
di Gabriella Tittonel

Erri De Luca: “Eccomi processato. Se condannato, la pena varia da uno a cinque anni. Anche nel peggiore dei casi non mi dichiaro vittima. In questa faccenda non sono un malcapitato. Non mi è caduta una tegola in testa mentre camminavo. Sono al contrario testimone e parte in causa di un guasto arrecato alla mia libertà costituzionale, garantita dall’articolo 21: ‘Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione’ queste le parole di Erri De Luca.
“Ho espresso la mia opinione e vogliono condannarmi per questo.
Vittima per ora è l’articolo 21 della Costituzione Italiana. Sono e resterò, anche se condannato, testimone di sabotaggio, cioè: di intralcio, di ostacolo, di impedimento della libertà di parola contraria”. Questo quanto scritto da Erri De Luca ne “La parola contraria”, dove ricorda anche, riferendosi ai tanti che hanno aderito spontaneamente all’iniziativa “#iostoconerri” e con i valsusini del no alla grande opera “…..E io con chi sto? Sto con tutti loro e con la Val di Susa. Il processo contro di me è appendice di innumerevoli processi al popolo della vallata. Sul banco degli imputati mi piazzano da solo, ma solo lì potranno. Nell’aula e fuori, isolata è l’accusa.”
E se sul banco degli imputati De Luca oggi era necessariamente solo, alle sue spalle il popolo no tav c’era, ferito ma non intimidito da un precedente giorno in aula bunker. Era presente idealmente tutto, nella piccola aula del tribunale. Ed era presente davanti al tribunale
di Torino, dove una staffetta di lettori per tutto il tempo della prima udienza ha letto il libro di Erri, un modo per frantumare il silenzio di una città ancora addormentata, a pochi passi da tempi che si annunciano sempre più severi per l’economia e la libertà, compresa quella di espressione.
Occhi azzurri, sguardo quieto e interrogativo, di chi si chiede perché

mai deve trovarsi in quel luogo e per quale motivo davvero, con le tante preziose rughe sul volto, a segnare tappe e traguardi di una vita che ha saputo ad oggi donare a tutti preziose ore di riflessione e un modello di vita alternativo, lontano dal chiasso assordante, dalle futilità, Erri oggi ha affrontato la prima puntata di un processo che ha, anche in questo caso, tutte le componenti di un processo al movimento. Molti i colleghi presenti, intenti a filmare, a raccogliere deposizioni, tutti accomunati dalla stessa passione nel raccontare e dall’identico, si spera, imperativo, dell’onestà e della libertà di opinione. In fondo questo processo è anche questo.
E molte le interviste. Tra le tante val la pena di ricordare il passaggio, colto al volo, di quanto affermato da un legale ad un giovane giornalista “…a me non interessa la persona…”. Già, proprio

questo è il punto di demarcazione di una vicenda che ha raggiunto il suo venticinquesimo anno di vita: da una parte chi vuole un’opera a qualsiasi costo, dall’altra chi prima di tutto pensa alla persona, a quanto la può far vivere e creare futuro. Fiumi di parole qui trovano la loro sintesi perfetta, quella di due mondi assolutamente diversi, l’uno fatto di costruzioni a tutti i costi, l’altro fatto per la vita dell’uomo. Erri, è certo, è dalla parte dell’uomo, con le sue certezze portate avanti con fierezza e determinazione, con il suo fare disarmato, con il suo sguardo che sa guardare dentro, difficile da sostenere da chi ha fatto altre scelte.
Uno sguardo che ha accompagnato due parole nella pausa in tribunale: “ho sete, vorrei dell’acqua”. Parole che non possono risvegliare echi in chi si è avvicinato al grande libro della vita. In un tempo altro vi fu chi le pronunciò, dopo essere stato processato e condannato. E fu sete di cambiamento.
G.T. 28.1.15