L’Italia post ideologica in cerca di utopie introvabili

Italia: Dal contratto M5S-Lega all'accordo M5S-PD. Tutto è possibile nel mondo post ideologico, ma delle utopie che resta? Davvero sta cambiando il vento in Europa?

di Davide Amerio.

Confesso che l’Italia del 2019 è un paese che mi dà smarrimento. Sarà l’età che avanza e con sé porta … saggezza? Rincoglionimento? Ecco, il punto è proprio questo: attorno a me vedo, e ascolto, granitiche certezze; ciascuno possiede la sua, mentre io coltivo dubbi, e proprio in questa selva di verità antitetiche non trovo più un percorso che offra risposte soddisfacenti.

Trascorro molto tempo sui libri, cercando di capire il senso e le ragioni delle cose che accadono. Le ragioni storiche, politiche, sociologiche, di questa realtà umana confusa, che nel post ideologico sguazza e annaspa, cercando utopie a cui aggrapparsi, ma senza riuscirci.

Così, se scrivo che, dal mio punto di vista, il M5S non esiste più, sostituito da un altro soggetto politico, che possiamo chiamare Dimaioleggio, coniugando Di Maio con Casaleggio, ecco che mi ritrovo ad essere accusato di “integralismo”, di essere un pensatore di sinistra, che vuole condannare il movimento all’insignificanza politica.

E su Casaleggio mi viene specificato che “non conta nulla”. A me rimane un dubbio: come fa a non contare nulla un tizio che impone contrattualmente un prelievo forzoso di 300 euro mensili dagli stipendi dei deputati pentastellati, e partecipa a tutte gli incontri dei “vertici” dei Cinque Stelle?

Altri mi chiedono perché scrivo queste cose, cosa “mi è successo”, facendo di me un immediato eretico del pensiero grillino. Poi sopraggiungono quelli che il movimento non l’hanno mai digerito, han sempre votato per formazioni che si sono sciolte il giorno dopo le elezioni, ma sono pronti a farti la morale, perché loro “han sempre saputo” di che pasta erano Grillo e il suo seguito.

Se faccio una battuta su FB perché non condivido l’orgiastica eccitazione di alcuni liberali (ex radicali) per la proposta di Salvini di indire un referendum per trasformare l’attuale sistema elettorale (una porcheria) in un sistema maggioritario… mi becco del “cazzone” (grillino).

Eppure, a me pare che una forza politica (Lega) che ha votato tre leggi elettorali, parzialmente incostituzionali, ed è autrice di una in particolare (Porcellum), non sia proprio il miglior candidato affidabile cui rivolgersi per attendersi un cambiamento verso il sistema maggioritario.

In questi giorni ho ascoltato due interviste interessanti su Byoblu di Messora. La prima a Francesco Forte, economista, accademico, ministro socialista ai tempi di Craxi. La seconda all’economista Alberto Bagnai, anche lui economista e accademico, oggi politico nella Lega, ben noto per le sue posizioni anti-euro (se così le vogliamo definire).

Di Forte ho apprezzato la lucidità e la capacità espositiva: considerando i suoi attuali 90 anni c’è di che invidiarlo, e pregare per giungere a quell’età con altrettanta vivacità intellettuale e dialettica.

Bagnai mi ha impressionato per la sua confessione di essere un uomo di sinistra che, con dolore, ha dovuto prendere atto come il suo non essere conforme, al pensiero unico europeista, lo ha condotto a un isolamento, che si è rivelato, alla fine, la sua fortuna.

I due interventi, in estrema sintesi, dipingono un quadro noto, che conferma gli errori grossolani commessi con l’adesione all’euro: la separazione del Tesoro dalla Banca d’Italia (compiuto troppo in fretta); la deindustrializzazione italiana (per barattare l’ingresso in Europa), l’enfasi eccessiva sul debito pubblico (austerity), e la sottovalutazione del debito privato (banche).

Questo racconto trova oggi conferma nel diverso atteggiamento che “pare” guidare l’Europa e le sue burocrazie. E sottolineiamo il “pare”.

Il dubbio è proprio questo: siamo di fronte a una nuova stagione europea, che ha preso coscienza dei propri errori, o assistiamo a una nuova narrazione “buonista” che cerca di recuperare il consenso degli elettori che tendono a rafforzare la “deriva” così detta populista?

E in Italia, questo connubio PD-M5S reggerà all’urto delle ipocrisie politiche interne? Probabilmente sì!

In questi giorni ne abbiamo avuto un primo assaggio con la votazione che salva l’ennesimo parlamentare inquisito, e annulla le intercettazioni telefoniche a suo carico.

Il partito trasversale dell’impunità è vivo e vegeto. Un secolo fa il M5S sarebbe salito sulle barricate. Il Dimaioleggio ne prende atto, e chiede timidamente il voto palese (stai fresco!). Probabilmente, la prossima volta, quando non verrà sicuramente concesso (mica sono scemi), avremo un nuovo “Ahimè” di Morra, che ci racconterà che loro avrebbero voluto (come per il Tav)… ma non è stato possibile.

Il mio dubbio è che all’insignificanza non ti condanna la critica, che vuol essere costruttiva, ma l’accondiscendenza e la mancanza di una identità nella quale gli elettori si possano riconoscere. In questo senso, dopo la corrosione dei voti subita per mano della Lega, quella per mano del PD sarà la logica conseguenza di un movimento trasformatosi in partito (con non pochi vizi della “vecchia” politica), incapace di essere realmente alternativo al sistema.

Tra la narrazione rude, volgare, profondamente populista, di Salvini, che mette in gioco le madonne, e solletica le più basse pulsioni popolari, razziste e autoritarie; e quella degli amorevoli sensi, festosa gaiezza, fulgida e poetica bramosia del nuovo, dell’unione piddini-dimaioleggesi… non so decidermi quali sia la più pericolosa.

E, per equità, non possiamo dimenticare che su questo secondo fronte non mancano i baciatori di ampolle.

Tertium non datur.

Nel mezzo un paese che non riesce a immaginare di essere migliore, non ha la volontà per esserlo, oppure (come suggerisce anche Bagnai), è stato convinto da una narrazione di sinistra che non merita nulla, e quindi reagisce scompostamente.

Italia abbruttita, incarognita, dove scompare il dialogo politico, ma permane il tifo da curva. Sputi, insulti, denigrazioni, derisioni. Come disse il prof. Ugo Mattei: molta gente si è convinta che far politica sia mettere dei Like su facebook. Oppure, aggiungerei, trattare l’interlocutore come un decerebrato, urlandogli contro.

Il problema non è FB, bensì l’ignoranza, perché di questo si tratta, dell’offerta culturale che può offrire la rete. Forse è la volontà che manca; forse è il tempo a disposizione; o forse è semplicemente la capacità di essere ancora curiosi, per guardare al mondo con lo sguardo del fanciullo che vuol conoscere.

A me restano solamente tanti, meravigliosi, dubbi.

(D.A. 20.09.19)