Radio Radicale la lagna di sempre

Radio Radicale in attesa di una chiusura che non arriva mai. La richiesta di aiuti in nome della libertà d'informazione. Ma è proprio così?

di Davide Amerio.

Radio Radicale chiude; minacciano i Radicali. Salvate Radio Radicale. Ma forse no. Anche questa volta l’odioso sistema partitocratico, illiberale, liberticida, sceglie di mettere mano al portafogli (altrui) per elargire un finanziamento salvagente, e “salva” (sino al prossimo pianto) la Radio dei Radicali (o di quel che ne resta).

Sono stato Radicale. Con orgoglio, e con convinzione, per oltre 15 anni. Sono debitore ai radicali di Marco Pannella, e sopratutto a lui, di tante riflessioni sulla libertà, sulla politica, sul liberalismo, che mi hanno accompagnato per anni.

I referendum come stimolo, per costringere un paese abbarbicato sulle barricate ideologiche, ad affrontare questioni spinose, morali e sociali, di cui si preferiva non discutere.

Radio Radicale è stata lo strumento di questa voce “dissidente”, fuori dal coro, libertaria, liberale, e anche liberista, ma sempre arricchita dei valori “alti” del pensiero politico socialista. In quei luoghi ho conosciuto l’esistenza di maestri del pensiero politico di cui né a scuola, né in televisione, avevo mai sentito parlare.

I tempi sono però cambiati. Io stesso sono cambiato, cercando di crescere, mentre i Radicali rimanevano arroccati su posizioni liberiste alla Emma Bonino, difendendo un libero mercato che non era più tale, e una globalizzazione che ha trasformato la libertà dell’individuo in oggetto di consumismo: non più “dubito, ergo cogito; cogito ergo sum”, bensì “consumo, quindi esisto”.

In quelle posizioni però, si manifestava una ipocrisia di fondo. Da oppositori del finanziamento pubblico, ne diventarono tranquilli fruitori. Di fronte all’occasione di rompere il duopolio Rai-Mediaset difendendo la rete “Europa 7” che, legittimamente, reclamava (in tutte le sedi istituzionali e giuridiche, vincendo tutte le cause contro i governi) le frequenze assegnate – illegalmente,- a Rete 4: tacquero, e la Emma (ministro di un governo di sinistra) disse che “non era una priorità”.

Anni a frignare contro i monopoli informativi, e poi quando sei al governo non ritieni sia una priorità avere l’occasione di romperli?

Che dire poi, quando, anni or sono, un imprenditore alessandrino ebbe la coraggiosa idea di mettere in piedi un servizio ferroviario alternativo (inizialmente tra Torino e Milano) per creare un’alternativa al monopolio delle Ferrovie dello Stato, e fu ostacolato in modo illegale (lo provano le sentenze), finché fu destinato al fallimento? Dai Radicali libertari, liberisti, nessuna parola.

Sempre però in prima linea nell’accusare i magistrati. Nei confronti di Di Pietro, un conto sempre aperto, un vero disprezzo per il magistrato che ebbe il coraggio di di capire che in un contesto dove ti sparano con la pistola, non puoi affrontare le sfide con la punta del fioretto. 

Tutti i casi giudiziari, per i Radicali, sono sempre una sopraffazione dei giudici. Ogni caso è un caso Tortora. Una sindrome psicologica che li accompagna da decenni.

Negli ultimi anni, Emma Bonino ha appiattito il pensiero dei radicali sull’Europa. Mai nessun dubbio, mai un tentennamento. A dispetto della realtà, di ciò che vivono le persone; con indifferenza verso quel mondo universitario che oggi mette in dubbio il buon funzionamento del sistema liberale, e del sistema europeo, euro compreso, i Radicali di Emma propugnano +Europa, e +Soros. 

Radio Radicale è stato uno strumento utile, e necessario, nel panorama asfittico della politica italiana. Ha svolto un suo ruolo, ed è stata anche precursosa di innovazione tecnologica.

Ma i tempi sono cambiati, e i Radicali sembrano non essersene accorti. Lo dimostrano anche i minimi storici dei loro risultati elettorali. La Radio potrebbe essere parzialmente finanziata quale riconoscimento del patrimonio storico di informazioni che custodisce. 

La lagna però sulla chiusura di una voce dissenziente non regge più da molto tempo. I Radicali si confermano filosofi del liberismo de’ noialtri, di certi pensatori, e di certi imprenditori (e banchieri). Sempre pronti a disprezzare l’intervento e l’intromissione dello Stato nelle vicende economiche, per poi bussare alla porta, con il cappello in mano, quando stanno soffocando nell’oceano di merda che hanno prodotto con le loro teorie.

Se si vuole essere liberisti, allora lo si sia sino in fondo. Se è il mercato il “giudice” supremo (come vuole la teoria) della bontà del valore dei soggetti che operano in esso, allora ci si rimetta al suo giudizio, e si accettino le conseguenze. 

Oppure, ci si svesta della pretestuosa retorica sulla minaccia alla libertà dell’informazione, e si chieda più modestamente un aiuto. 

Questo arriva sempre, perché la partitocrazia non lascia l’occasione di aiutare qualcuno che può tornare utile in tempi successivi.