L’acqua perduta in Clarea

di Gabriella Tittonel

Vi fu un tempo in cui, alla Maddalena, c’era una sorgente. La conoscevano già gli abitanti di seimila anni fa, che in questo luogo abitarono, trovando casa dentro grandi caverne  create dalla geometria di grandi massi. Gli stessi che un giorno, a causa di chissà quale evento, spostandosi, distrussero parte del sito abitato, lo sotterrarono, e questo fatto tragico permise però  ai futuri umani dei giorni nostri di poter conoscere antichi stili di vita.

Gabriella_47_no tav Clarea 6 3 2014 036La stessa sorgente, viva per millenni, terminò la sua corsa quando fu costruita l’autostrada che serpeggia lungo tutta la valle e unico rimase, più in basso, un ruscello, prezioso per il bosco intorno, ruscello che, attraversando la conca della Clarea, proprio dove ora è iniziato il cantiere del tunnel geognostico dell’alta velocità, andava a congiungersi con il torrente Clarea. Torrente che fino agli anni ’30 s’allargava sulla conca stessa e che poi fu spostato  più a est.

Ma da qualche tempo anche il ruscello è sparito, succhiato dalle ganasce metalliche della ruspa e anche nelle vasche di raccolta a fianco del Campo della Memoria l’acqua non c’è più.

L’acqua se ne va. Non c’è sorpresa in questo, da tempo chi sta opponendosi all’inutile opera lo sta dicendo.

Non più sorgenti, non più ruscelli d’acqua limpida.

Oggi, nel cantiere tenuto in piedi da quantità incredibili di cemento che s’annidano in tutte le fibre del suolo distruggendolo, i ruscelli sono altri, quelli che scorrono dentro la galleria, quelli che scendono lungo le pendici delle fittizie colline di terra, acque di risulta dalla lavorazione delle trivelle, acque che si disperdono nel terreno, che arrivano al torrente, nelle gorge della Dora attraverso il lungo tubo di raccolta… Acqua e oli, acqua e miscele di acidi che dovrebbero contrastare pericolosi elementi immessi… acqua che dovrebbe essere vita per pesci, animali del bosco e poi umani…

Aria dalle nanoparticelle, acqua dai micro elementi tossici… questo il gran sogno, meglio, il gran delirio, della modernità che non tiene conto di come tutti stiamo navigando sulla stessa navicella nello spazio, dove l’acqua corre tra monti e oceani e l’aria si affida alle nuvole viaggiatrici.

Sarebbe bene pensarci molto seriamente prima che sia troppo tardi per tutti. Un portafoglio gonfio in tasca di qualcuno non potrà mai pagare il prezzo di tante vite umane sacrificate.

Gabriella Tittonel

14 marzo 2014