
di Massimo Bonato
Scorre una dozzina di testi prodotti dalla difesa. Tra essi spiccano i nomi di Laura Castelli, deputata M5S ora e consigliere regionale nel 2011, e Fabrizio Biolé, consigliere regionale del Piemonte dal 2010, sempre del M5S.
Si ricostruiscono i movimenti di ciascuno. Di chi conosce chi, di chi può riconoscere chi e soprattutto di come si sono svolti i fatti il 27 giugno e il 3 luglio 2011.
Chi conosce, tra i primi testi, Gabriella Avossa, non la indica come tra i partecipanti alla protesta sulla gola del tunnel, quando venne scaricato un idrante in direzione della ruspa con su montata la piza meccanica. Anzi, afferma il contrario di quanto si crede di intravvedere dalle fotografie in esame: non aveva un casco quel giorno, ma soprattutto non si era diretta verso il luogo in cui pare ritratta dalle fotografie.
Come da molte udienze ormai, i partecipanti allo sgombero della Maddalena del 27 giugno 2011, sono scelti tra coloro che lasciarono il paizzale per poco tempo, o che non lo lasciarono affatto. Il risultato è per i più il medesimo: non vennero visti soggetti “travisati” fuorché persone comuni che tentavano di proteggersi dal copioso lancio di lacrimogeni; non vennero visti lanci di pietre.
È quanto irrita il Pm Padalino, che a un passo dal dare in escadescenze rimbrotta la difesa che produce, a suo dire, soltanto testi la cui affidabilità è dubbia: non sarebbe cioè possibile trovarsi sul luogo degli scontri senza vedere sassi volare dal piazzale della Maddalena, senza accorgersi di persone travisate perlomeno da caschi, o senza scorgere l’estintore scaricarsi sul vano manovra del mezzo d’opera, trovandosi nei pressi della barricata autostradale.
Ma tant’è, chi ha visto ha visto, chi non ha visto non ha visto. Ciò che emerge oggi, come nelle passate udienze, è una serie di fattori identici per tutti: la pioggia di lacrimogeni piovuta sul piazzale che si credeva sicuro, il malessere diffuso prodotto dai gas che ha colpito perlopiù persone in età e famiglie (gravi problemi respiratori, problemi alla vista, vomito e nausea e sintomi perduranti nei giorni a seguire), il persistere del lancio anche dopo la fuga nei boschi, l’aggressione a inermi da parte delle Ff.Oo., e per chi si è trovato ad assistere all’attacco alla barricata autostradale, il pericolo che la pinza meccanica raggiungesse i manifestanti abbarbicati sulla barricata prospicente i pannelli frangivento.
A questo proposito, il collegio lascia intervenire Guido Fissore, esperto di movimentazione meccanica che dichiara come un mezzo d’opera di quelle dimensioni possa imprimere una forza di 35/40.000 kg/cm2. La pericolosità della pinza, per la forza impressa, è tale che le schegge prodotte dalla demolizione possono colpire a distanza come proiettili. I cantieri in cui normalmente avvegono lavorazioni di tal fatta devono per legge essere recintati sia perché la pericolosità dell’operazione in corso si esprime in prossimità sia per le possibili compromissioni prodotte da frantumi schizzati a distanza.
Ma il rilievo della dichiarazione resta da verificare.
Di pari interesse, quanto a fatica han potuto far emergere gli avvocati Colletta e Bongiovanni dalle parole di Laura Castelli, ovvero che non non esistesse allora come adesso un progetto definitivo per l’inizio dei lavori di cantierizzazione per i quali si rendeva necessario lo sgombero della Maddalena. Cosa che rendeva allora incostituzionale l’uso della forza per lo sgombero di un’area a più riprese certificata come autorizzata da un’autorizzazione comunale rilasciata dal Comune di Chiomonte a fronte del pagamento di un plateatico per occupazione di luogo pubblico.
Però, quel che interessano son le pietre. No i lacrimogeni lanciati, non il gas contenuto e i malesseri provocati, non la sopraffazione che giuridicamente non avrebbe avuto giustificazione ma le pietre.
Così – rileva l’avvocato Vitale all’appunto del Pm – nessuno dei testimoni dell’accusa ha scorto comportamenti riprovevoli nelle Ff.Oo.
Il faccia a faccia continua.
M.B.06.05.14