Una disamina realistica dei risultati elettorali dice che l’opposizione all’Alta Velocità è più ampia e radicata di prima. Le appartenenze politiche vanno lette nel contesto sociale locale.
Checchè ne dica un neosenatore a breve termine, sempre disponibile a manipolare i dati e le informazioni per soddisfare le proprie ossessioni, il voto della Val Susa ai Cinque Stelle è stato realmente uno tsunami che vale come un vero e proprio referendum sul Tav e sullo sfascio portato dai partiti al territorio. Perché se ad occhio superficiale e tendenzioso la somma dei voti dei partiti sembra premiare un improbabile sì alla Torino-Lione, la trasversalità dell’opposizione al progetto fa giustizia di quell’interpretazione. Non solo infatti bisogna guardare alle percentuali “bulgare” dei Cinque Stelle ma ricordare le seguenti componenti dello schieramento contrario all’Alta Velocità:
a) L’area Pd di Sandro Plano e Biancheri (a quando il divorzio dal loro partito?)
b) I tantissimi No Tav astenuti (come preannunciato da vari documenti e pronunciamenti dell’area più ideologica e antistituzionale del movimento)
c) I voti di Ingroia
d) I voti di Sel (che a Torino e provincia è No Tav)
e) La piccola ma indicativa contaminazione No Tav in ambienti semiclandestini della destra (Lega) in certi paesi della Valle.
Per non considerare che la grave sconfitta elettorale del primo partito del fronte Tav, cioè il Pd, parla da sé; basti pensare al 30% di voti persi a Susa che non è esattamente un covo di No Tav, La folla al comizio di Grillo avrebbe dovuto far riflettere.
Con risultati come quelli ormai noti, i pochi Comuni ancora in mano a sindaci Sì Tav sono destinati entro l’anno prossimo a cambiare amministrazione rendendo il fronte No Tav praticamente totale. Si dirà probabilmente un addio definitivo alle Amprino e ai Ferrentino. E allora la forzatura della soluzione militare diverrà ancora più evidente, innegabile. (F.S. 1.3.2013)
Guarda video delMovimento 5 Stelle a Susa: