Littizzetto pessima battuta o attacco politico?

Luciana Littizzetto a "Che tempo che fa" recita un monologo che termina equiparando la cacca al M5S. Battuta infelice o parabola discendente di un'artista?

di Davide Amerio.

È un terreno scivoloso quello della satira. Ricorda i pavimenti cosparsi di sapone di “giochi senza frontiere” di una volta. Gli atleti cercavano di correre veloce ma scivolavano e cadevano inevitabilmente. Luciana Littizzetto mi piaceva. Le rare volte in cui guardavo “Che tempo che fa” era per ascoltare le sue acrobazie satiriche; la sua capacità di dileggio e scherno ricca di un retroterra culturale non indifferente. Piacevoli i suoi testi scritti con amara intelligenza nell’analizzare lo scontro tra il mondo maschile e quello femminile. Poi sopravvenne la noia, come per tutte le cose, anche quelle più divertenti, che si ripetono sempre uguali a se stesse. Lo schema del presentatore con l’aria da bravo ragazzo impacciato e un po’ cretinetti – e qui Fabio Fazio regala interpretazioni da Oscar, – che subisce l’adolescente cinquantenne irrequieta e scanzonata flagellatrice degli altrui costumi e vizi.

La satira è pungente, a volte un vero fendente, mai apolitica; di fatto compie scelte precise e la sua opera di messa in ridicolo del “potente” o dell’avversario deve essere libera per ricordarci che la libertà vuol anche dire ascoltare cose difficili da digerire.
Può aiutarci a capire le debolezze, smascherare bugie e ipocrisie. Mostrarci il vero volto di qualcuno o farci sorgere il dubbio su determinate argomentazioni. A chi fa satira riconosciamo l’importanza del ruolo degli antichi “giullari” irriverenti nei riguardi dello stesso sovrano. La libertà di dire che “il Re è nudo” senza dover essere perseguito e condannato. Giocando su un terreno, quello della satira appunto, cui altri non possono accedere.

L’uscita della Littizzetto sul Movimento Cinque Stelle lascia pertanto molto perplessi. Una battuta infelice, molto infelice? Una considerazione politica inequivocabile? Il desiderio di usare la propria posizione televisiva per levarsi qualche sassolino dalla scarpa?

Negli ultimi tempi tra il pubblico è sorto un qual certo malumore nei confronti di artisti che nell’era berlusconiana, a fronte di lauti compensi, si sbracciavano e fustigavano la politica e i costumi a colpi di satira feroce o quantomeno con riflessioni sagaci e intelligenti (ricordate… la nostra Costituzione? La più bella del mondo! proclamava Benigni). Nella nuova era, quella renzusconiana, i fustigatori di quell’altra sono per lo più scomparsi, inghiottiti in un buco nero (probabilmente bancario alimentato dalle prebende percepite) e ne sono rimasti davvero pochini in circolazione.

Al pubblico più attento e politicamente impegnato – se non altro nella ricerca di una informazione alternativa decente, – questo fenomeno non è sfuggito e i paladini di ieri vengono scherniti, dileggiati e presi di mira da quel pubblico del quale avevano ricevuto i favori.

Nel pezzo della Luciana si sente un ragionamento che parte da un riferimento del quotidiano “Libero” dove si afferma che le stelle non sono altro che gli escrementi dello spazio. Dopo un paio di passaggi piuttosto banali (e noi che chiedevamo alle stelle…) giunge a dedurre che se le stelle sono cacca non può non esserlo un movimento che fa ad esse riferimento.

O è la peggior battuta della Littizzetto a corto di fantasia e di argomenti, oppure è un messaggio politico sprezzante e di basso profilo trasmesso in televisione da una signora che riceve compensi attraverso un canone pagato anche da chi ha votato il M5S.

Forse scopriremo tra qualche giorno la vera motivazione. Di certo questo è uno brutto scivolone, una caduta di stile che però potrebbe non stupire visto il taglio mediatico servile dell’intera trasmissione, già nota per le sinfonie di sudditanza regalate da un Fazio sempre prono di fronte ai potenti intervistati.

Un fatto è certo: i “comici” che fanno satira o si evolvono, o sanno mantenere un distacco dal “potere”, oppure se la loro “spada” è utile al Re di turno la loro parabola discendente è certamente assicurata venendo meno alla loro funzione propriamente politica.

(D.A. 24.10.15)