Tunisia inquinamento chimico dell’oasi di Gabès

Prima l'inquinamento, poi la bonifica, il metodo fa denari e diventa riproducibile ed esportabile

di Valsusa Report

Nel 2008 l’Aremedd, un’associazione tunisina per lo sviluppo sostenibile, organizza una conferenza a cui partecipano le più alte autorità italiane e tunisine. Il presidente dell’Aremedd è Mohamed Mlika, un ministro del governo Ben Ali, dichiara: “Questo incontro sottolinea l´importanza che noi diamo insieme alla protezione del Mediterraneo contro tutte le forme di inquinamento per lagabes4 preservazione della biodiversità marina, la protezione del litorale contro l’erosione e per l’educazione ambientale”.

Ma è dal 1970 che il Gruppo Chimico Tunisino ha aperto i battenti nell’oasi di Gabès. Ha prodotto dai fertilizzanti alle vernici, ha anche inquinato e i risultati sono a livelli incredibili. Il 60 per cento delle specie viventi animali si è estinto insieme ai due terzi delle palme da dattero presenti 40 anni fa, più grave che siano scomparse specie endemiche, estinte per sempre dal nostro pianeta. Anche l’uomo ne gabes3fa le spese, nella città di Gabès si contano 114 diversi tipi di cancro causati dall’attività industriale. Questa attività industriale consuma il 75% delle risorse idriche d’acqua dolce presente nel territorio (dati riportati su http://comune-info.net )

C’è lavoro e lavoro, al Gruppo Chimico Tunisino sono impiegati 4800 lavoratori, su un totale 200.000 persone tra la città di Gabes e i comuni limitrofi. Diventa così, dopo l’aver distrutto l’agricoltura, la pesca e il turismo, l’unico posto di lavoro ambito. Ci si mette anche il governo tunisino l’operaio lavorante riceve un salario ben più alto della media, ma soprattutto lo stato offre bonus, bonus per far studiare i figli, bonus per sconti sui prodotti alimentari, egabes6 naturalmente offre le cure sanitarie gratuite a coloro che si ammalano.

Un gioco forza dicono alcuni “l’introito nelle casse dello Stato serve a pagare i debiti con le banche internazionali”, tra cui quella  Italiana. Insomma non vi è pace per il gruppo di oasi litoranee del Mediterraneo. Un enorme palmeto, trecentomila piante, ha preso il nome dall’antica città fondata dai berberi prima dell’arrivo dei fenici, è uno dei pochissimi corridoi ecologici che mettono in comunicazione il Sahara col Mediterraneo.

A questo inquinamento c’è un rimedio, prendiamo ad esempio il progetto Taparura la trasformazione di 420 ettari, danneggiata da gabes9rifiuti tossici di tipo industriale (soprattutto fosfogesso e metalli pesanti), prevede la trasformazione in un parco urbano, una spiaggia di 3 km, zone residenziali, commerciali e uffici. “Dipendenti, operai, tecnici e ingegneri, saranno tutti italiani” lo dice il ministero dell’ambiente tunisino Youssef Zidi. C’è anche un video del progetto.

Ecco a voler essere maligni, prima si specula con la produzione massiva senza controllo o minimi controlli portando all’inquinamento, e dopo con un piano di investimenti internazionali si farà la bonifica, il guadagno nel guadagno. Ovvio solo per pochi, ai lavoranti guadagnarsi un tumore. Dati recuperati da “comune.net”, “project taparura”

V.R. 12.2.15