Renzi e la sinistra europea. Il Patto del Tortellino al Festival dell’Unità di Bologna.

“Io non mollo di mezzo centimetro” dichiara Renzi alla platea e “alla nuova generazione di leader socialisti”.

di Massimo Bonato

Il menu disponibile al ristorante Bertoldo dove Matteo Renzi ha pranzato con il francese Manuel Valls e lo spagnolo Pedro Sánchez ha fatto il giro delle testate europee. O perlomeno di quella Europa mediterranea che ha voluto parlare dell’incontro tenutosi in chiusura della festa del Partito democratico a Bologna domenica 7 settembre. Visto che l’incontro è ripreso in prima pagina lunedì 8 settembre da testate francesi e spagnole, ma non ve n’è cenno sulle tedesche come «Frankfurter Algemeine Zeitung», «Die Welt», «Abendzeitung», «Der Tagesspiegel», o le olandesi «De Telegraaf», «Algemeen Dagblad», «Reformatorisch Dagblad».

Un tributo alla cucina italiana, un omaggio a Bologna, una ghiotta dimostrazione di quel Made in Italy che Renzi vuol salvaguardare in Europa, il Tortellino si è trasformato nel Patto con la sinistra europea: il Patto del Tortellino.

Un po’ come quando si comincia una dieta o si decide di smettere di fumare, la cosa migliore è rendere pubblico il proposito come escamotage per non venirvi meno, la dimensione europea che ha chiuso la festa indica gli impegni assunti da Renzi come ineluttabili per l’Italia e faro per l’Europa riformista.

“Con le riforme vorrei prendere un impegno: io non mollo di mezzo centimetro”, ha infatti dichiarato il premier alla platea e “alla nuova generazione di leader socialisti”. Lo dice a Diederik Samsom, capo del Partito laburista olandese; al tedesco Achim Post, che potrebbe aiutarlo a convincere la Merkel a rallentare con la fissa della restituzione del prestito; a Pedro Sánchez, stella nascente del Psoe spagnolo, alla sua prima visita in Italia; a Manuel Valls, testa di ponte di François Hollande.

La dizione “nuova generazione” non è retorica. Fotografia di gruppo in camicia bianca. Sono giovani. La gioventù porta con sé, e sulle pagine dei quotidiani, la parola “speranza”; meglio la “esperanza”, che dallo spagnolo di Sánchez si tramuta in qualcosa di più simile al dimesso “désespoir” francese, mai però pronunciato, ma soltanto sussurrato, accennato e preterito nei sondaggi e nelle percentuali dei solerti quotidiani francesi.

“Noi siamo impegnati per fare dell’Europa una cosa seria. Non ci interessano vincoli di bilancio e spread, ma valori, dignità e ideali comuni” ha detto Renzi. Attacca i tecnici che non han saputo prevedere la crisi; difende gli 80 euro come segno di civiltà; vaticina che l’Europa cambierà solo se a cambiare sarà il Pd dal suo interno; promette la legge elettorale e la riforma costituzionale; e con grintosa sicumera “Noi i soldi sappiamo dove metterli: nell’edilizia scolastica, nella banda larga e nelle opere contro il dissesto. Noi sappiamo dove metterli ma devono essere investimenti slegati dalla cultura del rigore del patto di stabilità”.

Gli fa da contraltare Sánchez, rispondendo a chi assicura che le cose non cambieranno dicendo che “il cinismo non ha mai costruito una scuola o aperto un ospedale” («El Mundo»). Il punto è di lasciare, facendo eco a Renzi, “la destra senza futuro”, perché si farà in Spagna “quel che si è cominciato a fare qui”, in Italia.

Manuel Valls parla soprattutto di soldi, di economia e politica monetaria. Budget e riforme strutturali sono quelle che premono al francese mentre si gode il “bagno di gioventù e di ottimismo sotto il sole di Bologna” («Les Echos»). Ne ha bisogno, se tutta la politica socialista francese è riassunta in quel “Aidez-moi!” supplichevole lanciato ai militanti italiani, che «Le Monde» non manca di sottolineare, aggiungendo che in fondo, quella platea non sa nulla del dibattito in corso nella sinistra francese, in piena Caporetto post Le Pen. Però l’Italia è anche il Paese in cui l’idea di impresa non è “antinominica all’ideale socialista” e in cui le riforme avanzano, secondo il quotidiano d’oltr’Alpe. Dunque un po’ di “jalousie” per Renzi, perché, al di là delle parole e dei propositi quel che fa lume è il borsino dei consensi. Manuel Valls a Bologna si rilassa, poiché in patria condivide con François Hollande la caduta a picco riportata in questi giorni da «Le Parisien», «Le Figaro» o «Paris Match» che si basano sui dati Ifop (Institut français d’opinion publique) dando il presidente a un 19% di consensi e .il premier francese a 43% (solo a luglio era al 50%).

Il borsino delle preferenze fa la differenza. È innanzitutto su queste percentuali che il faro Renzi si accende per “la nuova generazione di leader socialisti”. Per «El Pais», ad esempio, Renzi è per Sánchez un punto di riferimento “non tanto per il suo modo di governare” quanto per aver fermato l’avanzata del M5S “che aveva capitalizzato la rabbia sociale contro l’autocompiacimento della Casta”, e soprattutto per quel 40,8% di voti che lo han creato premier e alla fiducia rinnovata dagli italiani a mesi dalle elezioni.

Sánchez cerca di intercettare il consenso di quelle piazze che gli Indignados han fatto fremere; la Francia in piazza ci va poco, e a infiammarsi è per ora soltanto la Calais degli immigrati africani che lottano per i diritti umani, i loro. Le piazze italiane brulicano ogni giorno, ma non di consenso.

“Siamo stufi che ci dicano di dover fare più sforzi quando li abbiamo fatti per tutta la vita. Non si può costruire un’Europa contro gli europei e ora siamo certi che esiste un altro modo di fare le cose” tuona  Pedro Sánchez dal palco. Ma a mangiare i tortellini ci son solo lui e il francese.

M.B. 08.09.14