
La Memoria serve (o dovrebbero servire) per mantenere vivi i momenti più belli della nostra vita, gli affetti più cari, le esperienze più felici; ma anche quelli bui, tristi, le tragedie, gli errori e gli orrori, affinché possiamo imparare da questi, dalle dimenticanze, false credenze, illusioni.
La Giornata della Memoria è importante per ricordare, e insegnare ai giovani, ciò che è stato, ciò che vorremmo fosse mai più. Momenti di crudeltà cieca, di indifferenza, di disprezzo (odio), che hanno generato mostri politici e sociali, massacri e soprusi, sofferenze e distruzione.
Ma la retorica buonista, del politicamente corretto (de’ sinistra) ha assorbito progressivamente questo momento sino a svilirne il senso, dentro cerimoniali e rituali che, in realtà, fossilizzano il ricordo negli anni della guerra, e non colgono più il senso delle discriminazioni da cui si generano odio e apartheid sociale.
Se qualcuno osa paragonare i tempi attuali (gestione della pandemia) con quelli del ‘30, subito insorgono turbati e feroci i soloni della narrazione accettabile, a ricordarti che la situazione è ben diversa, perché adesso c’è la Democrazia, c’è libertà di parola, e tu sei libero di parlare; mentre allora no! E venivi imprigionato e torturato, quando non ucciso. No! Il paragone non regge, ed anzi, è offensivo verso quelle persone che han patito quelle torture.
Ovviamente lor signori sono sicuri di quel che dicono e, se ci si mantiene a una lettura storica piatta degli eventi, il ragionamento fila. Certo non si può paragonare il nazi-fascismo alla democrazia attuale (ci mancherebbe); non certo alle torture, alle barbarie e alle uccisioni di partigiani che han combattuto i sistemi dittatoriali. Ma la questione non è questa!
La chiave di lettura è sbagliata: lo è dal punto vista critico, perché è ovvio che il sistema è mutato ma le domande da porsi sono altre. Cosa abbiamo imparato sulle discriminazioni, e sui sistemi discriminatori, di quel tempo? Cosa abbiamo recepito, nelle nostre vite, sulle conseguenze dell’alimentare il disprezzo sociale verso una categoria di persone che, già in quanto definite come categoria “altra” da noi, vengono marginalizzate? Cosa ricordiamo, nella moderna democrazia (con la quale ci riempiamo la bocca), sull’importanza della tutela delle minoranze a cui deve essere, di fatto (e non di retorica), concesso di esercitare diritto di parola, e facoltà politica pratica effettiva, fino a potersi trasformare in maggioranza, per mantenere sana e viva la democrazia stessa (e la sua logica intrinseca di alternanza)?
Mi pare molto poco. Il rapporto tra Governo e Parlamento è, da anni, costantemente ribaltato nel suo significato costituzionale: un Parlamento esautorato (un manipolo?) a colpi di voti di fiducia governativa impedisce la normale dialettica parlamentare con la ricerca di utili compromessi. L’ammucchiata di maggioranza estesa in favore del governo Draghistan, presieduto da un liquidatore (dell’Italia – e non ve ne siete ancora accorti!) nominato dalla congrega europea, impedisce qualsivoglia azione di contestazione, in Parlamento, e nel paese. Le leggi elettorali susseguitesi han tentato sempre più di configurare un sistema maggioritario (in nome della governabilità) presieduto da un Primo Ministro con poteri aumentati, sino a configurare una sorta di Presidenzialismo mascherato.
Che differenza c’è tra un cinegiornale dell’epoca fascista e le bavose ossequiosità giornalistiche nei confronti del Draghi pensiero e del governo dei “migliori”? Oppure tra i plotoni di esecuzione approntati nei talk show verso i dissenzienti del sacro siero, impropriamente classificati tutti (ben oltre le loro competenze specifiche) come no vax, e i pestaggi fascisti?
Cambiano gli strumenti, ma la logica, la filosofia sotto traccia, è la stessa, cari i miei benpensanti.
Quando sento un Sileri, e la compagnia degli allegri virologi superstar, oppure giornalisti come Scanzi, Parenzo (giornalista sic!), Lucarelli (arisic!), & soci, scrivere e dichiarare parole di disprezzo, augurio di malasorte e salute, nonché morte, confinamento, esclusione dalle cure, dal lavoro, dalla vita sociale, eccetera… sono forse costoro diversi da quei tedeschi che negli anni ‘30 guardavano altrove o applaudivano alle discriminazioni, alle incarcerazioni, torture, dei “diversi”, dei “dissenzienti”, degli “altri” rispetto alla razza ariana, alla maggioranza, al pensiero unico del Fuher?
Non credo proprio. La sostanza del pensiero, quel retrogusto amaro, sostanzialmente razzista e violento, che traspare dalle parole di costoro, è l’evidenza di un pensiero che non è sostanzialmente democratico, ma potenzialmente accondiscendente verso qualsiasi forma di autoritarismo nel quale loro siano collocati dalla parte della “giusta” maggioranza.
Lo stesso dicasi per la schiera di intellettuali, professori, specialisti, giornalisti minori, sindacalisti, presidenti di categoria, poteri industriali, piegati al pensiero unico scientifico (di Big Pharma) e di governo, di cui tessono le lodi pubbliche. Non manca certo il plauso della “massa” che, sui Social, può finalmente riversare compiacente le proprie frustrazioni sui reietti, ignorando la vera natura del “nemico”.
Una giornata della Memoria più che dimezzata. Nella inconsapevolezza di non aver imparato ancora che le dittature e gli autoritarismi non si presentano sempre con lo stesso volto e con gli stessi metodi. Gli autocrati hanno da tempo studiato la volubilità e le fragilità delle masse; hanno imparato come disseminare odio di classe, e come incolpare qualcun altro delle proprie manchevolezze e incapacità. Come manipolare il consenso e realizzare la scissione del “cittadino” dal “sapere”, per ricondurlo al suo stato di “suddito”, nell’ambito di una democrazia televisivo-plebiscitaria.
Chi ha imparato poco o nulla del neocapitalismo finanziario, della corporatocrazia, e dell’autoritarismo subdolo che non usa violenza palese, ma sgretola il castello democratico e costituzionale picconandolo dall’interno, nelle ore notturne, nelle pause estive, mentre il “popolo” resta distratto dal giornalismo padronale (come sempre complice e compiacente del potere), è sempre quella maggioranza di sinistra salottiera, pret a porter, che qualifica sé stessa come unica titolare dell’antifascismo.
Una sinistra talmente compiaciuta di sé e della propria retorica, da non rendersi nemmeno più conto di essere fuori dalla realtà della vita reale delle persone, di essere non solo più complice, ma essenza del sistema stesso che avrebbe avuto (almeno un tempo) la pretesa di “rivoluzionare”. Una pletora di utili idioti che troneggia dagli scranni del Parlamento, dalle pagine dei giornali, dagli studi televisivi.
Intanto la voragine tra il cittadino e le istituzioni si allarga sempre più, lasciando spazio ai demagoghi di turno. Una democrazia “triste” la nostra: impaludata tra finti rivoluzionari, conservatori d’accatto, miserie populiste, e assenza di etica. La nostra bella Costituzione Democratica, Laica, Liberale, Socialista, non potrebbe essere nelle mani peggiori; indecorose della Memoria di chi ha combattuto, sacrificando anche la vita, per donarla a noi, miserevoli e immeritevoli posteri.
(D.A.27.01.22)