La Sardegna contro l’occupazione militare

Nel corso di quest’ultima manifestazione una delegazione dei manifestanti ha consegnato al Presidente della Regione Sardegna ed al Governo dell’isola un importante documento.

di Daniela Giuffrida

Denunciano danni al territorio, i Comitati ed i Movimenti Indipendentisti sardi , alla salute, all’economia, alla cultura, alla sovranità sul proprio territorio nazionale, alla dignità collettiva e personale, all’autostima ed alla stabilità psicologica degli oltre 1 milione e 600.000 abitanti dell’isardegna 2sola.

 “Lassa a sa terra sa libertade”, “lasciate a questa terra la sua libertà” questo recitava uno degli striscioni presenti al corteo che ha sfilato per le vie di Cagliari, lo scorso 13 dicembre. Oltre tremila manifestanti pacifici e armati di fischietti e di bandiere arcobaleno, bianche, rosse e con i quattro mori, erano presenti a questa seconda manifestazione antimilitarista, logica conseguenza della grande manifestazione nazionale di Capo Frasca del  13 settembre scorso.
A quella prima manifestazione era seguita,  lo scorso 4 ottobre,  una partecipatissima assemblea a Santa Giusta , durante la quale si era discusso della necessità di proseguire  la lotta contro l’occupazione militare della Sardegna, estendendola  a tutto il territorio isolano, portando avanti  tre importanti “rivendicazioni“ nate proprio dalla “Manifestada Natzionale “di Capo Frasca.

Nel corso di quest’ultima manifestazione una delegazione dei manifestanti – composta tra gli altri da Mariella Cao di “Gettiamo le basi” e Bustianu Cumpostu di “Sardigna Natzione Indipendentzia” – ha consegnato  al Presidente della Regione Sardegna ed al Governo dell’isola un importante documento.

“Sig. Presidente, dopo aver raccolto ed interpretato le aspettative della stragrande maggioranza dei sardi in merito al pesante gravame delle servitù militari imposte alla Sardegna dallo stato italiano, tanto pesante da costituire una vera e propria occupazione militare……” Questo l’incipit che apre il documento che rappresenta un vero atto d’accusa contro l’inefficacia dei governi regionali precedenti  e lo scarso interesse dello Stato italiano, nei confronti della tutela del territorio e della difesa del la salute della gente di Sardegna.  E’stato consegnato al Presidente della Regione ed al Consiglio regionale sardo, perché possa essere “testimonianza” delle istanze della popolazione in una futura trattativa con il Governo nazionale.

In questo documento vengono sintetizzate quelle che sono aspettative inderogabili del popolo sardo ovvero: il blocco immediato di tutte le esercitazioni militari; la chiusura di ogni base militare e poligono presente in Sardegna, quindi la bonifica dei territori e la riconversione degli stessi ad uso civile.

I sardi chiedono, che tutta l’isola sia ritenuta e dichiarata “indisponibile” per esercitazioni di guerra e chiedono che venga interdetto “a tutte quelle attività e presenze che risultino essere connesse con chi usa la guerra per aggredire altri popoli o per crimini contro i civili.” Chiedono, i sardi  che venga istituita una Commissione d’Inchiesta che valuti tutti i danni riconducibili alla presenza delle servitù militari nell’isola, l’entità ed il valore dei beni occupati ed anche l’entità del risarcimento da imporre allo stato italiano. Chiedono, infine che le forze di governo si astengano dal firmare atti che prevedano lo “stabilizzarsi delle Servitù Militari in Sardegna e che ogni decisione
riguardante la disponibilità del territorio venga presa soltanto dopo aver consultato “ufficialmente” il popolo sardo.

Gli manifestanti usano molti termini forti, parlano di un Ordine del Giorno (il n. 9 ) approvato dal Consiglio Regionale lo scorso 17 giugno 2014, che impegna la Giunta regionale a porre, come primo obiettivo, “nel quadro dei rapporti tra Stato e Regione, la graduale dismissione dei poligoni militari ed il loro superamento dal punto di vista economico, sociale ed ambientale, assicurando il mantenimento dei livelli occupazionali esistenti” e ancora, la progressiva diminuzione delle aree soggette a vincoli militari e la dismissione dei poligoni.

Quindi la minaccia di una nuova manifestazione con conseguente richiesta di dimissioni da parte del Governo isolano, perché se nessun riscontro si avrà entro qualche mese “il governo dovrà prendere atto della propria incapacità o della impossibilità di tutelare gli interessi della nazione sarda contrastando quelli dello stato e rassegnare le dimissioni e chiamare i sardi a nuove elezioni per dare alla Sardegna un governo di sovranità.”

Infine, altra nota dolente, cui gli indipendentisti non mancano di fare riferimento: le scorie nucleari. Probabilmente la Sardegna sarà scelta come sito per lo stoccaggio delle scorie nucleari italiane, che dovrebbero trovare posto proprio all’interno dei poligoni militari, ma il popolo sardo si è già espresso in un referendum nel maggio del 2011, confermando la precisa volontà popolare di negare la disponibilità del proprio territorio a diventare sito per lo stoccaggio di scorie radioattive.

Manterrà, Francesco Pigliaru, economista di chiara fama,  ordinario di Economia Politica all’Università degli Studi di Cagliari, ateneo in cui ha ricoperto anche la carica di pro-rettore; ex assessore alla programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio della Regione Sardegna,  ispiratore della “Vertenza Entrate” che ha permesso alla Sardegna di ottenere dallo Stato, risorse da “sempre” negate, a rispettare e far rispettare la volontà popolare?

D.G. 16.12.14