
di Davide Amerio.
Aldo Giannuli, persona preparata e intelligente che appartiene alla categoria ristrettissima dei “veri” giornalisti, ha scritto una riflessione sul Movimento Cinque Stelle. Essendo le sue osservazioni non pregiudiziali meritano una risposta.
Concordo su una considerazione: sul piano politico il movimento è “adolescente”, con tutte le potenzialità, le ansie “ormonali” e le contraddizioni che questo comporta. Ma è un “ragazzo” speciale: è cresciuto senza genitori (le ideologie) e si trova nella condizione di dover affrontare una crescita forzata – e rapida – dettata dagli eventi che incombono. Contrariamente alla facilonerie intellettuali che vogliono rinchiuderlo nell’ambito del “populismo”, governato da un duo semi dittatoriale – dentro il quale beoti ingenui sono soggiogati dai guru, – la storia del movimento è ricca di spunti umani, politici e sociali come non si vedeva da almeno trent’anni in questo paese.
La riprova ne è la varietà delle storie politiche personali (desta, sinistra, centro, a-partitica) che sono in esso confluite. In comune condividono alcuni principi, o valori – potremmo azzardarci ad affermare, – orfani (anche questi) di una casa politica che li sostenga con coerenza.
Ecco perché è possibile, oggi, partecipare a una riunione di “attivisti” nella quale convivono, per esempio, l’agricoltore, l’operaio, l’impiegato, il professionista, il commerciante e il piccolo imprenditore; tutti quanti animati dal desiderio di partecipazione, senza abbandonare le proprie peculiarità, ma consapevoli che senza uno “spazio” comunitario e un’armonizzazione dei reciproci interessi la società collassa.
Questo”humus” eterogeneo ha trovato in Beppe Grillo il primo (e unico) portavoce che ne rappresentasse, le idee, i valori e le parole. Un affermato comico ha preso sulle proprie spalle un peso di cui nessun’altro si è fatto carico. Con la sua intelligenza, e con i suoi limiti di soggetto non-politico, ha dato la voce a un movimento cui nessun altro “politico” di “mestiere” aveva interesse.
L’esegesi del M5S deve considerare l’anomalia che questo rappresenta nel panorama politico italiano e la tenacia – e i timori, – con cui esso si è legato ad alcuni principi.
La quasi “ossessione” per la coerenza, l’onestà, la trasparenza, l’anti leaderismo, l’avversità alle strutture organizzative gerarchiche, è figlia non di un banale “populismo” – come alcuni vogliono far credere, – ma della totale mancanza di credibilità che hanno assunto i “politici professionisti” e le loro organizzazioni negli ultimi 30 anni.
La contrapposizione del movimento alla politica “tradizionale” – a ciò che purtroppo oggi essa rappresenta, – è quella esistente tra “comitati di affari”, locali, nazionali o sovranazionali, e una comunità civile e democratica. Il M5S nasce dai territori e si sviluppa a fianco dei molti altri “movimenti” sociali che li difendono, insieme alla salute pubblica, ai beni comuni e all’ambiente.
Questo senso di comunità, e la sua importanza, è talvolta sconosciuto agli stessi simpatizzanti del movimento. Conflitti interni nascono e si scontrano sulle interpretazioni dei principi definiti con la nascita del M5S. Su questo ha ragione Giannuli. Ci sono “valori” che partoriti emozionalmente dalla “rete” oggi necessitano di una rivisitazione e di una chiarificazione.
Per esempio, il principio “dell’uno vale uno”, ha il significato “rivoluzionario” di voler realizzare ciò che viene definito dal termine “democrazia” e dall’assunto “liberale” per il quale a ciascuno devono essere garantite pari opportunità. Tutti i cittadini possono concorrere alla competizione politica e devono essere messi nelle condizioni di potersi esprimere sulle scelte che rigurdano la loro vita.
Un chiarimento su questo punto dovrebbe illustrare che “uno vale uno” non è un “egualitarismo” in chiave sovietica; non siamo tutti Di Maio o Di Battista; ci deve essere data la possibilità di diventarlo assecondando le personali capacità, predisposizioni e attitudini; ma non è detto che siamo in grado di esserlo e possiamo, dobbiamo, ambire ad altri ruoli a noi più confacenti. D’altro canto è questa convinzione di eguaglianza che ci ha consentito di conoscere Di Maio, Di Battista e le centinaia di altri cittadini eletti nelle istituzioni che oggi sono apprezzati, anche a livello internazionale, per il lavoro e l’impegno. Domandiamoci: quante persone di questo “calibro” sono presenti in Italia e aspettano di essere portate alla luce per offrire il proprio contributo al paese?
