Sardine e politica: fonte di Omega3 o solo pesce in barile?

Le Sardine in piazza tengono banco nel dibattito televisivo. Analizziamo il fenomeno con le analisi di Revelli, Fusaro, e Erspamer, messe a confronto.

di Davide Amerio.

Le Sardine in piazza sono l’ultima frontiera del dibattito (?) politico in corso. Nate per caso (davvero?), in opposizione al sistema politico che vede in Salvini il suo apice, sono oggetto di pareri discordanti. 

L’analisi di Marco Revelli.

Diversamente da caciara televisiva, proviamo qui a una disamina del fenomeno attraverso il pensiero espresso da tre interlocutori aventi sull’argomento differenti punti di vista, ma che meritano di essere considerati.

Marco Revelli con l’articolo “Sardine, ovvero l’innocenza necessaria“, ci parla in chiave politico-romantica del nuovo fenomeno, e ne prende le difese contro certa stampa di disinformazione: 

Dalla sede di uno dei più virulenti centri di diffusione degli insulti e dell’odio contro chiunque pratichi forme di solidarietà, accoglienza, anche semplice umanità  – vera e propria macchina di creazione di capri espiatori -, accusava le “Sardine” di essere aggressive, intolleranti, violente nei confronti di quel pover uomo di Matteo Salvini, insomma, haters ciechi e sordi alle “ragioni” dei vituperati “populisti sovranisti”. Ed era davvero l’esemplificazione autentica di quella tecnica sperimentata e perversa del populismo di ultima generazione, il più virulento, consistente in quella che chiamerei l’”inversione del rapporto vittimario”: la trasformazione del carnefice in vittima e della vittima in carnefice, dell’odiatore in odiato, del persecutore in perseguitato. La stessa “inversione” che ha fatto delirare Matteo Salvini quando, di fronte alla tempesta di odio scatenata contro la senatrice Segre e alla protezione resasi necessaria, ha rivendicato le minacce subite da lui stesso, quasi le due persone potessero essere poste sullo stesso piano, anzi, quasi che la sua sofferenza, di pasciuto ministro e poi ex ministro di polizia, fosse maggiore di quella di chi ha visto la propria famiglia sterminata, lei stessa discriminata razzialmente e deportata nell’inferno di Auschwitz… Infine, dalla bolla di retorica di cui si alimenta la destra radicale a cui di diritto s’inscrive, Borgonovo denunciava la vuotezza di contenuti delle piazze piene – come barili di sardine appunto – di persone, indicate come portatrici del nulla

Il valore di queste piazze, secondo Revelli, è nella loro “innocenza”, nell’essere soggetti delusi alla ricerca di una nuova dimensione della politica, meno “barbara”, ma più utile e “gentile”:

Quella massa variegata e multicolore, strabordante e composta, ha risposto in forma così immediata e (possiamo dirlo? “irriflessa”) alla chiamata perché questa rispondeva a un bisogno profondo, vissuto, fino ad allora inespresso e però potente, sentito. Ma anche perché a chiamare erano figure “innocenti”, nel senso di “non compromesse”, come solo chi appartiene alla generazione nata a ridosso del passaggio di secolo può essere, ragazzi che non portano le (tante) colpe di chi in questo ventennio ha assunto responsabilità politiche. O anche solo ha fatto organicamente parte del gran circo della politica politicante, in tutte le possibili sinistre, o i possibili centri, chiese o sette che fossero, e ne ha subito, volente o nolente, i compromessi, gli abbandoni di ideali, le burocratizzazioni e le degradazioni funzionariali, i linguaggi gergali e morti, la separazione dai propri reciproci popoli; chi non ha prodotto delusioni in quanti hanno creduto in loro e non ha subito delusioni da parte di coloro in cui ha creduto, non si è ammalato di frustrazione né di settarismo, di arroganza né di risentimento.

