Notte Bianca a Messina: parliamo di democrazia

foto notte bianca messina 16 ott 2013Dalla nostra corrispondente Daniela Giuffrida.

“Siamo gli innumerevoli, raddoppia ogni casella di scacchiera. Lastrichiamo di corpi il vostro mare per camminarci sopra. Non potete contarci; se contati, aumentiamo, figli dell’orizzonte che ci rovescia a sacco. Nessuna polizia può farci prepotenza più di quanto già siamo stati offesi. Faremo i servi, i figli che non fate. Nostre vite saranno i vostri libri di avventura. Portiamo Omero e Dante, il cieco e il pellegrino – l’odore che perdeste, l’uguaglianza che avete sottomesso. Da qualunque distanza, arriveremo. A milioni di passi. Noi siamo i piedi, e vi reggiamo il peso. Spaliamo neve, pettiniamo prati, battiamo tappeti, raccogliamo il pomodoro e l’insulto. Noi siamo i piedi e conosciamo il suolo passo a passo. Noi siamo il rosso e il nero della terra, un oltremare di sandali sfondati, il polline e la polvere nel vento di stasera. Uno di noi, a nome di tutti, ha detto: «Non vi sbarazzerete di me. Va bene, muoio; ma in tre giorni resuscito e ritorno»”.

Con queste parole, riprese da un lavoro di Erri De Luca, si è aperta la “Notte Bianca” di Messina e subito la commozione è stata tangibile, è seguito un lungo minuto di silenzio, non richiesto da alcuno ma nato spontaneamente, nella “sala della Comunità Europea” di palazzo Zanca, sede del Municipio messinese. La location è “perfetta”, il luogo adatto per parlare di diritti umani violati, di integrazione e smilitarizzazione. In quella sala, nel giugno del 1955, a poco meno di un anno dalla scomparsa di Alcide De Gasperi, si svolse una Conferenza destinata a creare un “pezzetto” di storia europea. Fra quelle pareti si abbozzò e prese il via l’idea della creazione di un Mercato comune e di una Comunità europea dell’energia atomica (CEE ed EURATOM), di fatto partorite poi, il 25 marzo 1957, con la firma dei trattati di Roma.

Tentare la via dell’integrazione economica come uno strumento per realizzare l’unione politica, in un’ Europa in cui diversi paesi vivono situazioni di profonda crisi, certamente non è facile: un concetto di unità politica, non può basarsi su idee astratte e dovrebbe sicuramente partire da un’idea di integrazione “umana” nei confronti dei meno fortunati, da qualunque parte del mondo essi giungano. Integrazione umana, dunque, prima di ogni altra cosa. Questo, insieme alle problematiche inerenti al Muos di Niscemi e alla smilitarizzazione in Sicilia, è stato il tema centrale della notte bianca messinese e in questo contesto, grande emozione ha destato l’ingresso nella grande sala di un gruppo di immigrati libici che hanno regalato ai presenti la loro testimonianza di quanto accaduto ”la notte dei 200 morti accertati”: loro precedevano di poco il barcone affondato.

Il loro portavoce, ringraziando la città di Messina ed il sindaco Accorinti, che tanto sta facendo perché venga loro riconosciuto lo stato di “rifugiato politico”, ha detto di riconoscere sicuramente la loro fortuna nell’essere arrivati sani e salvi sulle coste siciliane, ma di non essere sicuro che per loro sia meglio sopravvivere al mare, per poi ritrovarsi accatastati dentro fatiscenti centri di “accoglienza” o rischiare l’arresto se trovati a “circolare” fuori dagli stessi.

Sono seguiti, alle altre testimonianze, momenti di vera commozione. Ma prima del loro ingresso, il giornalista Antonio Mazzeo aveva già lui fatto il punto sulla situazione immigrati, ponendo l’attenzione sulle pessime misure di accoglienza e di “smistamento” di queste persone, Mazzeo ha parlato del “carcere di Mineo dove 5.000 persone vengono stipate in un centro che dovrebbe essere di accoglienza per i richiedenti asilo, cioè persone che per il Diritto Internazionale e per la Costituzione Italiana devono essere protette, che è qualcosa di più che essere sfamate e dissetate.. – ha detto il giornalista messinese – Questa gente viene lasciata in una specie di limbo per 2, 3 anni, per essere chiamata solo dopo tutto questo tempo, a spiegare chi sono e perché hanno diritto di asilo”. Secondo Mazzeo, Messina che tanto si sta impegnando per i 50 immigrati che le sono stati “consegnati”, ha le professionalità adatte a creare una “rete” che si occupi di questo problema, che possa far crescere quella che è una tradizione storica della stessa città nel campo del sociale e della difesa dei diritti umani. Secondo il giornalista, ciò che gli italiani sono chiamati a fare “non è accoglienza, ma cercare di ripagare i debiti di anni di colonizzazione, di post colonizzazione e di imposizione di progetti colonialistici.”

