
di Monika Chra
La sera di venerdì 12 settembre, l’Avishai Cohen New Trio fa quasi sold out al Teatro Colosseo di Torino. Gli amanti del jazz lo accolgono profumati e imbellettati. Qualche kefiah in segno di solidarietà al popolo palestinese si mescola alle mise da soirée delle profumate signore.
Sono le nove e Cohen é in camerino a concentrarsi per il concerto. Impossibile raggiungerlo per fargli qualche domanda, perché, mi dicono, prima di essere un uomo è uno dei più grandi bassisti del mondo. Uno che ha suonato con Chick Corea, Herbie Hancock e molti altri. Ma forse è solo uno che probabilmente non sa scrivere, come il resto dei musicisti, coreografi, danzatori israeliani che approderanno a Torino a breve per esibirsi al Settembre Musica, al Torino Danza Festival – direttamente sponsorizzato dall’Ambasciata israeliana – e a Torino Spiritualità. Artisti ai quali è stata inviata una missiva, con specifiche richieste, da parte del Collettivo Boycott Israel – per uno stato unico in Palestina. Lettere che non hanno mai ricevuto risposta. Ma domandare è lecito, rispondere…
Ma torniamo al 2009, quando Arye Merkel, in un’intervista affermò che “i più noti artisti verranno mandati ovunque, al fine di mostrare il volto più apprezzabile di Israele, così Israele non sarà più pensato solo in un contesto di guerra”. Detto, fatto. E Torino è una città estremamente accogliente, checché se ne dica.
Fuori dal Colosseo i manifestanti chiedono al pubblico di Cohen di boicottare il concerto, di riflettere sul regime di appartheid vigente da 66 anni in Palestina. Striscioni, volantini, megafono. Qualche piccola richiesta di arretrare un po’ dai muscolosi ragazzi preposti alla sicurezza del teatro, qualche piccola tensione con il pubblico. Per lo più facce scocciate, e il commento elegante di un elegante signore all’indirizzo dei manifestanti: “Tristissimo, quattro pinotti”. La polizia attrezzata sta in gruppetto. Intanto il pubblico entra per godersi il concerto e si fa perquisire zainetti e borsette da un poliziotto in borghese.
Grazia, del Collettivo, mi spiega che da anni portano avanti il boicottaggio e mi parla degli effetti delle bombe DIME. Un gruppo di ragazzi, in coda, discute su Jovanotti, Riccardo Muti, Benigni, che quando vanno all’estero non vengono boicottati, che le manifestazioni si fanno davanti ai politici e che l’arte e la cultura non vanno coinvolte, e che l’ISI è una creatura degli Stati Uniti.
Claudio, responsabile organizzativo di MiTo, e quindi di questo concerto, dice che non avverte un boicottaggio della cultura e che “come non dovrebbe esistere la censura non dovrebbe esistere il boicottaggio della cultura”. E prosegue: “Noi cerchiamo di fare mente locale rispetto agli artisti che sono in tournée, e guardiamo ai costi, che siano compatibili con quella che è la nostra spendibilità. Poi parlo con le persone e cerco di capire se conoscono l’artista e che valore gli attribuiscono. Quest’anno c’è stata un’ assoluta casualità. A prescindere dal considerare se uno è israeliano, americano, cinese, italiano. Perché considerazioni di questo tipo non vengono mai fatte. Ragionamenti di carattere organizzativo e artistico hanno portato a questo concerto. C’è stata la possibilità di farlo a Milano e Torino pagando un costo decisamente più basso. Veniva fuori un’occasione, con un artista importante”.
Intanto 1200 persone hanno occupato i posti di platea e galleria del Colosseo e me ne torno a casa con nelle orecchie le parole di un ragazzo, l’ultimo che intervisto: “Volevo entrare. Sono un batterista appassionato di jazz e lui è un grande! Ho comperato oggi il biglietto in Internet e poi sono arrivato qua e ho trovato la manifestazione. Non credo che entrerò, ma se per sbaglio lo farò mangerò il kebab dentro, in segno di protesta. Questo lo farò. Giuro”. Mi domando che fine ha fatto la famosa Vita Activa, l’agire in comune che costruisce una dimensione politica, il riconoscimento dell’altro, l’essere insieme. Ovunque andrete voi sarete una Polis disse Hanna Arendt. E io penserò tutta la notte se lo sono, se sono una Polis. E domattina se non lo sono lo diventerò. Questo lo farò. Giuro.
M.C. 12.09.2014