
di Davide Amerio.
Sovente come cittadini ci domandiamo come mai certi servizi elementari non funzionano, perché continuiamo ad avere un debito pubblico sempre così alto e in crescita, perché ci sono cantieri infiniti come la Salerno-Reggio Calabria. Da qualche anno sentiamo parlare insistentemente di “opere strategiche” e di contestazioni, talvolta pesantemente conflittuali. Il cittadino si sente smarrito e, a meno che non sia a conoscenza diretta di cantieri nel suo territorio e di ciò che questi comportano, si disinteressa e non ci fa caso. D’altro canto i mezzi di informazione principali si guardano bene dallo spiegare quali sono i meccanismi che realmente bloccano questo paese.
A porre un po’ di luce, e rimedio, su queste zone grigie, e fin anche nere, dell’Italia, sta provando il M5S con un disegno di legge al Senato che ha come primo firmatario il senatore Marco Scibona ed è stato scritto in collaborazione con il WWF Italia. Il tema sono le così dette grandi opere, magnificate dai governi di destra e di sinistra come “strategiche”, molto poco realizzate e a costi esorbitanti.
Ieri a Torino, presso la sede regionale del M5S, la consigliera regionale Fancesca Frediani, Marco Scibona e Stefano Lenzi (Responsabile Ufficio relazioni istituzionali del WWF Italia) hanno illustrato questo disegno di Legge che ha come scopo il superamento della “Legge Obiettivo“. Questa legge fu promulgata nel 2001 dal secondo governo Berlusconi per semplificare le procedure di realizzazione delle opere pubbliche. Non è mai stata cambiata dai governi di sinistra e recentemente il Presidente dell’Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone l’ha definita una legge “criminogena”.
Giustificando la necessità di semplificare le norme per la gestione degli appalti pubblici e per le grandi opere, sino al 2001 regolate dalla Legge Merloni scritta dopo gli anni di Tangentopoli, si è di fatto derogato da tutti quei controlli, e quelle verifiche, che consentivano una valutazione economica, ambientale, del rapporto costi/benefici, delle alternative possibili, per comprendere, in fase di progettazione, se avesse senso o meno costruire l’opera.
Sui nuovi meccanismi già si era espressa negativamente la Corte dei Conti nel 2005 nel rapporto sull’Indagine sullo stato di attuazione della Legge Obiettivo. L’Ing. Ivan Cicconi l’anno scorso, nel convegno sulle Grandi Opere tenutosi a Torino, aveva ben illustrato gli effetti perversi di questa legge che crea la figura giuridica del General Contractor cui vengono delegate tutte le funzioni di progettazione ma sopra tutto di controllo. Il caso classico del controllore che controlla se stesso. Gli effetti di questa impostazione sono evidenti negli sviluppi giudiziari degli anni successivi sino ai più recenti dove le Grandi Opere sono state definite il “bancomat della politica“.
Contrariamente a quanto annunciato, l’effetto di questa legge è stato l’aumento dei costi delle opere (dal 400% sino al 800%) con ripercussioni pesanti sul debito pubblico che graveranno sulle generazioni future. Nel dicembre 2001 erano previste 115 opere da realizzare per un costo complessivo di 125,8 miliardi di euro. Il numero attuale è salito a 419 per un valore di 383,9 miliardi con il costo triplicato a dicembre 2004 rispetto a quanto previsto nel 2001. Se il governo Monti non avesse abbandonato il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, il computo si dovrebbe maggiorare per la spesa di altri 8,5 miliardi.
Ciascuna di queste opere è stata definita “strategica”. In questo modo sono stati evitati i controlli e i pareri degli stessi ministeri. Tutto deciso dal CIPE a maggioranza dei suoi membri e le valutazioni sono fatte sui progetti preliminari, non su quelli definitivi. Il resto è in mano al General Contractor che a mezzo dello strumento del Project Financing cerca di reperire risorse finanziarie da privati emettendo obbligazioni garantite dallo Stato (quindi se mancano soldi paga Pantalone!) e può gestire anche la totalità dell’opera attraverso sub appalti senza alcuna evidenza pubblica e senza controllo da parte dello Stato sull’esecuzione dei lavori. L’analisi del M5S evidenzia che questo modo di procedere ha comportato una crescita del volume di affari del 70% per alcune grandi aziende, tagliando fuori la maggioranza degli operatori medio piccoli di settore sul territorio.
Stefano Lenzi ha ricordato che l’ingresso dell’Italia nell’euro rischiò di essere compromessa dal fatto che Tremonti tenne fuori dalla contabilità nazionale i conti dell’Alta Velocità che, non a caso, sono la voce maggiore all’interno delle G.O. considerate strategiche. Romano Prodi con il ministro Visco dovettero porre rimedio. Ma ciò indica inevitabilmente che l’incidenza degli eccessivi costi dell’AV in Italia (da 2 a 6 volte i costi in Francia e Spagna) mettono seriamente a rischio il bilancio dello Stato distogliendo risorse importanti per i servizi del Welfare.
Il disegno di Legge del M5S propone un cambio di rotta radicale seguendo le indicazioni del Presidente Cantone e dello stesso ministro Delrio. Il ripristino delle regole antecedenti la Legge Obiettivo è quanto mai necessaria per riportare trasparenza nelle procedure di realizzazione e il rispetto della legalità. Secondo questa proposta le opere da realizzare devono essere decise in base a criteri di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. La conferenza dei soggetti interessati deve tornare ad avere voce in capitolo, pur salvaguardando le funzioni del CIPE. Si devono rafforzare le procedure di impatto ambientale e di valutazione ambientale strategica, nonché la tutela dei beni culturali e del paesaggio. Infine viene rimarcata la necessità di un ampliamento del dialogo tra cittadini e istituzioni.
Una sfida importante e difficile per combattere quel “imbarbarimento pianificatorio e progettuale generalizzato”, come l’ha definito il WWF Italia, che ha consentito, più che la realizzazione di opere, la corruzione e il malaffare il cui “costo” economico incide per almeno il 40% sui costi complessivi.
(D.A. 05.09.15)