
di Claudio Giorno.
DOPO (anzi, forse durante) la grandiosa partecipazione alla manifestazione NO TAV dell’8 dicembre 2019 era lecito aspettarsi editoriali e servizi speciali da tutti i giornali di proprietà di finanzieri & palazzinari riuniti scritti con cartucce riempite di fiele: il 90% dei quotidiani è notoriamente mantenuto in vita con accanimento terapeutico (finanziato, a loro insaputa, dalla maggior parte dei cittadini che pagano ancora le tasse). Si è trattato di una vera e propria “mission” delle testate recentemente svendute dai rampolli della tessera numero uno del PD – Carlodebenedetti – dopo una saga familiare degna di un serial a cavallo tra Dallas e Billion.
Sia chiaro: io non credo affatto che “anche i ricchi piangano”, ma certamente fanno ridere. E ha fatto particolarmente ridere leggere, nelle scorse settimane, dell’”ingegnere” che voleva salvare “Repubblica”per il bene della democrazia (o di quel che resta del partito democratico) difendere dagli infedeli quella vera e propria reliquia (in vita) di Eugenioscalfari, mentre i figli se ne volevano disfare… uno spettacolo che è stato quasi più esilarante di una intera puntata di Fratelli di Crozza! Tanto più che la svendita è poi avvenuta (approfittando del fresco far cassa – mercì Peugeot – del ramo cadetto della Famigliagnelli, che le saghe tra madri e figli è tradizione le consumi in tribunale).
Già, ma cosa c’entrano le “vecchie & nuove” proprietà editoriali col Tav? Era già una consolidata tradizione delle due case quella di propagandare l’opera fin dal primo vagito: chi non ricorda l’epica tenzone per la meglio narrazione-si-tav tra Tropeano/Lastampa vs Griseri/Repubblica, incubatori a loro insaputa di 40mila madamine in fila per sette col resto di due? In un “paese normale” le concentrazioni editoriali verrebbero impugnate dal governo, in una “redazione normale” ci si preoccuperebbe quantomeno del futuro dei posti di lavoro (anche se si sa fin dai tempi di Luigibarzini che fare il giornalista è sempre meglio che lavorare). Ma una penisola inutilmente protesa nel Mediterraneo che deve affidarsi ai pochi banchi di sardine sopravvissute alla pesca a strascico per difendersi dal Califfo del Papete non è un paese normale… Figuriamoci occuparsi criticamente della più inutile delle Grandi Opere madri dell’ormai tragicamente conclamato cambiamento climatico…
Per stroncare una lotta che nonostante (o grazie a?!) loro dura da 30anni le hanno provate tutte, compresa la collaudata tecnica (mutuata dalla security) di “giornalista buono contro giornalista cattivo”: sublimata all’indomani della manifestazione (che, più che commemorare, ricordava il 2005 sia per partecipazione che per determinazione) con un pezzo a doppia firma affidato a Ludovico Poletto e Irene Famà.
Ora non voglia il buondio consentirmi di conoscere i nuovigiornalisti, perché dopo aver conosciuto i nuovipolitici mi sono scoperto a rimpiangere i vecchi! Ma io mi ricordo di un Poletto che tentava (pur con tutti i vincoli di spazio e linea editoriale) di approfondire le ragioni del no, persino le ragioni e i torti delle violenze che in quegli anni – lontani ma vicini – furono assai più subite che “perpetrate” da cittadini inermi nei confronti dei battaglioni antisommossa inviati “nelle Gallie a spegnere i focolai di rivolta popolare”…
Ma testo e titolo (più titolo che testo visto che è risaputo che noi siamo tra i pochi che vanno oltre le “parole scritte grandi”) narrano di una “svolta ecologista” del movimento No Tav: “quest’opera ruberà il futuro ai nostri figli”. Non me ne voglia la giovane Irene, (anche nelle vallate alpine è arrivata internet e dalla foto visibile sul sito del giornale che l’ha inviata nel profondo nordovest si desume che non sia della generazione di Orianafallaci); perché è col suo attempato collega che me la prendo: ma come fa uno che ci segue da decenni e che ci ha spesso intervistato “mettendoci la faccia” (ma chiedendo altrettanto all’interlocutore di turno) ad affermare che ci sarebbe stata una svolta in direzione di Greta in un movimento popolare nato dallo storico ambientalismo valsusino di Mario Cavargna (che fondava Pro Natura quando Legambiente e WWF non esistevano ed Ermeterealacci & Chiccotesta non erano neanche nati, né se ne sentiva la mancanza)… Quando a “svelarci” che il partito del tondino e del cemento stava (quello si) svoltando dai trafori autostradali ai megatunnel ferroviari (verniciati di verde) fu un certo Alex Langer a Trento a settembre del 1989, giusto 30anni fa?! Ma le fonti, vivaddio, le fonti: non ha niente da dire Anna Masera, la garante dei lettori del quotidiano fondato da Alfredo Frassati: non c’era bisogno di leggersi le centinaia di titoli di autorevoli, documentati e disinteressati studiosi che hanno scritto di noi in tre decenni.