La conclusione, sul fenomeno, è positiva, non ostante, come Revelli sottolinea, ci sia chi fa le “bucce” a questo movimento. In esso egli riconosce uno spontaneismo, un ritrovarsi intorno ai valori fondanti della nostra Costituzione:

Una moltitudine che si addensa e riconosce in base a un comune sentire, a un segnale d’allarme. Alla sensazione di un pericolo imminente. E insieme di uno stato di cose insopportabile. Si mobilitano secondo una sequenza assai simile a quella del sistema immunitario di un organismo: come sciami di anticorpi in risposta in qualche modo istintiva, o automatica, di fronte ai sintomi avvertibili di una grave malattia. Quello che li unisce, tagliando orizzontalmente e verticalmente l’eterogeneità, è un set, non vastissimo, ma fondante, di VALORI (che sono poi quelli della nostra Costituzione), ritenuti irrinunciabili perché considerati indispensabili al proprio sentirsi “popolo”.
E, se devo dirla tutta, credo che il loro grande, davvero grande, merito sia proprio quello di aver fatto materializzare, nel luogo pubblico per eccellenza, in piazza, un popolo altro rispetto a quello rivendicato dalla retorica populista. L’anti-salvinismo di questo fenomeno sta nell’aver mostrato al mondo che il Capitano non ha il monopolio del “popolo”. Che l’Italia non è di Matteo Salvini. Che c’è anche un’Altra Italia, grande, coesa, determinata, corporea, fatta di persone in carne ed ossa che scoprono di essere, nonostante tutto, una Comunità vivente, operosa e capace di testimoniare i propri valori. Basta questo per decretarne la positività e la grandezza.

Il Pensiero di Diego Fusaro

Di diverso parere Diego Fusaro che, in una intervista, contesta alle Sardine, di essere l’ennesimo insignificante movimentino di sinistra, tutt’altro che spontaneo, e assolutamente limitato nella visione politica; non avendo un chiaro progetto e, sopratutto, richiamandosi a un Fascismo che non c’è più, usato come coagulante da una sinistra sempre in crisi di identità e priva di una analisi che punti ai veri pericoli (finanza, mondialismo, globalismo, europeismo) che minacciano la nostra esistenza. Fusaro, dopo le sue osservazioni, è stato fatto pure oggetto di minacce, ben poco “democratiche”, ed egli ne rimarca il senso proprio anche in riferimento alla senatrice Liliana Segre. Alcuni stralci significativi:

[…] Ha definito il Movimento delle Sardine “Cogito interrotto”. Perché?
“In realtà mi ero sbagliato, perché a leggere il manifesto che hanno redatto è un cogito mai principiato, non interrotto.
Perché è un manifesto assolutamente di vuota profondità, come direbbe Hegel.
Non c’è un solo argomento fondato e antisistemico che faccia presa sulla realtà concreta.
Si parla genericamente di protesta, di piazza, ma non ci sono contenuti, se non un vago antifascismo che Pasolini direbbe archeologico, perché il Fascismo per fortuna non c’è più da 70 anni.
E, non c’è (invece) una soda presa di posizione contro la dittatura della finanza, contro il manganello arcobaleno dei mercati. Nulla di tutto questo. Il problema sembra essere il Fascismo.
Come se fosse il Fascismo oggi a massacrare nuove generazioni, a massacrare i precari disoccupati. Farebbe ridere se non facesse piangere.
Del resto la reazione del potere è evidente. Ha celebrato le sardine e le celebra a reti unificate. Se la protesta fosse davvero antisistemica verrebbero invece trattate altrimenti come purtroppo è avvenuto con le giubbe gialle che protestavano realmente contro i nuclei di questo sistema dominante”.

