Quella sana ossessione libertaria verso il 25 Aprile

25 Aprile, festa della Liberazione, della lotta antifascista, ma non solo. Siamo oggi davvero liberi? Stiamo onorando davvero la memoria di quanti si sono sacrificati?

di Davide Amerio.

Domani sarà il 25 Aprile e, ancora una volta, ascolteremo, vedremo, assisteremo, alle sceneggiate di chi questa festa proprio non la digerisce; perché il ricordo della Liberazione, dal giogo fascista e nazifascista, è un groppo amaro da digerire. Mentre i nostalgici si agitano, per noi tutti sarà sempre importante riflettere su questa ricorrenza e sul suo significato.

Le comunità sono un’entità “immaginata”, ci spiegano alcuni sociologi. E c’è molto di vero in questa affermazione. La storia, le tradizioni, la cultura, la lingua, tutto ciò che accomuna una comunità, creando il senso dell’identità, è una costruzione sociale, piuttosto che un fatto “naturale”.

Sono la politica, il gioco del potere, le élite al comando, quelle che sfruttano questa creazione sociale attribuendo a essa un valore universale, un destino cui naturalmente tendere, da difendere, anche con il sacrificio della vita.

Dio, Patria, Famiglia, è la triade con la quale far convergere il “popolo”, trattato come massa amorfa, attorno a ideali fondati sulla paura e sul timore di ritrovarci soli, senza alcun riferimento, in balia di una vita che è dura, ostile, densa di pericoli. Bisogna combattere su ogni fronte per sopravvivere. 

Abbandonarsi al Dio nel quale riporre la fede del soprannaturale (e fidarci ciecamente dei suoi profeti/sacerdoti); proteggere la Patria dai nemici (tutti quelli diversi da noi, oltre i confini disegnati); avere cura della famiglia come caposaldo della società. In nome di questa triade, si sono consumate le peggiori azioni nei confronti di un altro principio, che a essa viene sacrificato: la Libertà.

Questa è la “filosofia” tipica del pensiero conservatore; che serve sempre un padrone: sia esso un dittatore, una classe sociale, un simbolo, o un credo assoluto. 

La via degli assolutismi incomincia sempre da questo cammino, per il semplice motivo che aborre la libera scelta degli essere umani. Essi sono “bambini” che vanno guidati, condotti, inevitabilmente sacrificati (al Dio, alla Patria); mai lasciati liberi di scegliere.

Invece la libertà è proprio questo. L’essere liberi di scegliere il proprio Dio (o di non averne alcuno), liberi di amare la propria “Patria” ma di criticarla (modificandola) quando non rispetta i propri fondamenti (per esempio la Costituzione), liberi di formarsi una famiglia per atto d’amore (qualunque tipo di famiglia, sia etero che omo).

Il dibattito sul 25 aprile si atrofizza sulla conclusione della II guerra mondiale, nel secolo scorso, e ripropone lo schema fascismo/antifascismo, delle ideologie, delle omologazioni. 

Poco ci si interroga sull’oggi; su quale significato abbia la definizione di Libertà: quella che ci è stata concessa, e consegnata in affidamento, dal sacrificio, dal sangue, di donne e uomini che ci hanno preceduto. 

Quanto siamo Liberi, oggi? O meglio: quanto pensiamo, crediamo, ci illudiamo di essere liberi? I vessilli dell’ideologia ci fanno guardare indietro nel tempo ma, se è giusto commemorare e non perdere la memoria, non di meno bisogna onorare quella memoria con le battaglie dell’oggi; quelle che non stiamo conducendo.

Ci hanno liberato dal giogo della dittatura perché diventassimo consumatori compulsivi in un sistema economico privo di morale e di giustizia sociale? Perché dimenticassimo la solidarietà nei confronti dei più deboli (consapevoli che questa “debolezza” può toccare anche noi in qualunque momento)?

Siamo davvero liberi in un mondo dove ciò che possediamo è intriso del sangue e del sacrificio di esseri umani che vivono sfruttati (e colonizzati) e in povertà, affinché noi possiamo godere dei nostri telefonini, delle TV da 50 pollici, dei PC con cui scrivere scemenze sui social ?

Liberi per trucidare l’ambiente e la vita biologica sul pianeta? Inconsapevoli (e ignoranti) del fatto che la morte della vita non comporta quella del pianeta (che sopravviverà comunque) ma della vita vegetale e animale? di noi stessi? delle future generazioni? 

Siamo liberi all’interno di un’ Europa matrigna che soggioga quasi 600 milioni di persone dentro regole neoliberiste, inadeguate e sbagliate; dove i ricchi diventano sempre più ricchi e la povertà aumenta. Dove la visione dei politici raggiunge al massimo il traguardo delle prossime elezioni. Dove i giovani sono sfruttati, e tutti gli altri sempre emarginati come un ingombrante fardello inutile, e improduttivo?

Ci possiamo sentire “liberati” da una informazione occupata dai partiti, e dai “padroni”, che ci racconta come dobbiamo fidarci ciecamente di loro, anche quando mentono spudoratamente?

Allora da cosa, per cosa, vogliamo essere liberi? davvero lo vogliamo? ne sentiamo la necessità? siamo in grado di sopportare il “peso” di questo compito?

La lotta per la Libertà non finisce mai! In molti se lo sono dimenticato. Non è necessario essere “anticonformisti”, essere contro, o fare i “bastian contrari”, per definirsi “liberi”. Piuttosto è riprendere quel percorso personale, ma anche collettivo, di coscienza, di onestà intellettuale (oltre che materiale), di condivisione, di senso della comunità, di rispetto, di fiducia, di operosità. 

Liberi non certo di adagiarsi sulla rassegnazione del mondo così com’è; come appare, o come vogliono che ci appaia. Perché si governa meglio un popolo smarrito, sfiduciato, privo di speranza, e di fede nelle proprie capacità; privato della morale, della differenza tra il giusto e lo sbagliato (siamo tutti colpevoli, quindi nessuno è colpevole), impaurito, e debole di fronte alla corruzione. 

Mentre alziamo i vessilli che inneggiano alla Libertà conquistata nel 1945, proviamo a meditare su cosa dobbiamo fare per mantenerla viva, ed effettiva; perché non sia solo un nome, una bandiera, un ricordo, privo di contenuti reali.

(D.A: 24.04.20)