
di Davide Amerio
Italia, Piemonte, Torino: benvenuti nella provincia di Detroit. Fiat ultima l’acquisizione della Chrysler con abili mosse finanziarie che trovano il consenso del governo americano, del sindacato (americano) Uaw e di Veba che cede le proprie quote nella ex azienda fallimentare di Detroit.
Giubilo del sindacato italiano Cisl e del sindaco Fassino proni come sempre e pronti (come sempre) a elemosinare le briciole sotto il tavolo: “Adesso investimenti in Italia!”
Ci sarebbe da cogliere l’aspetto comico della situazione, se uno abitasse in un altro posto. Le manovre di Marchionne, per altro abili, conducono da tempo il baricentro della Fiat fuori dall’Italia con la delocalizzazione degli stabilimenti e con progressive acquisizioni dell’azienda americana.
Obama ha messo in atto una strategia che qui da noi risulta impossibile: affidare un’azienda in fallimento a una azienda straniera mettendoci dei soldi ma ponendo come obiettivo il risanamento.
La nostra classe politica da anni ci racconta favolette in campo economico, per citare le migliori: con la globalizzazione avremo la miglior qualità al prezzo più competitivo; con l’euro lavoreremo di meno e guadagneremo di più; Fiat rimarrà italiana (Fabbrica Italia vi ricorda qualche cosa?), ilTav è strategico (l’ultima).
Nelle prossime ore avremo la corsa a dichiarazioni rassicuranti (ci vogliamo scommettere?): Fiat resta marchio Italiano! Assicurati gli investimenti Fiat in Italia! Fiat più forte in Italia grazie al mercato globale! ecc. ecc.
Italia sempre più provincia del mondo, derisa, spolpata, usata, con una classe “dirigente” che si affida alle bugie per tirare a campare.
In fondo ha ragione Berlusconi: gli italiani non hanno ancora imparato a votare.
D. A. 02.01.14