[…]per rimanere in una metafora di tipo ittico, dico che hanno una prerogativa: si muovono a banchi seguendo le correnti. Si lasciano comodamente trasportare dalle correnti e se compare un pesce grosso fuggono a gambe levate.
Alla sardina io preferisco il salmone che è il pesce che va contro corrente per lasciare qualcosa. Perché il salmone procrea e lascia le uova. Lascia qualcosa per l’avvenire.
Riguardo la Commissione Segre, il paradosso è che si sta scatenando un odio democratico, politicamente corretto, contro chi non è allineato con il pensiero unico. Subito viene diffamato come fascista e si scatena lo squadrismo fucsia degli antifascisti.
Oggi viene definito fascista uno che è contro il sistema dominante.
Anche se in realtà non sei mai stato fascista e – come nel caso del sottoscritto – saresti pure antifascista se si fosse negli anni ’30 quando il Fascismo c’era. Però vieni diffamato come fascista e poi trattato con lo squadrismo antifascista.
Mentana ha pubblicato un articolo del suo rotocalco Open, in cui mi si attaccava per aver criticato le sardine, come se non si potesse fare loro una critica.
E sotto, però, e anche in rete, sono divampate forme di odio, di aggressione verbale, minacce e quanto altro.
Odio democratico ovviamente, perché è fatto contro il nome dell’antifascismo. Il paradosso è questo.
E, allora il paradosso è anche il seguente: ‘La Commissione Segre, che è stata istituita vigila, solo su un certo tipo di odio? Oppure a questo punto c’è un odio legittimo e uno illegittimo?’.
Ci spieghino qual è l’odio consentito. Se l’odio va condannato tutto o se ce n’è uno legittimo perché democratico e politicamente corretto.
A queste domande non ho avuto risposta”.

 

Le considerazioni di Francesco Erspamer.

Da ultimo, ma non per importanza, le puntualizzazioni di Francesco Erspamer, il quale, nel suo blog con l’articolo “Sardine liberiste“, sottolinea anch’egli aspetti deficitari delle Sardine, e non risparmia una vena polemica:

Dicono di credere nella politica (per di più, affermano, “con la P maiuscola”) e non ne danno una definizione, non fanno un singolo riferimento a una qualsiasi teoria, dottrina o precedente storico, non spiegano i loro valori di riferimento, le loro strategie, come se non fossero importanti. Sanno solo dire ciò che “amano”, che in politica è proprio un verbo sbagliato in quanto non esprime un’opinione, che può essere criticata, discussa e argomentata, bensì un sentimento soggettivo e del quale non est disputandum. E cosa amano? “Amiamo la non violenza verbale e fisica”, frase senza senso sia perché la nonviolenza programmatica è una resa senza condizioni al potere (a maggior ragione quella verbale, che altro non è se non autocensura nei termini della correttezza politica dominante), sia perché, eventualmente, la nonviolenza la si pratica (a un alto prezzo), mica la si ama (senza conseguenze). E ancora: “Amiamo le cose divertenti e la bellezza”; come tutti, qualunquisti e menefreghisti inclusi; ed è grave che non sentano la necessità di precisare cosa siano il divertimento e la bellezza che hanno in mente, per cui è facile il sospetto che si riferiscano al tipico edonismo consumista della società dello spettacolo, e alla passiva e compiaciuta accettazione dei criteri estetici dettati dalla pubblicità e dal sistema delle celebrity.

Anche in  questo caso la “critica” si sofferma sugli aspetti generici e poco analitici della politica, con vaghi richiami a una richiesta di qualcosa di meglio, ma che non intacchi lo status:

Che linguaggio banale, superficiale, approssimativo, a livello di lessico e di sintassi e soprattutto di contenuti: “cerchiamo di impegnarci nel nostro lavoro, nel volontariato, nello sport, nel tempo libero”; e chi non lo fa? E poi, davvero dedicarsi allo sport e al tempo libero sarebbe un “impegno”? Ma si capisce, dietro ci sono decenni di berlusconismo e, quasi peggio, di finto antiberlusconismo liberal. Che tristezza: questi sono girotondini in ritardo di vent’anni, indiani metropolitani in ritardo di quaranta, figli dei fiori fuori tempo massimo, nel senso che almeno quelli originali scandalizzavano i borghesi, oggi i loro atteggiamenti sono autorizzati e mainstream, di moda, parte integrante della deriva individualista e globalista.

