
Traduzione di Massimo Bonato
Editoriale di Ángel Guerra Cabrera
La crisi di egemonia che gli Stati Uniti attraversano ha creato sulla scena internazionale una situazione instabile, pericolosa e imprevedibile perché Washington non si rassegna ad accettare la perdita del primato quasi assoluto sul pianeta. Non sembra volersi rendere conto che il mondo si sta muovendo verso il multipolarismo, che è tenuto a prendere in considerazione gli interessi e punti di vista di altri soggetti interessati, tra cui la Cina e la Russia, a meno che non voglia correre il rischio di spingere l’umanità verso l’olocausto di una guerra nucleare.
Agiscono spesso guidati più dalla irrazionalità che dal pragmatismo, come in Ucraina. O, come vediamo in America Latina e nei Caraibi, dove anche nel caso di Cuba, con la quale si dice cambierà la politica, non si stanca di ripetere, con sfacciataggine senza precedenti che “l’obiettivo è lo stesso”. Cioè, ripristinare il capitalismo e la marcia democrazia liberale sull’isola contro il volere del popolo cubano.
Washington chiude gli occhi davanti alla sua crescente debolezza economica – che la bolla del petrolio e del gas shale non possono nascondere –, al discredito politico che ha raccolto, con le sue sanguinose guerre di aggressione, le torture dei prigionieri, le uccisioni di civili innocenti dovute all’uso dei droni o dai suoi reparti speciali in sempre più paesi, lo spionaggio generalizzato delle comunicazioni, anche dei suoi stessi alleati, i neri che continuano a morire per mano della sua polizia, e la disuguaglianza e la povertà allarmanti che corrodono la società statunitense.
In questa situazione, porre fine alla Rivoluzione Bolivariana con la forza, visto che ci è riuscita per via elettorale, è una priorità assoluta della politica verso la nostra regione, che ha subito un’accelerazione dopo la morte del presidente Hugo Chavez. Ma il suo obiettivo non è solo questo, se non abbattere tutti i governi che non si sottomettono, non accettano la politica neoliberale e cercano l’unità e l’integrazione dell’America Latina e dei Caraibi (ALC). Gli strateghi dll’iimpero credono che se Washington non è in grado di mettere ordine in quello che ha sempre considerato il suo cortile di casa, tanto meno potrà imporsi al resto del mondo.
Per questo la sua ambizione è di distruggere la costruzione bolivariana nella nostra regione, edificata nel 1999, sotto la guida e l’ispirazione di Hugo Chavez, e per farlo deve partire dalla colonna portante del Venezuela. Non solo perché il Venezuela possiede le maggiori riserve di petrolio al mondo.
Altrettanto importante è l’esistenza nella patria di Bolívar di un distaccamento rivoluzionario di singolare combattività, coscienza politica e carico di simbolismo, come si è dimpstrato essere il chavismo. Questo, quando pure il prezzo del petrolio era basso e sottoposto a una guerra economica e se ne aveva penuria, possiede riserve politiche e morali fondamentali per tenere insieme le forze migliori, le più combattive, le più indipendenti e i governi Alc.
È per questo che l’impero ha tentato di tutto contro Caracas. Da una metodica guerra psicologica legato alla guerra economica da parte dei settori nazionali ed internazionali della borghesia, che speculano sulla valuta venezuelana o monopolizzano e contrabbandano, appoggiate dalle corporazioni dei media, per organizzare guerriglie organizzate da violenti e omicida, da criminali, paramilitari colombiani e reietti, che solo il febbraio dello scorso anno sono costate 43 morti. Come se non bastasse, in violazione del diritto internazionale, ha rafforzato le sanzioni contro il Venezuela.
Il recente incontro con i governi del Caricom tenuta dal vicepresidente americano Richard Biden, si propneva di distruggere il Petrocaribe, strumento esemplare di solidarietà con i paesi ideato da Chavez, ed è trapelato anche che il funzionario ha pure grossolanamente cospirato contro il presidente Maduro.
La presenza provocatoria e l’interferenza a Caracas di tre ex presidenti latinoamericani, chiamati in causa nei loro paesi per violazione dei diritti umani, dà una misura di chi siano i sostenitori del colpo di stato in Venezuela, pochi giorni prima che il presidente Maduro ricevesse il sostegno da parte dei colleghi della Celac contro i piani di destabilizzazione.
Nella lotta per l’egemonia mondiale, si apre un capitolo importante nella Alc, da ora sino al vertice delle Americhe. La diplomazia yankee sta lavorando duramente per tendere lì un’imboscata contro Cuba e il Venezuela e cercare di dividere i governi latinoamericani e dei Caraibi. E si darà la zappa sui piedi.
Da «La Jornada»