No Tap. Il gasdotto si deve fare. Il sì del governo che fa affari con il dittatore azero

Alle politiche economiche ed energetiche non interessano le violazioni di diritti umani. Europa e Italia fanno affari con l’Azerbaijan della censura e della repressione senza battere ciglio.

di Massimo Bonato

La questione del Tap (Trans-Adriatic Pipeline) si sposta sul piano della violazione dei diritti umani. Il 17 settembre si è infatti tenuta a Roma, all’Hotel Nazionale di piazza Montecitorio, la conferenza La trappola del gas dell’Azerbaijan al Salento. Sicurezza energetica per chi e a quale costo? organizzata dall’associazione per la difesa dei diritti umani Re:Common. Vi hanno partecipato Gianluca Maggiore, esponente del Comitato No Tap, Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana di Amnesty International, e Turgut Gambar, esponente del N!da, movimento civico fondato nel febbraio del 2011 che si pone come obiettivo la democratizzazione dell’Azerbaijan.

Abbiamo chiesto a Gianluca Maggiore il motivo di questo incontro, che segna un passo importante verso l’analisi politica di una questione prevalentemente trattata in termini di impatto ambientale, di utilità dal punto di vista energetico, di fattibilità.

Avete partecipato a questo incontro a Roma, La trappola del gas, dall’Azerbaijan al Salento, e scorrendo i relatori stupisce incontrarvi, oltre i diretti interessati, esponenti di Amnesty International e del Nida, un movimento nato per la salvaguardia dei diritti umani in Azerbaijan. 

Per la questione Tap i fronti sono in realtà due. L’aspetto ambientale e l’aspetto dei diritti umani.

Quando si parla di gasdotti, ci si aspetta che queste operazioni vengano eseguite su territori già industrializzati, portando con sé, come compensazione, un miglioramento dell’ambiente stesso in cui verranno a insistere. Prendiamo il gasdotto Nord Stream che convoglia il gas dalla Russia alla Germania. Sfocia a Lubmin, una città in cui era presente una centrale nucleare dismessa, trasformata per questo progetto in centrale turbo-gas e quindi migliorata, e dal punto di vista industriale e dal punto di vista ambientale.

Per il Salento non dobbiamo parlare di sviluppo ma di progresso. E il progresso non è impattante sulla vita della gente e sul territorio. La Puglia ha diversi prolblemi ambientali, ma a fronte di queste progettazioni non si ha una identica progettazione risolutiva di tipo ambientale.

San Foca, dove il gasdotto dovrebbe approdare, non è un sito idoneo. Ci sono 58 restrizioni del ministero dell’Ambiente, si ha avuto il diniego del ministero dei Beni culturali, manca il conocordato, ma nonostante ciò il governo ha tirato dritto imponendo proprio al ministero dell’Ambiente il sì espresso dalla Commissione Via.

Qui si innesta il tema dei diritti umani?

In Azerbaijan il potere è da decenni in mano alla famiglia Aliyev. Manca la libertà di espressione e i diritti umani sono costantemente violati. Di recente sono stati arrestati persino attivisti che stavano redigendo una lista dei prigionieri politici detenuti in patria, 120. Spesso accade di finire in prigione con accuse pretestuose: ti si fanno intorno sottraendoti diritti, sottraendoti poi i documenti e finendo per accusarti magari di frode fiscale. Quando in realtà è per opposizione politica che vieni accusato e incarcerato.

Senza lasciarti neanche la soddisfazione di vederti riconosciuto lo status di oppositore.

Sì. Infatti. E tutto questo l’Europa fa finta di non vederlo. Ci passa sopra in favore delle politiche economiche ed energetiche. Ora quindi, quel che si chiede all’Europa, ma all’Italia stessa che detiene la presidenza del Consiglio europeo di questo semestre, di andare a Baku a chiedere conto di questo stato di cose, di far luce fino in fondo sulla condizione dei prigionieri politici azeri. 

E in Salento?

In Salento non si può parlare di violazione dei diritti umani, ma certo si è assistito alla sospensione della legalità. Se davanti alle restrizioni del ministero dell’Ambiente, davanti alla bocciatura del ministero dei Beni culturali e di quattro anni di lotte in cui la gente stessa ha bocciato il Tap, il Consiglio dei ministri del 10 settembre ha decretato che serve, si deve fare.

concerto-no-tapQuesta sembra essere ormai la politica delle Grandi opere. Anche se non sei d’accordo ti passo sopra, piuttosto ti asfalto.

Il risultato però è quello di creare una grande rabbia nella gente, di renderla anche più determinata ad andare avanti. Anche perché si accorge di quali strumenti vengano usati. Domenica 14, per esempio, la gente è scesa in strada spontaneamente, ha dato vita a una manifestazione, 400 persone che han creato una lunghissima catena umana a San Foca di cui la stampa non ha praticamente parlato. O addirittura il caso di Alessandro Mannarino, famoso cantautore in cartellone al concerto finale della Notte della Taranta a Melpignano. Dal palco ha tirato fuori la bandiera No Tap, ma la diretta di Rai5 nello stesso momento ha spostato l’inquadratura, riportandola al palco soltanto dopo che l’artista ha deposto la bandiera. Come se non bastasse, finito il concerto, Alessandro Mannerino è stato trattenuto dalla Digos per una buon ora dietro il palco.

E c’è molta rabbia, molta rabbia. Ci devono arrivare però con le ruspe fino a San Foca.

M.B. 18.09.14