L’unico punto chiaro di questo vuoto manifesto è l’opposizione al populismo: “Cari populisti, la festa è finita”. Nessun tentativo di capire, nessuna analisi della dittatura planetaria del neocapitalismo e degli immensi danni che sta causando all’ambiente, alle comunità, ai ceti più deboli e meno capaci di competere, alle culture; nessun sentore che dietro la demagogia di squallidi personaggi come Salvini o Trump possano però esserci decenni di abusi e giustificate paure di un futuro dominato esclusivamente dal denaro, dai vincenti e dalle nuove tecnologie. No, per le sardine il solo problema è che i populisti (ossia chi loro etichettino come tale), “ridicolizzano argomenti serissimi buttando tutto in caciara” e spingono i loro “più fedeli seguaci a insultare e distruggere la vita delle persone sulla rete”. Che pena: un chiacchiericcio da movida o da talk show di bassa qualità, dello stesso tipo di quello esibito da Renzi alle feste della Leopolda.

[…] Le loro parole d’ordine?: “antifascismo, nonviolenza, inclusione, multiculturalismo”, molto trasgressive vero? E a cosa si oppongono?: “razzismo, xenofobia e populismo”.
Come ho detto, niente di nuovo, niente di attuale: come se gli ultimi vent’anni di neoliberismo selvaggio e di pensiero unico non ci fossero stati; è la consunta (e complice) sinistra radicale e liberal, precipitata a percentuali minime di consensi elettorali ma apprezzata dalle lobby e nei salotti bene, che si è rifatta il trucco aggiungendo al suo antifascismo d’antan l’antipopulismo. Che in assenza di qualsiasi altra novità ideologica e politica, costituisce purtroppo la sua unica caratteristica riconoscibile. Ma lo sanno (almeno le sardine newyorkesi) che Bernie Sanders definisce sé stesso un “new populist”? Lo sanno che esiste (e meno male) un populismo di sinistra, espresso per esempio dalle riviste Jacobin e The Nation e da intellettuali come Chantal Mouffe e Eenesto Laclau? Lo sanno che CNN e il New York Times attaccano quotidianamente i manifestanti cileni, i gilets jaunes, i venezuelani e boliviani che resistono ai golpe amerikani appunto accusandoli di populismo? 

Le nostre conclusioni.

Quale destino attende queste “Sardine”? A leggere, senza preconcetti, le riflessioni che abbiamo riportato, si possono trarre alcune conclusioni provvisorie:

  • Le Sardine sono l’ennesimo movimento “spontaneo” (?) che affiora dalla composita e confusa area della sinistra italiana. Fenomeni già visti con i Girotondi, il Popolo Viola, e altri. Meteore che hanno lasciato ben poca significanza a livello politico.
  • L'”anti” (Fascismo, Salvinismo) rimane una costante “ad personam”, come lo furono i precedessori con l’anti-berlusconismo. Non che i soggetti in questione non rappresentino fenomeni di cui essere preoccupati. Ma, oltre il momento di piazza, se non c’è né un progetto, né un disegno (politico) (perlomeno chiaro e leggibile), il futuro sarà molto breve
  • Il risalto dato a questo movimento fa nascere dei dubbi sulla sua autenticità: in ottobre a Roma si è svolta una nutrita manifestazione per “Liberare l’Italia”, ma non ha avuto la stessa attenzione mediatica
  • La sinistra si conferma (ahimè) area generatrice di buoni propositi, ma sempre e solo finalizzati a combattere un nemico (reale o costruito) per giustificare la propria esistenza. Non pervenuta la critica al “sistema” nel suo complesso, e alle forme di gestione dell’economia, della finanza, del mercato, dell’Europa, che vincolano la nostra esistenza entro stretti canali, che poco hanno a che fare con i concetti di Libertà e Democrazia.
  • Non ostante tutto, la presenza in piazza di molte persone, denota comunque una “domanda politica”, e “sociale”, che continua ad essere insoddisfatta. La sua stessa esistenza indica quanto il M5S (ora Dimaioleggio) abbia fallito in molti dei suoi intenti. Queste piazze, per lo più di scontenti o delusi, avrebbero dovuto essere il punto di riferimento per acquisire un consenso forte e durevole.

(D.A. 27.11.19)