
di Valsusa Report.
Secondo un rapporto segreto trapelato in questi giorni, l’Atollo corallino di Mururoa, teatro di un trentennio di esperimenti nucleari della Francia, sarebbe in pericolo di crollo. Una notizia confermata dall’Associazione Nucleare della Polinesia Francese, secondo la quale il governo avrebbe mantenuto il più stretto riserbo sin dal 2010.
Moruroa è un atollo che fa parte dell’Arcipelago Tuamotu nella Polinesia francese, un angolo di mondo affascinante, a volte paradisiaco, visioni da film. La storia degli esperimenti condotti negli ultimi decenni porta il conto di 179 esperimenti nucleari tra il 1966 ed il 1996, di cui 41 atmosferici e 138 sotterranei. L’atollo è stato ufficialmente istituito come sito di test nucleari dalla Francia il 21 settembre 1962, mentre l’atollo di Hao, 245 miglia nautiche (450 km) a nord-ovest di Mururoa, fu scelto come base di appoggio per i test.
Il primo test nucleare venne condotto il 2 luglio 1966, al quale fu dato il nome in codice Aldebaran. La bomba nucleare di 30 chilotoni, fu più potente della bomba all’uranio che sconvolse Hiroshima. Greenpeace dichiarò che fu succhiata tutta l’acqua della laguna, mentre piovevano pesci e molluschi morti, contaminando l’area sino al Perù e alla Nuova Zelanda. A nulla servirono le obiezioni da parte di 30 membri dell’Assemblea Territoriale polinesiana, a quel tempo l’ambiente era sperimento, nessuno poteva opporsi. Due anni dopo, nel 1968, fu la volta di una bomba H con potenza di mille chilotoni.
Fu solo nel 1974, con pesanti pressioni internazionali, che la Francia abbandonò i test atmosferici e iniziò quelli sotterranei, trivellando le rocce vulcaniche dell’atollo. Il 25 Luglio 1979, uno di questi test causò un disastro ambientale, la bomba rimase bloccata a metà strada nel relativo pozzo trivellato. L’evento provocò una grande frana sottomarina sul bordo sud-ovest dell’atollo, generando inoltre un’enorme onda di tsunami. L’esplosione causò una crepa di 2 chilometri di lunghezza e 40 cm di larghezza. Anche qui prima dell’accaduto, molte polemiche e timori furono diffusi, ma gli esperimenti andarono avanti. Altri preoccupazioni derivarono dalle radiazioni intrappolate nel sottosuolo che se liberate con una fuoriuscita, avrebbero di certo contaminato l’oceano e gli atolli limitrofi.
Già prima, sull’altra sponda dell’Oceano Pacifico, il 19 settembre 1957 fu primo un test sotterraneo di una bomba nucleare. Gli Stati Uniti fanno esplodere un’arma nucleare da 1,7 kilotoni in un tunnel sotterraneo al Nevada Test Site, un centro di ricerca a 65 km a nord di Las Vegas. Il test, noto come Ranieri, rientrava nella cosiddetta Operazione Plumbbob, nata nel clima della guerra fredda e della corsa agli armamenti nucleari.
L’ultimo test di Mururoa, risale al 27 Gennaio 1996, l’atollo ancora oggi è custodito dalle forze francesi, e di qui la notizia del presidente dell’Associazione Nucleare della Polinesia francese, Roland Oldham, che riferisce: “in caso di crollo potrebbero essere rilasciati materiali radioattivi nell’Oceano Pacifico”. Un ufficiale francese della sicurezza sul nucleare, Marcel Jurien de la Graviere, ha suggerito che le popolazioni residenti nei pressi dell’atollo potrebbero essere esposte a radiazioni 300 volte più intense del territorio francese, con conseguenze internazionali. L’associazione ha anche dichiarato che se l’evento dovesse accadere, potrebbe innescare un’onda di tsunami alta 15 metri, che andrebbe a distruggere le coste esposte. Oldham avverte che non si tratterebbe semplicemente di un problema locale, ma di un problema riguardante l’intero ecosistema terrestre: “Dobbiamo avvertire tutti perché il problema non riguarda solo alcuni degli atolli che si trovano a soli 100 km da Mururoa. Penso che se questo materiale dovesse essere diluito in mare, saremmo di fronte ad un problema molto grande per l’ambiente, e da quelle aree così remote non avremmo alcun controllo”.
Inoltre la sicurezza sull’atollo è in bilico, un recente rapporto, suggerisce che solo 11 dei 20 sensori per il monitoraggio ambientale sono in realtà funzionali, il che potrebbe significare un collasso senza preavviso del sistema di monitoraggio. Circa un decennio dopo la fine degli esperimenti nucleari, un gruppo di ricercatori francesi dell’Istituto nazionale della Sanità e della Ricerca medica (Inserm) francese, capeggiati da uno dei suoi direttori, Florent de Vathaire, assicurò di aver stabilito, attraverso una ricerca compiuta su 239 casi di tumore, un forte legame fra le ricadute dovute agli esperimenti nucleari realizzati dalla Francia e il rischio di un cancro alla tiroide nella zona dell’atollo polinesiano. Il numero di tumori direttamente riconducibili agli esperimenti venne stabilito in una decina di casi, cifra elevata se registrata in un contesto abitativo di un atollo.
Nonostante il governo francese abbia dichiarato che la zona della polinesia francese sia priva di ogni rischio ambientale e di inquinamento da radiazioni, l’accesso all’atollo è vietato da forze militari.
V.R. 22-09-14