Processo ai No Tav. Il limite delle immagini

Quelli che sono i mezzi più avanzati a cui ricorre la digos per risalire alle identità dei dimostranti rivelano in realtà ampie lacune. Perchè, come sempre, il problema è di come vengono usati. Si ricorre quindi alla "retroassemblaggio" per far coincidere i dettagli su cui si basano i riconoscimenti degli imputati con fotografie fuori contesto.

di Fabrizio Salmoni

Udienza concentrata sulla critica delle immagini e sui riconoscimenti facili. Le difese dei singoli assistiti, avvocati Ianniello, D’Agostino, Lucentini, Vitale e Pellegrin, si sono soffermate sui metodi che hanno portato ai presunti riconoscimenti degliimputati da foto e filmati. Riconoscimenti prevalentemente “assemblati” in quanto partiti da foto estemporanee degli imputati in situazioni estranee a quelle dei fatti in esame e ricostruiti con una sorta di procedimento di “retroingegneria” per trovare elementi di analogia con immagini di manifestanti riprese il 3 Luglio alla Maddalena nell’atto di lanciare pietre o altri atteggiamenti offensivi. Procedimento che lascia ampi spazi di vaghezza e talvolta di contraddizione evidente come per esempio nel caso dell’imputato Zeno Rocca, riconosciuto in immagini piccole e sfocate da un digos di Verona in un manifestante in abbigliamento comune a mille altri giovani e con una maschera antigas a celare il volto.o come l’imputato Brasola la cui convivente assicura fuori di ogni dubbio che quel giorno il Brasola era a Verona, non in Val di Susa. avv. Iannello

Simile caso per il romano Davide Massatani, per cui l’accusa ha chiesto 3 anni e 10 mesi per un presunto lancio di quattro pietre (11 mesi a pietra) e il cui riconoscimento è stato a più riprese rimpallato tra le digos di Roma e Torino nello sforzo di far coincidere le analogie fisionomiche. Per concludere, in sede di testimonianza diretta del digos romano, “il simpatico Mirko Mariani”, che “presume” sia lui.

Altre riprese di videocamera, “si distraggono” quando si tratta di fissare più da vicino le fattezze dei dimostranti tanto quanto si distraggono quando avvengono le violenze sui fermati e allora si inquadrano le frasche del Clarea in improvvisi impeti di bucolicità. “Immagini con vizio di origine” le definisce a sua volta Vitale che tiene a evidenziare che comparando le varie immagini risaltano le tante incompatibilità.

Una delle gravi responsabilità dei pm – dicono gli avvocati – è di aver avallato certi riconoscimenti senza approfondire le identificazioni e, anzi, aver accolto appieno le indicazioni dei digos. E si torna quindi a denunciare le documentazioni mediche prodotte dai poliziotti con le loro incongruenze e gli eccessi delle parti civili che chiedono risarcimenti di 15.000 euro per un piede distorto in una buca o 4000 euro per una contusione alla spalla a seguito di caduta. Per non tornare sulle cifre paradossali degli onorari di avvocati che hanno sempre brillato per assenza.

D'Agostino

E’ poi ancora la Procura nel mirino dei difensori che ribadiscono il clima di tensione e l’atmosfera artatamente pesanti del processo e l’atteggiamento di un Tribunale propenso a non discostarsi dall’impostazione della Procura. “Un processo difficilissimo – dice la veronese D’Agostino – per le generalizzazioni che sono state fatte da accusa e media fin dall’inizio”; “Un processo segnato che nasce da una logica emergenziale – rincara il romano Lucentini – e che produce richieste esagerate. Per reati analoghi a Roma si chiede non più di 1 anno ma mi rendo conto che qui la situazione è particolarmente dura e le condizioni anomale”. Impressioni di un outsider che non fanno presagire niente di buono. (F.S. 16.12.2014)

LucentiniNelle foto dall’alto: avv. Iannello

avv. D’Agostino

avv. Lucentini