
di Valsusa Report
Nel Regno Unito la sentenza dell’Alta corte dichiara che due comunità del Delta del Niger devastate dalle fuoriuscite di petrolio non possono vantare crediti nei confronti delle multinazionali come Shell. Una sentenza che potrebbe derubarli della giustizia e permettere alle multinazionali del Regno Unito di commettere abusi all’estero impunemente.
Amnesty International ha dichiarato: “L’Alta Corte ha stabilito oggi che la Royal Dutch Shell non può essere ritenuta responsabile delle azioni della sua filiale nigeriana Shell Petroleum Development Company of Nigeria Ltd. Questo nonostante l’azienda abbia beneficiato per decenni di abusi e distruzione ambientale nel delta del Niger“.
“Questa sentenza stabilisce un precedente pericoloso. Se dovesse essere confermata, i tribunali del Regno Unito avrebbero concesso alle società multinazionali con sede nel Regno Unito il via libera alla violazione dei diritti umani all’estero – dichiara Joe Westby di Amnesty International – le comunità povere e in via di sviluppo ne pagheranno il prezzo. Questo è un promemoria profondamente deprimente dell’impunità di cui godono le società potenti, e un duro colpo per altre comunità del Delta del Niger che sono ancora in attesa di giustizia”.
Da tempo le comunità Ogale e Bille sono state colpite dai lavori di Shell Petroleum. Lavori che hanno minacciato la loro salute e l’acqua potabile. L’ONU ha trovato la contaminazione delle acque sotterranee in Ogale più di 450 volte il limite legale. Quando, quattro anni più tardi, privatamente, gli investigatori di Amnesty tornarono dal delta, la Shell non aveva ancora ripulito il territorio dall’inquinamento.
Joe Westby, “speriamo e ci aspettiamo che la corte d’appello saprà ribaltare questa decisione per dimostrare che il sistema di giustizia del Regno Unito è corretto e fornirà rimedio per le comunità povere che soffrono gravi abusi causati da queste società inglesi.”
Le comunità nigeriane proponenti i ricorsi giuridici spiegano tramite il loro capotribù Re Emere Godwin Bebe Okpabi della comunità Ogale (detto AFP) “non abbiamo avuto altra scelta che chiedere una sentenza a Londra, Shell è la Nigeria e la Nigeria è la Shell – ha detto AFP – non si può mai, mai sconfiggere, la Shell in un tribunale nigeriano. La verità è che il sistema legale nigeriano è corrotto.”
La prima denuncia è stata portata a nome di 2.335 persone provenienti dal Regno Bille, una comunità di pescatori il cui ambiente è stato devastato da fuoriuscite di petrolio nel corso degli ultimi cinque anni. La seconda denuncia in nome della Comunità Ogale nell’Ogoniland che consiste di circa 40.000 persone per le ripetute fuoriuscite di petrolio dagli oleodotti della Shell in Ogoniland che non sono ancora stati ripuliti.
La Royal Dutch Shell tramite l’avvocato Peter Goldsmith ha contestato la competenza del giudice dell’Alta Corte di Inghilterra e Galles giudice Peter Fraser, sostenendo impunemente che il caso riguardava attori nigeriani e una società nigeriana: “sono questioni fondamentalmente nigeriane, e non dovrebbero essere sentite a Londra”. La controllata nigeriana SPDC, che è al 100% proprietà di Royal Dutch Shell, aggiunge oltremodo che le principali fonti di inquinamento in Ogale e Bille sono “furto del petrolio greggio, di oleodotti sabotati e raffinazione illegale.”
Le comunità colpite da perdite di petrolio in Nigeria sono di solito costrette a negoziare direttamente con l’azienda e sono in svantaggio enorme, il che significa che invariabilmente vengono truffate. Per le comunità rurali che assumono una richiesta danni ai tribunali Nigeriani è estremamente difficile uscirne vincitori. Solo i tribunali federali possono trattare i casi di petrolio e pochi avvocati sono disposti ad attaccare le grandi compagnie petrolifere che hanno oltretutto accordi o compartecipazioni statali. I rari casi di denuncia che vengono procurati non riescono a languire il tribunale e per anni si congelano nel sistema giudiziario nigeriano con nessuna risoluzione.
Nel gennaio 2015 uno studio legale del Regno Unito ha vinto un accordo conciliativo che obbligò Shell a pagare 55 milioni di dollari alla comunità Bodo del Delta del Niger. Shell aveva inizialmente offerto solo 4.000 dollari di compensazione. Si legge nella sentenza che Shell è stata costretta ad ammettere di “aver sottovalutato per anni la dimensione delle fuoriuscite di petrolio”. Solo il processo della corte inglese è stata in grado di portare alla luce l’accaduto.
Nel 2011 il Programma delle Nazioni Unite (UNEP) ha documentato l’inquinamento spaventoso dei danni da olio petrolifero estratto nell’Ogoniland. Il suo studio, ha descritto, la salute pubblica, come gravemente minacciata da fuoriuscite di petrolio e ha detto che il ripristino ambientale della zona potrebbe rivelarsi il più ampio al mondo e il più lungo mai intrapreso.
Le attese sono ora tutte rivolte al pronunciamento della Corte d’appello che potrebbe ribaltare la sentenza. Emere Godwin Bebe Okpabi, comunità Ogale, ha dichiarato: “Siamo delusi da questo giudizio, ma non scoraggiati e siamo certi che, come nei Paesi Bassi, la corte d’appello saprà vedere le cose diversamente”.
V.R. 29.1.17