
Maxiprocesso No Tav, aula bunker del carcere Lorusso Cotugno di Torino. Sentiti oggi 8 novembre i testi Ferrara, ispettore Digos, Mazzanti, capitano dei Carabinieri comandante della compagnia di Susa all’epoca dei fatti, e Di Gaetano, funzionario di Polizia, vicequestore e primo dirigente allora. I fatti risalgono al 27 giugno e 3 luglio 2011, ovvero allo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena e ai successivi incidenti occorsi durante la manifestazione del 3 luglio. Tutti i testi erano al comando del personale sia nell’una come nell’altra occasione.
I nodi su cui la difesa organizza le proprie domande vertono su diversi sostanziali punti: descrizione da parte dei testi del comando assunto, della posizione iniziale e degli spostamenti avvenuti nelle due date, organizzazione degli ordini ricevuti e impartiti, conoscenza delle ordinanze prefettizie e questorali, conoscenza dell’autorizzazione che prevedeva l’occupazione del terreno della Maddalena fino al 4 luglio rilasciata dal Comune di Chiomonte, contatti e trattative con amministratori e legali, conoscenza del destino occorso al campo di tende che sarebbero state rimosse all’indomani dello sgombero del 27 giugno ma che vennero vandalizzate, conoscenza di comportamenti illeciti da parte delle Ff.Oo. – lanci di pietre, lacrimogeni sparati ad altezza uomo, trascinamento e successive violenze perpetrate ai danni dei fermati.
Una questione rilevante è la diffusione dell’ordinanza prefettizia del 22 giugno – piena di omissis, come fa notare l’avvocato La Mattina: avrebbe dovuto raggiungere sia le autorità di PS sia le amministrazioni pubbliche e la comunità montana. È l’ordinanza contenente gli ordini di sgombero, le aree di attestazione dei reparti perché manifestanti e Ff.Oo. non entrino in contatto, o comunque le norme di ordine pubblico perché una manifestazione possa aver luogo. Ferrara lo dà per scontato, ma l’avvocato Bongiovanni ricorda come l’ordinanza venne consegnata soltanto alle 10,25 del 27 giugno. Dell’ordinanza in particolare Di Gaetano non ricorda, ma Mazzanti si trovò a discutere con gli amministratori la mattina stessa, quando cercò di farla valere per evitare un’azione di forza, mentre invece ad amministratori e legali l’ordinanza non era stata trasmessa per nulla.
Per tutti vengono ripercorsi ordini e spostamenti, condizioni particolari in cui gli eventi ebbero luogo, cariche effettuate e il loro mancato esito, ma su tutto si torna per ciascuno dei testi a chiedere dettagli per l’uso dei lacrimogeni. Autorizzati dal questore come extrema ratio per disperdere gruppi cospicui di manifestanti in situazioni che possono generare o hanno generato atti di violenza, sono sparati da tiratori in forza a ogni squadra, attraverso un dispositivo di lancio o a mano. Per tutti e tre i testi si è sempre e soltanto trattato di tiri corretti, a parabola; anche le immagini mostrate non lasciano loro adito a dubbi sulle traiettorie che le munizioni dovevano percorrere. Ma della quantità di munizioni sparate nei due frangenti del 27 giugno e del 3 luglio non si viene a capo. Soltanto il capitano Mazzanti si spinge un po’ oltre nella deposizione, ammettendo di conoscere il contenuto delle munizioni, il gas Cs, senza saperne specificare la composizione chimica, ma a nessuno risulta siano stati effettuati tiri ad altezza uomo; così come nessuno ha visto agenti lanciare pietre o altri oggetti verso i manifestanti. Del resto anche i manifestanti erano dotati di scudi, che fan sorgere negli avvocati della difesa domande relative al loro utilizzo: da che cosa e in che misura i manifestanti avrebbero dovuto difendersi.
Neanche delle tende che il movimento trova il 28 giugno saccheggiate e sventrate i tre testi sanno nulla. Mazzanti dichiara di esserne venuto a conoscenza successivamente ma nessuno ne ha avuto visione diretta. Di Gaetano specifica che finché si è trovato sul luogo può escludere qualsiasi episodio di danneggiamento. Gli accordi presi erano stati di lasciare che un primo trasbordo di tende e masserizie avvenisse la sera stessa dello sgombero e che ciò che restava venisse recuperato l’indomani.
Combattiva la Procura, che obietta a più riprese perché alcune domande della difesa richiamano temi già affrontati, quando pare si tratti di valutazioni e non di domande pertinenti o ritenendo di dover circoscrivere le domande alle sole giornate dei fatti: in più occasioni si rischia un diverbio con la difesa.