Dopo Antonio Mazzeo è intervenuto il prof. Massimo Zucchetti, giunto appositamente da Torino per presenziare alla manifestazione. Molto duro ed estremamente realista il suo intervento ha immediatamente guadagnato il consenso dei presenti che non hanno certamente lesinato gli applausi. Il professore ha esordito chiedendo alla stampa ed ai fotografi presenti in sala, di non riprendere gli “amici” sbarcati a Lampedusa, “perché, voi sapete che siamo in uno stato – ha detto – in cui se fai il favore di morire mentre sbarchi ti fanno un giorno di lutto nazionale però se invece commetti l’errore di sopravvivere, ti arrestano!” Quindi ha affermato di non capire quanti provano moti di ribellione davanti a morti “inutili e assurde” di donne e bambini che provano a sbarcare sulle nostre coste. “Non sono morti inutili – ha detto il prof. Zucchetti – nel loro piccolo queste morti rientrano in un disegno preciso e sono “utili”: se questi bambini insieme ad altri milioni che muoiono ogni anno in piccola età, non morissero ma anzi vivessero 75 anni in media, consumando energia e risorse come un abitante delle “democrazie” capitaliste, il nostro sistema crollerebbe subito per mancanza di risorse disponibili. Quindi “le democrazie” capitaliste del Primo Mondo si basano, proprio nel loro DNA, sulla morte altrui, sulla fame, sull’ingiustizia sociale a livello mondiale, perseguita con l’imperialismo e la rapina economica legalizzata. “Noi tutti dobbiamo essere contenti – ha continuato – se questi bambini muoiono perché altrimenti noi non potremmo continuare a vivere come viviamo adesso. E’ un disegno che fa parte di un “do ut des” per cui sulla morte altrui, sulla non sopravvivenza, sulle cattive condizioni di salute, sul mancato consumo di energie, le democrazie occidentali possono invece continuare a vivere e prosperare ma è un falso benessere, perché IO MI VERGOGNO in maniera profonda di avere a disposizione una serie di risorse che mi sono date soltanto perché ad altri non sono concesse. Tutto questo viene chiamato Democrazia ed è un modello che stiamo anche cercando di esportare”.

“Ma che Dio non voglia che venga esportato e anzi ben vengano i migranti, le persone da altri luoghi che magari rinforzeranno un po’ il sangue italiano, perché se gli italiani sono questi, quelli che piangono e fanno i giorni di lutto ma poi basano tutta la loro vita su un’ ingiustizia e sulla morte altrui…, allora ben vengano gli altri e che si estinguano questi italiani!”.

randi applausi per le parole del prof. Zucchetti, i toni alti e decisi delle sue parole hanno scosso la sala, creando sicuramente anche una sorta di imbarazzo nei presenti che probabilmente non avevano soffermato la loro attenzione su questo aspetto della questione. Quindi il discorso è proseguito su questioni tecniche e umane riguardanti il Muos . Zucchetti ha accennato al suo coinvolgimento, arrivato da Massimo Coraddu, nella questione Muos ed ha raccontato di come tutto questo abbia cambiato la sua vita. Il suo intervento preciso e puntuale come sempre ma costellato di spunti fra l’ironico e il sarcastico è stato molto seguito dai presenti che non hanno mancato di sottolineare con applausi i passaggi riguardanti l’art.11 della Costituzione ed i diversi e forti accenni sui rapporti intercorsi con la “dirigenza” regionale siciliana. Ha concluso il suo intervento dicendo “non fatelo il Muos, ma se proprio lo dovete fare, fatelo in un posto dove avete portato democrazia ed è desertico, non so, nei deserti della Libia. Mi sembra che in Libia da due anni abbiano un regime democratico dove vi vogliono tanto bene ed è un paese pacificato, dove non c’è alcuna anarchia e dove tutto va benissimo, fatelo li, se proprio volete farlo”.

Sono seguiti spettacoli musicali, teatrali e di danza, prima dell’intervento del sindaco Renato Accorinti, il quale ha sottolineato la crisi creata dai tagli imposti alle amministrazioni periferiche da quelle centrali e le possibili soluzioni per risolvere al meglio…

La notte bianca siciliana si è protratta fino ed oltre le tre del mattino.