La sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli

La predazione del pianeta è di fatto la sua distruzione, ieri lenta, oggi rapida, domani inarrestabile. Questa distruzione ha un nome: ecocidio, distruzione del vivente. La sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli sarà domenica ad Almese

La sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli[1] sui “Diritti fondamentali, la partecipazione delle comunità locali e grandi opere” non la conosciamo ancora, ma già sentiamo che gli argomenti che leggeremo aiuteranno la nostra lotta, le nostre lotte. Le nostre lotte di cittadine e cittadini contro la colonizzazione dall’interno, cioè contro l’imposizione nei vari Stati di un modello economico che promuove la divisione ingiusta delle ricchezze e la predazione del pianeta. Dove le grandi opere inutili e imposte sono uno dei paradigmi. La colonizzazione dall’interno di oggi è la prosecuzione di quella coloniale e neo coloniale, che avveniva e avviene dall’esterno[2], ossia quella portata avanti dai paesi occidentali a danno del sud del mondo.

La predazione del pianeta è di fatto la sua distruzione, ieri lenta, oggi rapida, domani inarrestabile. Questa distruzione ha un nome: ecocidio, distruzione del vivente.[3]

Vi è dunque la necessità di fermare l’ecocidio, crimine compiuto quotidianamente sotto i nostri occhi dai governanti, da chi presiede gli enti pubblici o le aziende private, con atti deliberati di predazione delle risorse del pianeta, per l’arricchimento delle “nazioni” o di imprese pubbliche e private. Questi crimini sono compiuti da persone fisiche, con nome e cognome e responsabilità riconoscibili, attraverso le decisioni che assumono durante i loro mandati. E le colpe di queste persone non possono essere attribuite al corso della politica perché, come ha scritto Hannah Arendt, “La politica non è un rifugio: in politica obbedire e appoggiare sono la stessa cosa.[4]

Tribunale TPP Torino - Bussoleno 14 3 2015 061La Corte Penale Internazionale[5], costituita nel 1998 perché “nel corso di questo secolo, milioni di bambini, donne e uomini sono stati vittime di atrocità inimmaginabili che turbano profondamente la coscienza dell’umanità”, per “porre termine all’impunità degli autori di tali crimini contribuendo in tal modo alla prevenzione di nuovi crimini”. Il suo Statuto afferma che i “danni diffusi, duraturi e gravi all’ambiente naturale” (e dunque l’ecocidio) possono essere giudicati come “crimine” solo se compiuti in tempo di guerra (cfr. art. 8, 32. b) iv). Questa surreale situazione esclude nel presente da ogni condanna i responsabili dei gravi crimini contro l’ambiente e quindi contro il pianeta. Ecco perché, alla luce di quanto il Tribunale Permanente dei Popoli affermerà nella sua sentenza, le cittadine e i cittadini in lotta dovranno pretendere che lo Statuto della Corte Penale Internazionale sia modificato con l’integrazione dei crimini contro l’ambiente come atti riferiti alla responsabilità penale individuale, sanzionabili al pari di quelli di genocidio, contro l’umanità, di guerra e di aggressione. Questa sanzione rappresenterà anche una forma di protezione per la natura.

Oggi gli abitanti del pianeta pagano di persona per l’aggressione contro la natura provocato da un sistema economico predatorio. Ma essi pagano anche di persona, quando si ribellano contro lo strapotere che li domina, con la privazione della libertà di parola e della libertà fisica.

Domani dovranno pagare anche i responsabili della distruzione della natura.

da presidioeuropa.net

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[1] La Sentenza della Sessione di Torino del TPP la leggeremo domenica 8 novembre 2015 al Teatro Magnetto di Almese.

[1] Cfr. a questo proposito la Carta di Tunisi http://www.presidioeuropa.net/blog/la-carta-di-tunisi-la-charte-de-tunis/

[1] Il Movimento No TAV e il Controsservatorio Valsusa sono partner del movimento End Ecocide https://www.endecocide.org/our-network/ e sostengono la Carta di Bruxelles https://www.endecocide.org/downloads/artwork/Documents/CharterOfBrussels-en.pdf che promuove la costituzione di una Corte Penale Internazionale contro i crimini contro l’ambiente.

[1] Hanna Arendt, La banalità del male, 1963 (Saggi Feltrinelli pag. 284)

[1] https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/20002381/index.html https://www.icc-cpi.int/Pages/default.aspx