
di Davide Amerio.
Italia, Pd, Renzi e minoranze. Il Matteo torna alla ribalta, o almeno ci prova, facendo finta di non aver subito sconfitte sonore e pesanti. Si parla di congresso, di minoranze, di possibili scissioni. Qualcuno dice che sono già avvenute e che è necessario un congresso per ricucire. Torna a parlare Bersani, D’Alema si leva sassolini dalle scarpe, e così via.
Elezioni? Subito, ma anche no. Più avanti, forse, oppure l’anno prossimo. Dipende. Da cosa? da chi? Pur non avendo simpatie per il governo Gentirenzi, valgono ancora i principi costituzionali per cui un governo è in carica sino a quando non ha più una maggioranza? Parrebbe di no; oppure bisogna attendere che il PD faccia la sua conta all’interno e poi verifichi quanto inciucio con la destra di Verdini e Alfano sorregge ancora il governo Renziloni. Non dimentichiamoci però, l’origine di questa maggioranza:
Vale la pena ricordare che l’attuale legislatura è stata eletta con il Porcellum che ha regalato una maggioranza al PD ritenuta incostituzionale dalla Corte. La ragione risiede nel premio di maggioranza previsto da quella legge elettorale che sfasa la proporzione tra numero di voti ricevuti e i seggi assegnati. La spiegazione è la seguente:
Cosa faceva il Porcellum? Consacrava la disuguaglianza degli elettori prevedendo un “quoziente di maggioranza” e uno “quoziente di minoranza”. Nelle elezioni del 2013 il primo fu di circa 29mila voti e il secondo superò gli 81mila voti: cioè per eleggere un deputato nei partiti della coalizione vincente (e dunque beneficiaria del premio di maggioranza) bastarono dunque “solo” 29mila preferenze; invece per portare a Montecitorio un candidato di tutti gli altri partiti, ne occorsero più di 81mila. Il voto ai “vincenti” valse 2,66 volte quello dato ai “perdenti”.
Infatti alla Camera il PD, con 8.646.457 preferenze in tutta Italia (25,42%) ottenne 292 seggi (il 47%). E il Movimento Cinque Stelle con 8.704.969 (25,56%) ne ebbe appena 102 (16,5%). Perciò la Consulta ha dichiarato incostituzionale il Porcellum: perché una tale distanza fra la volontà del popolo e la composizione della Camera non si ripetesse mai più.
[Perché NO – Marco Travaglio, Silvana Truzzi edizioni PaperFirst]
Siamo quindi ostaggio delle decisioni di un partito (il PD) che ha vinto le elezioni con una legge illegittima e che ha tentato di rifare peggio con l’Italicum e le riforme istituzionali, bocciate il 4 dicembre scorso dai cittadini. La presunzione sconfinata di Renzi, sicuro della vittoria del Si al Referendum, ci ha comunque regalato un mega pasticcio elettorale. L’Italicum è stato bloccato dalla Consulta in alcune sue parti e ciò che ne resta è una legge elettorale che condurrebbe, dopo il probabile ballottaggio, a una situazione di ingovernabilità.
Motivo per il quale le forze politiche dovrebbero oggi puntare a ottenere il 40% dei consensi per assicurare un governo stabile al paese. Al Senato, sempre grazie a Renzi, continua ad essere eletto con una legge che non garantisce una maggioranza certa. Una incongruenza istituzionale, costruita dal PD con la complicità di Verdini.
Privi di un programma politico che guardi al futuro, di un progetto che risollevi il paese, senza scimmiottare la destra, la sinistra italiana trova come unico collante quello di aggredire il M5S per delegittimarlo a ogni costo. In questo spalleggiata, non a caso, dalla destra. Le principali testate giornalistiche, i cui padroni sono gli amici prediletti dei nostri politici, hanno sparato, con sprezzo del ridicolo e della professione, su ogni questione potesse riguardare il M5S. Roma ne è l’esempio più lampante.
Non che la giunta Raggi non abbia commesso errori; ma l’obbiettività è morta da un pezzo. Questa assenza ha un motivo ben preciso. La giunta capitolina ha toccato, sul serio, i soliti interessi miliardari, dei soli noti, abituati a far soldi sulle spalle dei contribuenti. A controprova il silenzio calato sulle città governate dai pentastellati che lavorano bene e quello sulle solite implicazioni giudiziarie quotidiane dei politici dei soliti partiti.
Oggi il FQ ci informa che l’accusa rivolta a Di Maio di aver difeso Marra, da parte delle solite testate giornalistiche, è assolutamente falsa e si basava su una estrapolazione di una parte di un messaggio inviato da Di Maio alla Raggi. L’obiettivo è chiaro: delegittimare il M5S a qualunque costo. Se la giunta Raggi cadesse entro la fine di Marzo pv, gli amici e gli amici degli amici, potrebbero ancora candidare Roma per ospitare le prossime olimpiadi, incuranti della devastazione finanziaria che loro stessi hanno procurato alla città.
Ovviamente il rancore nei confronti del M5S da parte dei giornali è giustificato dalla consapevolezza che i primi hanno sempre sostenuto l’eliminazione del finanziamento pubblico alle testate giornalistiche. D’altro canto se un giornale ha un proprietario industriale, per quale motivo dovrebbe ricevere soldi pubblici? Se i padroni vogliono possedere dei giornali se li paghino, e li mantengano, con i loro soldi. La storia recente, inoltre, ci dimostra che i fondi dello Stato non sono serviti a sopperire alle male gestioni padronali: si vedano i casi dell’Unità e del Sole24ore.
La sinistra è in crisi profonda, non solo da noi. Gli intellettuali si scagliano contro i populisti, i sovranisti, i presunti razzisti. Facendo di ogni erba un fascio e dimostrando completa incapacità di leggere la realtà. Quella che loro hanno creato, abbandonando i paradigmi dell’uguaglianza e della solidarietà, occupandosi dei propri privilegi e di quelli degli amici. Seguendo il liberismo senza comprenderlo, l’europeismo ideologico senza criticarlo, si sono persi in un deserto arido di idee e contenuti che non siano quelli comandati da altri.
Se ne facciano una ragione.
(D.A. 14.02.17)