Il test non fa paura e paga la Questura

Cose che capitano ai No Tav. Una disavventura emblematica, un insieme di accanimento e dabbenaggine che ha qualcosa da insegnare.

di Fabrizio Salmoni

 E’ da anni che non sfoggio più sull’auto adesivi con scritte o simboli No Tav ma neanche altri segni di “appartenenza” culturale che la contraddistinguano. E’ dal 2010, dalle mobilitazioni contro le trivelle che in Valle sono diventati rischiosi. L’innalzamento dello scontro ha reso rischiose quelle simpatiche dichiarazioni di identità: a circolare sulle statali o al casello di Bruere era diventato  facile che poliziotti dalla vista acuta ti scegliessero per controlli. Al Vernetto ne ho avuto conferma: la soldataglia ha spaccato vetri e bollato carrozzerie alle auto parcheggiate “riconoscibili”. La mia l’hanno saltata probabilmente perchè non aveva contrassegni di sorta.

Poi c’è stato il caso delle gomme tagliate a Bussoleno. Stessa storia.

Questo per dire che la stagione ludica è finita da un pezzo e che mostrare adesivi o simili gadget è definitivamente un invito a farsi fermare o peggio. E’ decisamente una costrizione antipatica ma non è quella la fine del mondo o della democrazia. E’ solo il segno di come vanno le cose in Val Susa.

Non fraintendetemi, è solo un invito alla consapevolezza. Le No Tav milanesi incappati l’altra notte in una pattuglia di agenti istruiti sommariamente sul trattamento da riservare ai No Tav forse non avevano neanche segni di riconoscimento e questo pone altri problemi, tipo che qualcuno le ha segnalate in uscita dalla riunione di coordinamento dei comitati o magari le ha seguite chiedendo il fermo alla prima pattuglia disponibile. Meditiamo.

I fatti sono ormai risaputi perchè hanno fatto il giro del web: un coordinamento dei comitati particolarmente partecipato (si sono viste persone che normalmente non lo frequentano) per la discussione di argomenti controversi; tre attiviste milanesi e un cane che si mettono sulla strada del ritorno e vengono fermati da una pattuglia al casello per Milano intorno alle 3 di notte. Richiesta di documenti anche per il cane, test dell’alcool (negativo), lunga attesa di quasi un’ora al freddo, poi imprevista richiesta di procedere sotto scorta a un ospedale per il test antidroga alla guidatrice a fronte di minaccia di sequestro auto. Il dialogo, come riportato dalle protagoniste:

“Due di voi e cane rimangono qui e lei viene con noi da sola in volante all’ospedale”

“Ve lo scordate!”

“Se non volete che la vostra amica venga da sola con noi chiamiamo un taxi per tutte e tre più il cane”

“Va bene, paga la Questura di Torino?” All’ agente viene un dubbio… ritratta.

Arrivo di amici No Tav e situazione sempre più difficile e tutti vanno al Giovanni Bosco con scorta bipartisan. Guida l’auto un’altra delle tre ragazze, diversa dalla conducente che deve sottoporsi alle analisi.

In ospedale si salta la coda con il codice verde su disposizione dei poliziotti, goffi e impacciati, davanti a malati, incidentati, feriti presenti in sala d’aspetto. Si effettuano analisi del sangue e delle urine, pagate dalla Questura di Torino. Drug test negativo ma il tronfio capopattuglia chiede alla dottoressa di turno esterrefatta di consegnare il campione delle urine da portare in Questura e se lo porta via “tutto fiero in un sacchettino, seguito da un codazzo di persone che gli ricorda quanto sia feticista e guardone“. Ma non prima di aver consegnato a due delle fermate un avviso di comparizione per accertamenti.

La morale della storia è che se avete bisogno di test urgenti pagati dalla Questura, mettetevi in auto adeguatamente abbellita di adesivi No Tav. Non è escluso che riusciate anche a spuntare il pagamento di un taxi. E guardatevi le spalle.(F.S. 18.1.2015)