Bastava rovistare nelle pagine social No Tav sotto il logo de Il Grande Cortile, Ambiente Valsusa, Presidio Europa, Democrazia-km0 per “scoprire” che abbiamo appena rievocato l’intuizione del grande eco pacifista sudtirolese in difesa dell’ecosistema alpino da ogni sorta di tunnel e dal folle traffico di transito; e che lo abbiamo fatto grazie a chi gli subentrò nell’europarlamento e ne prosegue tuttora la missione nella fondazione: il prof. Gianni Tamino, docente di Biologia Generale e di fondamenti di Diritto Ambientale e del corso di specializzazione in bioetica all’Università di Padova e membro del Comitato Nazionale sui rischi biologici presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri https://www.facebook.com/notes/il-grande-cortile-no-tav/alex-langer/2448271395421142/ : come si deduce dai suoi titoli Tamino si occupava – scientificamente – di ambiente quando ancora non si tentava di strumentalizzarlo a scopo di business come fanno adesso molti vecchi arnesi della politica e giovani affaristi che cercano – loro si – di afferrare le treccine di Greta Thumberg per strumentalizzarne la straordinaria determinazione oltre che la “tendenza” che suo malgrado le ruota attorno.
Eppure solo il giorno prima Luigi La Spina, storico editorialista del quotidiano sabaudo, mai tenero (anzi) col popolo No Tav, si era lasciato andare a scrivere un po’ di righe francamente inaspettate dato l’abituale livore: “sarebbe una falsità e ingiustizia identificare il movimento che a da oltre 30 anni si batte contro l’alta velocità ferroviaria Torino Lione con le frange violente che purtroppo lo hanno strumentalizzato fino al punto di egemonizzarlo nella immagine mediatica nazionale. Anche i più convinti fautori dell’opera dovranno ammettere che la partecipazione popolare dei valsusini a tanti cortei che si sono svolti in questi anni è stata ampia (…) e caratterizzata da connotazioni ambientaliste con un anticipo temporale significativo rispetto alla consapevolezza attuale(…)
Certo, una specie di “onore delle armi, a bandi banditi”, accontentandosi (bontà sua) che si appaltino (infischiandosene del “fine lavori) i 57km (su 270) del tunnel di base di interesse francese come lo è la società TELT) pagato con soldi prevalentemente italiani ed europei… Un riconoscimento della “utilità” della protesta e degli studi indipendenti per il “miglioramento” del progetto (che denota tra l’altro come la costante di tanti editorialisti sia la non conoscenza (si spera in buona fede) del peggioramento che ogni soluzione progettuale ha portato con se dagli anni ‘90 a oggi! (E dei tanti soldi pubblici impiegati nell’oneroso adeguamento della linea esistente).
Ma evidentemente (a numeri noti dell’adesione all’ultima manifestazione) è prevalsa la paura:i No Tav son tornati (non siamo mai andati via, ma han finito per crederlo loro stessi a forza di aderire alla loro narrazione commissionata dai poteri forti che di ogni governo han fatto l’uso che si fa del maiale: non se ne butta niente, va bene Forzitalia (fin che è Viva col trapianto di Renzi), ma perché no il Califfo del Papete con l’elmetto giallo nel buco di Chiomonte, ma anche Toninelli, Dimaio & Conte che son riusciti a disinnescare persino l’unica analisi costo-benefici indipendente realizzata in 30anni, prima che esplodesse seppellendo per sempre anche il moncherino del Tav.
E infatti tutti i giornaloni, di destra estrema, centrodestra (di sinistra non ce ne sono più, perché non c’è più la stessa area di riferimento ) ammoniscono …GAME OVER i Bandi son banditi, toglietevi dalla testa che il ritorno della gente nelle piazze (o la permanenza nelle strade di una vallata alpina) possa cambiar le cose nei palazzi, dove si ratificano le scelte della finanza internazionale…
Già, ma fino a quando? Fino a che di Venezia resterà fuori solo i l campanile dei san Marco? (Anche grazie al soccorso green promesso di una ex ministra delle guerra salita al soglio di Strasburgo)?
Borgone Susa, 9 dicembre 2019 – Claudio Giorno
Le belle fotografie della manifestazione sono di Diego Fulcheri e Luca Perino