
Coketown. Era una città di mattoni rossi, o meglio di mattoni che sarebbero stati rossi se il fumo e la cenere lo avessero permesso (…). Era una città di macchine e di alte ciminiere dalle quali uscivano senza soluzione di continuità interminabili serpenti di fumi (…). Aveva un canale nero, un fiume color porpora per le vernici maleodoranti.
Così Charles Dickens descrive Coketown, la città fantasma che fa da sfondo all’intreccio narrativo di Hard Time (1852); il luogo d’azione di uno dei suoi romanzi. Il bruciare del carbone, il fumo delle ciminiere, il rumore assordante delle nuove città e delle nuove aree industriali, erano i segni quotidiani, ma anche vistosi del nuovo modo d’essere che la rivoluzione industriale aveva introdotto.
Oggi siamo ben lontani dal mondo ottocentesco descritto da Dickens, poiché le città si sono trasformate in metropoli e la tecnologia domina la nostra vita quotidiana. Nonostante ciò, fiamme che escono dalle ciminiere, nubi di fumo grigio e maleodorante sono elementi che, caratterizzando 57 siti del nostro paese, ci riportano all’ Inghilterra della prima rivoluzione industriale.
I 57 siti del Programma nazionale di bonifica
Queste aree coincidono con i maggiori agglomerati industriali, con molteplici attività impattanti: raffinerie, impianti chimici, siderurgici, inceneritori, discariche, la maggior parte delle quali operative da oltre 50 anni, ospitano il 10% della popolazione italiana, ossia oltre 5 milioni di persone.
Il rapporto redatto da Sentieri (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento), analizza 44 di questi siti d’interesse nazionale che si trovano in 17 regioni italiane: 21 sono ubicati al Nord, 8 al centro e 15 al Sud. Quello di Sentieri, si presenta come un rapporto shock, un lavoro lungo e complesso, poiché finanziato dal Ministero della salute e realizzato dall’ Istituto superiore di Sanità (Iss), avviato nel 2007 e completato a fine 2010, è stato reso noto solo nell’ ottobre del 2012.
Per la prima volta in Italia si sono individuate il numero di vittime causate dall’inquinamento di questi siti. Più nello specifico, il rapporto analizza la mortalità delle popolazioni residenti in queste aree, che presentano un quadro di contaminazione ambientale e di rischio sanitario tale da aver determinato il riconoscimento di Siti d’interesse nazionale per le bonifiche (Sin).
Per la nostra legislazione, ‘il Sin è un sito che presenta livelli di contaminazione o alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del suolo o del sottosuolo o delle acque superficiali o sotterranee tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente naturale o costruito. È inquinato il sito nel quale anche uno solo dei valori di concentrazione delle sostanze inquinanti nel suolo o nel sottosuolo o nelle acque sotterranee o superficiali risulta superiore ai valori di concentrazione limite accettabili stabiliti’. In pratica, un sito è definito contaminato quando provoca un rischio igienico e sanitario per l’uomo, superando le soglie di accettabilità del rischio stesso. Quando questo avviene, il sito in questione diventa ‘un’area ad elevato rischio ambientale’ e per tanto deve essere bonificata quanto prima.
Le località di Falconara Marittima nelle Marche, di Taranto, Brindisi e Manfredonia in Puglia, di Casale Monferrato e Serravalle Scrivia in Piemonte, nonché Milazzo, Gela e Biancavilla in Sicilia sono solo alcune delle aree da bonificare.
Sono terreni contaminati da sostanze tossiche o cancerogene, come diossine, idrocarburi policiclici aromatici, metalli pesanti, amianto e solventi. Sono aree che costantemente mettono in pericolo la salute dei loro cittadini, rischiando di esserne la causa di morte.
Secondo il rapporto di Sentieri, tumori, tumore polmonare, malattie dell’apparato digerente, cirrosi apatica e ictus sono le cause di morte più frequenti tra gli uomini che vivono in questi luoghi. Ictus, diabete, demenze e malattie all’apparato digerente tra le donne. Solo tra il 1995 e il 2002 ci sono stati 10 mila morti imputabili alle sostanze nocive presenti in queste zone.
L’inquinamento è perciò tangibile. Ma poiché inquinamento e lavoro sono argomenti quotidiani e indissolubili, esso si presenta anche come un freno per lo sviluppo. L’avvelenamento di acqua, aria e suolo, è stato determinato da anni di mancato rispetto delle regole, di carenza di controlli, oltre che dalla negligenza degli amministratori locali, regionali e nazionali.
La domanda che sorge spontanea è: lo Stato che cosa può fare? Un progetto di rinascita ‘green’, ‘una reindustrializzazione ambientale che apre nuove prospettive per le aziende verdi del nostro paese’, come sostenuto dall’ ex Ministro dell’Ambiente Corrado Clini, può essere una chance per superare il nostro momento di crisi. Risulta perciò evidente la necessità di attivare e accelerare il processo di ‘disiquinamento’, riconversione industriale e riqualificazione economica dei Sin e delle aree limitrofe, per poi, nell’ eventualità essere cedute a chi volesse riutilizzarle in modo sostenibile.
È fondamentale trovare nuove soluzioni per la bonifica dei siti ambientali contaminati che costituisce oggi una delle maggiori problematiche ambientali. Difronte alla consapevolezza che il numero dei siti contaminati conosciuti è in crescente ascesa e alla difficoltà di procedere alla loro completa bonifica, le parole di Clini sono più che mai significative: “ora dobbiamo far di tutto affinché queste aree siano rapidamente valorizzate e diventino un volano di crescita economica e sostenibile”. Speriamo che il nuovo ministro rispetti le parole del suo predecessore.