ai no tav (avranno visto tutto?). E’ stata evidentemente preparata una vendetta per le azioni notturne, fastidiose mediaticamente parlando ma innocue per le persone, per le quali non c’erano stati arresti. Tutta qui la novità: bisognava dare una lezione e per farlo i reparti-killer hanno chiuso i manifestanti da Giaglione in una morsa uscendo inaspettatamente dallo svincolo autostradale producendosi in sistematici pestaggi (63 feriti sono un record) e rastrellamenti nel bosco fino a primo mattino (con buona pace di chi dice che non c’è occupazione militare). Un manifestante, già duramente percosso, si è lasciato rotolare nella gola scoscesa del Clarea, in zona mulini, per non subire ulteriori violenze. L’ultimo “disperso” è emerso a Venaus intorno alle 6.
Si sono sacrificati i più giovani che avevano tenuto lo scontro, arretrando, con i reparti provenienti dal torrente, per lasciare che i meno “abili” si ritirassero. Se è stato fatto un errore quello forse è stato di separarsi in due tronconi dopo che il corteo da Chiomonte era stato attaccato con i gas prima ancora, molto prima, che arrivasse a tiro di pietre, quando le intenzioni della polizia si sono manifestate chiaramente e in netto anticipo. Il pretesto è stato quello di “difendere” un’ennesima ordinanza prefettizia, illegale come quasi tutto quello che riguarda il cantiere fin dallo sgombero dell’area e dall’allestimento per la reiterazione “straordinaria”non contemplata neanche dall’ordinamento del ventennio (quand’è che qualche illustre giurista lo farà notare?).
Tutto il resto è fuffa, come le considerazioni dei pennivendoli, più adusi alla cortigianeria verso il potere, per carriere nutrite di falsità e ipocrisie (i turchi che si battono per difendere un parco sono buoni, i valsusini che difendono una valle dalla devastazione sono cattivi) o di non rivelabili rapporti. Fanno finta per esempio di non sapere che il messaggio ed i contenuti della resistenza valsusina si sono da tempo diffusi in tutta Italia e che questo, non un becero outsourcing della violenza, porta solidali in Valle; si voltano dall’altra parte per non dover scrivere delle molestie sessuali sulle donne (a proposito, chi sarà la Digos bionda che dopo le “attenzioni” dei colleghi su Marta Camposana le sputa addosso chiamandola “puttana”?) o sulle violenze ai fermati; irridono la protesta pacifica di massa, tanto invocata quanto ignorata quando si manifesta in tutta la sua forza politica; godono nel proclamare che “malgrado tutto, i lavori nel tunnel non si sono fermati…” quando in realtà procedono sempre lentissimi (180 metri in un anno… ritmi da Salerno-Reggio Calabria) e sono piuttosto segno – come ha detto Nicoletta Dosio ieri in conferenza stampa – “dell’ infamia dell’ interesse che fa del lavoro una leva per passare sopra tutto e tutti“.
La verità è che parallelamente all’esperimento sociale e politico che si è negli anni sviluppato in Val di Susa, un regime di partiti corrotti sta facendo le prove per resistere con la forza a una stagione di rabbia attesa per i prossimi mesi. Come per preparare un’altra Genova 2001, i reparti-killer scaldano i motori al riparo della Val Clarea e tutto l’apparato mediatico fa quadrato per non far tracimare le ragioni dei valsusini all’attenzione del Paese. E mentre la rabbia per quanto accaduto sta crescendo in Valle e nel Paese, si prepara la manifestazione di sabato 27. La Valle si prende botte ormai da vent’anni, si illude chi pensa di farle chinare la testa. (F.S. 21.7.2013)