
di Massimo Bonato
Si è concluso il vertice europeo dei ministri del lavoro; e a chiuderlo l’ultima delle manifestazioni che han segnato questi tre giorni, iniziati con la mobilitazione dei facchini del Caat.
Centinaia di persone han sfilato sabato 18 ottobre per le vie di Torino, partendo da Palazzo Nuovo, l’università. Studenti, disoccupati e precari, giovani dei centri sociali, sindacati di base han ribadito le istanze di un intero popolo a cui governo italiano ed europeo stanno rispondendo con l’aggressione al mercato del lavoro, una flessibilizzazione che si traduce in precarietà, sviluppo zero con zero possibilità di prospettive.
Tanta polizia, Digos, agenti in borghese che ad apertura di corteo davano l’impressione di essere essi stessi i manifestanti, data la moltitudine. Una presenza discreta, che non infastidisse lo shopping del sabato pomeriggio in via Po.
Ma il fastidio era un altro. Era rabbia. Al dispiacere per la morte dell’ambulante durante la protesta di due sere fa ai mercati generali, si assomma un distacco che si sarebbe preferito evitare, proprio da chi dovrebbe più vigorosamente salvaguardare la classe operaia, senza dimenticare tutto il resto del mondo, che è poi la galassia proletaria odierna. Le accuse di Landini a chi temeva potesse rovinargli il comizio riportate su quotidiani e televisioni, la sua visita in questura, il suo credersi padrone di una piazza nella quale studenti e precari venivano gasati e manganellati, mentre dal palco il suo discorso proseguiva ininterrotto, ha pesato non poco sull’umore di questa manifestazione. Dure le parole di una studentessa che ha parlato dal furgone in apertura di corteo, proprio alla volta di quel Landini “Troppo sfacciato è stato il suo comportamento ieri mattina, troppo indifferente, menefreghista, ipocrita, calcolato”. Un Landini che si vede ora come causa di una frattura, anziché come interprete di disagi comuni, ostile anziché interlocutore, sordo ai richiami di una piazza composita che reclamava per sé e il suo palco e l’uditorio, fermato al limite di una carica contro gli studenti in appoggio alla polizia.
E la polizia. Che soltanto venerdì ha risposto a pomodori e uova con una bordata di lacrimogeni e cariche, fermi e arresti. Chi grida la vorrebbe a spalare fango a Genova, a guadagnarsi la rispettabilità che agli occhi dei manifestanti, ancora una volta, ha perso soltanto poche ore prima, quando su quindicenni, sedicenni ci si son scagliati in cinque, in otto a fermarli per portarli via.
Giornate di lotta, in cui si grida che non si vogliono ministri in giro per la città. È una presa in giro. Una celia di cattivo gusto infatti, che nella città maggiormente colpita dalla crisi in Italia si tenga un summit di ministri del lavoro europei, perlopiù disertata – “per fare pubblico hanno chiamato la digos”, gridano dai microfoni –, perlopiù inutile – perché comunque senza potere decisionale su alcuno degli aspetti trattati. Per il sindaco è stata un’ottima passerella, un’occasione di visibilità per la città; ma vien da pensare che se era per far parlare dei ristoranti cittadini si sarebbe potuto chiamare i critici del Gambero Rosso, non ministri che han cadenzato le loro riunioni tra banchetti i più fotografati.
Centinaia di persone ha sfilato per via Po, piazza Castello, hanno raggiunto Porta Palazzo, una delle zone più popolari e caratteristiche di Torino, come pure il Balon, dove il corteo si è sciolto ricordando i ragazzi arrestati, per chiederne la liberazione. “Liberi subito”. “Liberi tutti”.
M.B. 19.10.14