
di Valsusa Report
Si attendeva oggi la sentenza per il “processo pecorella”. Condanna dal giudice monocratico di Torino, Gian Luca Robaldo, a 4 mesi, con il beneficio della condizionale, e spese processuali a carico di Marco Bruno. Per la Pm Quaglino, Bruno provocò il carabiniere Stefano Fadda, e chiese 6 mesi nell’udienza del 29 novembre scorso.
Quattro mesi per ciò che viene definito “oltraggio a pubblico ufficiale”

, l’aver chiamato “pecorella” un carabiniere a Chianocco in Val di Susa nel febbraio 2011. Il video che lo inchioda alla condanna trovò ampia diffusione nei media nazionali. Il militare fu premiato con un encomio dal comandante generale dell’Arma, Leonardo Gallitelli, per la “fermezza e la compostezza professionale”
Un fatto che sin da subito godette di una sovraesposizione mediatica eccessiva che diede adito a commenti di ogni sorta, mettendo in ombra i fatti di quel periodo, come la caduta di Luca Abbà dal traliccio, le occupazioni della A32, le cariche della polizia. Condusse alla stesura di Nemico Pubblico. Pecorelle, lupi e sciacalli, libro autoprodotto da Spinta dal bass in collaborazione con Ascanio Celestini, Zerocalcare, WuMing, Claudio Calia, Erri de Luca, Chiara Sasso, Simone Tufano e Radio BlackOut.
Oggi all’entrata in aula c’era anche il Pm Padalino, procuratore che si occupa dei processi sui No Tav per conto della Procura di Torino. Era lì per un altro processo, subito individuato Bruno gli ha fatto togliere il cappello in aula, il giudice doveva ancora entrare.
L’avvocato Novaro, nell’udienza delle difese, sostenne che il significato stesso di “pecorella” non contiene un’offesa in quanto tale, ma rimanda a un atteggiamento acritico verso gli ordini ricevuti, uno sfottò modesto, un reato peraltro quasi assente nei codici civili di molti paesi.
Ora a Marco Bruno la condanna, niente più impiego statale, mentre altri condannati in Italia possono tranquillamente presidiare la Tv pubblica e irretire le folle.
V.R. 19.05.14