Qualcuno obbietterà che siamo tutti esseri umani e che l’ambizione ci spinge ad agire in modo diverso dai principi che professiamo. Vero. E questo è proprio il punto in cui la “coerenza” (e il suo “peso”) entrano in gioco. Se si vuol fare la differenza è necessario essere differenti nel modo in cui si guarda alle cose del mondo e nel modo di agire. Questo certamente non è chiaro nemmeno ad alcuni attivisti del movimento stesso. Quando ci furono le espulsioni si fece un gran baccano mediatico contro la “dittatura” interna al movimento. La storia politica dei fuoriusciti con doppi e tripli salti carpiati da una formazione politica all’altra, alla ricerca del miglior offerente o della posizione più vantaggiosa, mette una pietra tombale su quelle critiche ipocrite.
Certo scegliere le persone non è mai un’operazione facile; non sono sufficienti l’onestà e il curriculum: non esiste un esame del sangue o del DNA che mi dica se tizio è onesto e si manterrà tale. Si procede per tentativi ricercando il metodo che garantisca il miglio risultato. La differenza sostanziale (e coerente) è la filosofia del movimento: se tizio sbaglia, ruba, non è all’altezza del compito, non mantiene gli impegni assunti, viene dimesso e non “promosso”.
La coerenza non è una strada dritta cosparsa di fiorellini bensì un sentiero irto e periglioso per raggiungere un obiettivo, e richiede sovente lo spostamento della direzione del cammino (come per i sentieri di montagna) ma senza perdere di vista la meta. Non si può prescindere dalla fedeltà agli obbiettivi e agli impegni assunti.
Non concordo con Giannuli quando chiede l’abolizione del vincolo per il quale un parlamentare non può dimettersi per candidarsi a sindaco o altra posizione.
Se così fosse eleveremmo nuovamente la leadership a principio supremo accontendandoci di raccogliere voti per governare a qualunque costo. Le storie sui territori ci dimostrano invece che da essi, lavorando sulla partecipazione, è possibile far crescere persone degne di entrare nelle istituzioni a rappresentare i cittadini. Non tutti i territori viaggiano con lo stesso ritmo. Se a Torino è stata presentata una splendida candidata (Chiara Appendino) che fa tremare i polsi all’intero PD, ciò è frutto di un lavoro sul territorio dove centinaia di attivisti si sono prodigati nel crescere e maturare esperienze politiche e istituzionali. Questa candidatura è “sentita” sul territorio e “vissuta” con partecipazione proprio perché scelta dai cittadini e non calata dall’alto.
Credo il M5S abbia in altri momenti dimostrato che sa scegliere candidati validi e credibili nei posti chiave istituzionali, con persone che non sono del movimento (si veda la candidatura di Carlo Freccero alla Rai). Opinabile quella della Corte Costituzionale (che non piace a Giannuli) ma che ritengo adeguata al contesto politico nel quale è maturata (ovvero lo schifo delle nomine partitiche che occupano tutti gli spazi istituzionali).
Concordo piuttosto con la necessità di migliorare la struttura organizzativa – per la quale non provo nessun “orrore”. Anche questa però non deve perdere di vista i fondamenti del movimento. E non è cosa propriamente facile. Ugualmente dicasi per la comunicazione, che ha già subito miglioramenti, ma necessita di maggior sintonia tra il centro e la periferia. Margini di ottimizzazione ci sono nella comunicazione verso l’esterno anche, e sopratutto, nella gestione dei siti web (dove comunque novità importanti sono state messe in opera). Concordo sulla necessità di una definizione di posizioni politiche specifiche sulle quali il paese attende una risposta e una proposta.
Su questo punto deve essere però ribadito che esistono laboratori politici tematici sui territori, dove attivisti dedicano tempo e risorse allo studio dei problemi locali e non, alla formulazione di proposte, e queste sono oggetto degli interventi nelle aule istituzionali. Ma non solo. L’operatività del sito “Sistema Operativo” consente agli iscritti del movimento di leggere, criticare, migliorare, le proposte di legge preparate dai parlamentari.
Sarei quindi un po’ più generoso con i “miracoli” compiuti da questo movimento rispetto alle bassezze cui è giunta la politica italiana. Ci aspettiamo, e pretendiamo, molto dal M5S. Occorre l’indulgelza che si concede a chi sta crescendo pur pretendendo il rigore degli strumenti utili a perseguire gli obiettivi (il fine non deve giustificare i mezzi perché sono questi a prefigurare i fini).
Occorre la partecipazione dei cittadini, e anche che alcuni simpatizzanti/attivisti siano più consapevoli di questo impegno e non vincolino “l’uno vale uno” all’immagine di ciò che essi ritengono debba essere il M5S. Ben vengano le osservazioni e le critiche ma senza perdere di vista i principi costituenti. Questi rappresentano, nel loro insieme, un cambiamento “culturale” nel modo di intendere la politica, riportando il cittadino al centro della scena con i suoi diritti ma anche i suoi doveri. Perché la libertà “autentica”, come diceva Kant, c’è quando le nostre azioni si conformano a ciò che è “giusto” fare, a priori, non in dipendenza delle nostre convenienze personali. Su questa libertà possiamo tornare a costruire una democrazia, degna di questo nome, sotto il cielo della Costituzione “più bella del mondo”.
(D.A. 06.02.16)