
di Massimo Bonato
A Yirca, le ruspe della società elettrica della Kolin Group hanno abbattuto il 7 novembre non meno di 5000 ulivi secolari per impiantare una nuova centrale a carbone. Lo rende noto Greenpeace coinvolta nella difesa di quei territori, in cui gli abitanti si sono battuti per 52 giorni, sino all’ultimo, per evitare il disastro.
Ma, oltre il danno, la beffa. Nonostante gli uliveti fossero protetti da una norma che vieta l’installazione di impianti industriali a non meno di tre chilometri dai coltivi, il governo turco ha erogato una misura di esproprio urgente, di cui la Kolin si è giovata per abbattersi sugli uliveti.
Ha così schierato il suo personale di sicurezza circondando la zona assieme alla polizia, scontrandosi con gli abitanti di Yrca e gli attivisti di Greenpeace. Persone aggrappate tenacemente agli alberi sono state trascinate per metri, sono state caricate sui camion e sequestrate in un luogo a quattro chilometri di distanza, sostiene il quotidiano «Hurryiet». Due attivisti sono finiti in ospedale.
Per Greenpeace, soltanto al termine degli scontri e quando ormai delle piante non restava nulla, un tribunale turco ha sospeso l’autorizzazione che dava facoltà alla compagnia di assumere il controllo dell’uliveto. Troppo tardi. Ma «Hurryiet» sostiene che la sospensione dell’autorizzazione era partita da due giorni direttamente dal Consiglio di Stato. E ora infatti il governo si interroga su come la notizia della sospensione sia trapelata lasciando che la Kollin accelerasse indisturbata le sue operazioni.
Intanto gli abitanti di Yirca non han perso tempo, e hanno ricominciato sin da subito a ripiantare ciò che ha distrutto quel che anche il viceprimo ministro ha definito “capitalismo selvaggio”.
M.B. 10.11.14