Processo ai No Tav. I deliri del Procuratore Generale

Una requisitoria che sfiora il comizio politico e sostiene le tesi dei devastatori, tutta tesa a spaventare la giuria popolare. Per chiedere condanne da nove anni, Maddalena evoca l'11 settembre, le Brigate Rosse, il terrorismo internazionale. Da un compressore bruciato al terrore assoluto attraverso l'incomprensione più totale della lotta sociale.

di Fabrizio Salmoni

Oggi lo scarso pubblico e l’ampia corte di giornalisti accorsi per fare da portavoce agli argomenti della pubblica accusa e per fare sui loro giornali titoli che si negano  ai difensori hanno ascoltato una requisitoria allucinante nei toni, spropositata nello specifico: una lectio magistralis di più di quattro ore sul terrorismo infarcita di termini allarmistici (guerriglia, attentato, pistole, terrore, armi da guerra, bombe) e di riferimenti apocalittici (11 Settembre, Brigate Rosse, la Tolleranza Zero di Bush, gli attacchi di Parigi..) per dimostrare che i quattro imputati nell’attaccare il cantiere di Chiomonte, espressamente per danneggiare macchinari e recinzioni, si pongono nella stessa sfera di intenzioni, valori e finalità dei peggiori terroristi della storia. Lo scopo evidente era di spaventare i giudici popolari per ribaltare la sentenza di primo grado e far rientrare dalla finestra quello che è più volte uscito dalla porta: le aggravanti di terrorismo che triplicherebbero le pene comminate in primo grado.

Se il punto di partenza era discutere il concetto di sabotaggio, il Pg Maddalena non si è fatto scrupolo di definirlo per amore di semplicità “una manifestazione del terrorismo” perchè, secondo Lui, l’azione di Chiomonte si proponeva di terrorizzare le maestranze e le forze dell’ordine presenti, ed era tale da non poter escludere il dolo diretto, cioè l’eventualità di dover nuocere all’incolumità dei presenti per raggiungere l’obiettivo prestabilito, e di conseguenza costringere lo Stato a  rinunciare all’opera in un contesto di “violenza permanente” da anni che avrebbe costretto lo Stato a impiegare anche i militari per proteggere il cantiere. Neanche un dubbio sul fatto che se fosse per quattro anarchici non ci sarebbe bisogno di tanta forza armata.

Una requisitoria che, a discapito della terzietà presunta del magistrato, ha più volte sconfinato nella politica con il sostenere tesi e slogan della lobby del Tav. In questo, Maddalena si è perfettamente identificato con la cellula estremista della Procura che ha preso in carico da anni le istanze care ai partiti e ai loro interessi. Facile dire di rappresentare lo Stato fingendo di ignorare che lo Stato è fatto di entità, anche trasversali, e partiti e ministri che rappresentano forti interessi privati nella realizzazione delle grandi opere. E allo stesso tempo fingendo di ignorare che lo Stato sono i cittadini, prima ancora che i partiti e i governi.

Dove Maddalena affonda ancora di più nel politico, cioè nella mistificazione della realtà utilizzando gli stereotipi dei devastatori, è nel dipingere il contesto in cui si sono svolti i fatti sotto esame: decenni di violenze e intimidazioni “riconducibili all’eversione” che legano l’azione del 14 maggio 2013 a “una catena di azioni finalizzate allo stesso scopo criminoso“. le dichiarazioni degli imputati, nelle parole del pg, diventano “rivendicazioni“, la “lotta” diventa automaticamente eversione. Tutti i tentativi di dialogo e discussione tentati dallo Stato – per il Pg – sarebbero stati tarpati con azioni come “l’irruzione a Venaus” dell’ 8 Dicembre 2005 che costrinse i governi a rivedere il primo progetto e in questo stesso fatto starebbe l’evidenza eversiva; la preparazione di una semplice incursione notturna diventa “premeditazione, pianificazione militare“; viene richiamata una sentenza che riguardava un “attentato alla sicurezza dei trasporti“;  evoca “la paura” indotta nei presenti ma scivola ancora senza accorgersene sul terreno della mistificazione equiparando “l’azione politica per ottenere…risultati di natura politica” al terrorismo o tout court, ancora, all’eversione; si contraddice anche citando l’opinione espressa dal Matteo Renzi in rampa di lancio sull’inutilità del Tav con quella del Renzi premier che si fa andare bene il progetto rivelando cosi un effetto opposto a quello che secondo lui si proponevano i No Tav; disserta senza paura del ridicolo sui danni d’immagine per il Paese inferti dai fatti in giudizio. Sfiora insomma il comizio politico nel magnificare il Tav, gli enormi vantaggi dell’opera e lo Stato come entità asettica, apolitica, disinteressata.

Conclusione: richiesta di nove anni  e mezzo di detenzione a fronte dei tre e mezzo del primo grado.

Che dire? Allucinazioni di un anziano reazionario che si dà come ultimo traguardo di carriera il protagonismo in un processo importante? Mentalità che porta a guardare alla complessità del mondo solo attraverso la lente deforme della dicotomia reato/non reato, legale/illegale? Identificazione politica più o meno consapevole con il Potere, qualsiasi forma esso assuma? Chissà, Però fa specie pensare che un uomo di lunga vita che ha visto l’Italia del Novecento, uomo pensante si suppone prima ancora che magistrato, non contempli la possibilità o l’esistenza della lotta sociale, della protesta popolare con le sue dinamiche. Inquietante forse più che deprimente.

Appuntamento a venerdi 18 con l’udienza dedicata alle arringhe della difesa. (F.S. 14.12.2015)

da valsusanotizie.it