Scontri in Venezuela da un anno senza elezioni governative

Il Piano Zamora, un dispiegamento eccezionale di soldati e di civili armati per difendere la rivoluzione contro un presunto "colpo di stato"

di Valsusa Report

Mancano le elezioni da un anno, una questione di democrazia. Decine di migliaia di persone in piazza per chiedere nuove elezioni e fermare il Presidente Maduro. Le manifestazioni hanno avuto inizio nello stato di Táchira, il 2 febbraio con la contestazione di una squadra di baseball cubana sull’isola Margarita, si sono poi estese al resto del paese. Il Vescovo di La Guaira Raul Biord Castillo “la popolazione ha il diritto di rivendicare la democrazia”. Convocate ad oltranza le proteste, le opposizioni andranno avanti fino a nuove elezioni.

A Caracas, la capitale del paese, mercoledì 19 aprile, giorno dell’anniversario dell’indipendenza del Venezuela, hanno manifestato gli oppositori al presidente Nicolas Maduro. “La madre di tutte le manifestazioni” così definita, ha avuto due morti, uno studente di 17 anni, Carlos Moreno, è stato colpito alla testa da un proiettile, Paola Ramírez Gomez, studente universitaria di 23 anni, è morta in provincia, a San Cristobal. La procura ha detto che negli scontri di ieri è morto anche un soldato.

Il presidente Maduro aveva assicurato in una nota ai militanti del regime una pistola per “difendere la rivoluzione”. Il capitano Diosdado Cabello Rondón, dirigente del Partito Socialista, aveva garantito che 60 mila motociclisti sarebbero stati pronti ad affrontare i “golpisti” dell’opposizione. Il governo attuale usa ogni mezzo per boicottare le manifestazioni così quelle spontanee vengono represse con la forza dalla Guardia National Bolivariana. Vengono chiusi gli accessi stradali a Caracas e le entrate della metropolitana, poi la caccia al manifestante.

Il vescovo Castillo “abbiamo chiesto il diritto di fare le proteste, le manifestazioni in pace. Purtroppo al comunicato della Presidenza della Conferenza Episcopale non abbiamo avuto una risposta”. Il “Piano Zamora”, prevede un enorme dispiegamento di soldati e di civili armati.  Il deputato Julio Borges, presidente dell’Assemblea Nazionale, aveva chiesto ai militari di “fermare gli abusi, le molestie e la repressione” contro i manifestanti pacifici. Il governo ha intrapreso un’azione giudiziaria contro di lui colpevole di aver lanciato “un appello esplicito per un colpo di stato, per la divisione delle forze armate e per la ribellione contro il suo comando”.

Dall’inizio delle proteste, il Forum penale venezuelano, (Ong Foro Penal), ha contato quasi 1.000 persone fermate dalla polizia, alcuni di questi fermi si sono trasformati in arresto. Ad oggi il numero dei prigionieri politici è arrivato a 146, di cui molti giovani leader politici d’opposizione. Una protesta radicale che questa volta coinvolge abitanti dei quartieri più poveri e delle baraccopoli, storicamente solidali con la “rivoluzione socialista” dell’ex presidente Hugo Chávez e fino ad adesso sostenitori del governo di Maduro. Da Caracas la voce della gente “ci lanciano addosso le bombe, ci sparano, ci privano dei nostri diritti, non si può andare avanti così. Manifestiamo perché abbiamo fame”.

V.R. 21.4.17