
di Manfredo Pavoni Gay
A 4 giorni dalla votazione alla camera per l’impeachment della presidente Dilma Roussef migliaia di persone sono accampate a Brasilia la capitale dello stato brasiliano per la democrazia e contro il golpe. “Nao vai ter golpe” si legge nelle università occupate, nei teatri popolari e in tantissimi eventi e mobilitazioni che attraversano il Paese, nonostante gran parte dei giornali italiani scrivono, che il 63% dei brasiliani è a favore dell’impechment. Forse, condizionati dalla stampa imbavagliata della Rete Globo, che controlla gran parte dell’informazione, dal mio modesto osservatorio qui a Salvador de Bahia vi posso dire che non è così. Nei settori progressisti della società nel movimento Sem Terra (due milioni di famiglie) nel movimento Sem Techo, nelle comunità contadine tra il Movimento Nero, nelle università pur con tutte le critiche a questo governo e ai fenomeni di corruzione che in verità colpiscono molto più la destra del PSB (Partito Socialista Brasileiro) e il PMDB (Partito dela democrazia Brasileiro), c’è una consapevolezza forte, che abbattere l’unico governo progressista, che ha governato il Brasile per 10 anni, sarebbe una sorta di golpe soft. Già accaduto negli anni passati in Paraguay e in Honduras con la destituzione dei presidenti eletti democraticamente.
Nel fine settimana come annuncia Antônio Pereira del coordinamento nazionale del MST (Movimento Sem Terra), arriveranno circa 150 mila persone da tutto il paese e anche da altri paesi latinoamericani per dire il loro NO al golpe. Come sostiene il leader dei Sem Terra si tratta di um golpe non contro Dilma o Lula, ma contro la classe dei lavoratori e le conquiste, che sono parecchie, fin qui ottenute. Conquiste che la lobby economico e affaristico che oggi detiene la maggioranza nel Congresso, vorrebbe cancellare per soddisfare gli appettiti neo liberali della classe dominante. Parliamo del salario minimo, che 10 anni fa era 50 dollari oggi 300, parliamo dei diritti del lavoro, borsa familiare, della spesa universitária, che era salita del 120% grazie all’apertura delle universita nelle regioni più isolate, ed oggi gratuita, parliamo del programma “Brasil sin fronteira” che ha permesso a migliaia di brasiliani di studiare 6 mesi all’estero a spese del governo, per non parlare dei programmi in favore ai quilombo e dei contadini senza la terra.
La sensazione assai difusa è che questi sono i veri obbiettivi del tentativo di impeachement. Il golpe marcherà un brutale retrocesso in tutti questi settori in una società che aldilà delle cose positive fatte dal governo del Pt, non è stata intaccata nei suoi assetti strutturali. La mancata riforma agraria, la tassa sulle grandi rendite e sulle grandissime proprietà della terra, vede ancor oggi migliaia di ettari in mano a 300 famiglie in un Paese che è 27 volte l’Italia. Va da sè che quelle piccole riforme e miglioramenti fatti dal governo del Pt non sono digeribili da una classe proprietaria che risente dell’impostazione schiavista che ha segnato per 350 anni il paese. Per molti Bianchi ricchi trovarsi accanto a un afrodiscedente in un ristorante o in un aeroporto o sapere che grazie alle quote, neri e indigeni sono entrati per la prima volta all’università non è sopportabile. Mi viene in mente pensando a questa borghesia conservatrice la canzone di Fausto Amodei poi rifatta dai Modena City Rambler quando diceva “Anche l’operaio vuole il figlio dottore e pensi che ambiente che può venir fuori…”
Come scrive Leonardo Boff, il popolo brasiliano non ha bisogno di un cambio di marcia conservativo gestito da coloro come Telmer e Aecio Neves del PSB che sono secondo investigazioni i più corrotti tra i politici. “Vogliamo un Brasile diverso da quello che abbiamo ereditato, domocratico includente giusto e sostenibile”. Per una manciata di 35 deputati domenica 17 aprile Dilma Roussef potrebbe essere estromessa. Lula indagato, anche se su di lui non ci sono attualmente prove, a parte l’accusa di avere una casa al mare di tre locali e una a Bernardo do Campo, dove abita, di 5 locali. La sensazione è che milioni di brasiliani scenderanno in piazza e occuperanno strade, scuole, università per difendere quel poco che duramente è stato conquistato e c’è il rischio di una paralisi del Paese. La crisi non fa certo comodo alle lobby degli affari dell’agrotossico della Monsanto e delle banche private. La partita credo è ancora tutta da giocare e non si concluderà con un passaggio istituzionale o una votazione formale.
M.P.G 14.4.16