
di Fabrizio Salmoni
Torino, aula bunker, 10.6.2014. Ottusa, come sovente è il Potere. Non c’è altro modo di definire quella sciagurata azione secondo Marco Revelli, sentito come testimone in aula bunker. Non solo: “E’ lo sperpero di denaro pubblico (insito nell’opera– NdR) che mi ha portato a solidarizzare con il Movimento No Tav… che è cultura civica, che esprime una diomanda di ascolto …ma mi rendo conto che questa cosa può influire poco sui decisori” – sferza duro Revelli. E’ stato difficile per la pm Quaglino fermare le dichiarazioni del docente che ha fatto un quadro completo delle opinioni accademiche e sue personali sulla resistenza valsusina. Tanti tentativi di opposizione da parte della procuratrice con caschetto ma evidentemente anche il Tribunale aveva interesse ad ascoltare la “lezione” di Revelli. “Sono valutazioni sue! …Si attenga ai fatti!” ma i fatti sono che la gente gridava “Mafia, mafia!” ai mezzi e al personale Italcoge che forzavano il cancello della centrale quel 27 Giugno. E allora ecco l’avv. Bertone produrre un’informativa dei Carabinieri dell’indagine Minotauro sulla ‘ndrangheta in Piemonte che cita i rapporti del mafioso Iaria con i Lazzaro (Italcoge) e Martina srl. Apriti cielo! “Non vedo cosa interessi questa materia con reati di resistenza e lesioni!“insorge la piemma seguita a ruota dall’avvocato dei poliziotti Bertolino, dall’avvocatura dello Stato e dagli avvocati di Ltf. Chiedono la non acquisizione del documento e la Corte naturalmente acconsente.
Le difese allora annunciano che chiameranno a deporre l’ufficiale dei CC che ha redatto l’informativa. E’ un tasto sensibilissimo quello toccato. Che li manda nel panico. Li si può capire: prima o poi anche quei nodi verranno al pettine. Risalta la contraddizione con l’atteggiamento degli stessi pm nell’altro processo, quello ai quattro ragazzi per terrorismo. In quello, i pm invocano un contesto di tempo amplissimo per giustificare le imputazioni, in questo processo invece negano la validità del contesto che spiegherebbe i reati. Due pesi, tantissime misure, a seconda delle convenienze. E Revelli incalza: “Sugli episodi si può discutere ma il Movimento ha un carattere di comunità che difende un bene comune, la terra, e produce una diffusa ricostruzione di relazioni sociali“. Gli viene chiesto, in punta di sarcasmo, se nei suoi studi sul Movimento si contemplano “frange violente“: la risposta è accademica “Non esistono studi su gruppi specifici nel Movimento che pratichino la violenza“. Insistono chiedendo se ha visto gente travisata, con caschi, bastioni, maschere antigas: risponde che se l’avesse avuta una maschera antigas l’avrebbe usata anche lui. Estenuati, pm e parti civili si placano.
Dopo una sequenza di altri testimoni, ecco la performance di Grazia Migliotti, valsusina che all’epoca dei fatti aveva 67 anni, di cui vale la pena riportare lo scambio di battute. “Ricordo di aver apostrofato un carabiniere, in quel 3 Luglio, chiedendogli se si sentiva un eroe per aver sparato lacrimogeni su vecchi e bambini una settimana prima, per fare quel che stava facendo …ma non mi ha risposto, ho parlato solo io…poi ci hanno sparato i gas da sopra il muraglione della centrale sul greto del fiume“.
“Ha notato qualche condotta aggressiva intorno a lei?” “No, ero solo io a urlare…”. “C’erano anziani con lei?” “E io cosa sono?” Applauso.
Prossima udienza il 17 Giugno.
(F.S. 10.6.2014)