
di Davide Amerio
Giusto la parodia di un Presidente del Consiglio qual’è il nostro Matteo Renzi può esultare per il risultato delle elezioni Regionali in Emilia Romagna e in Calabria. “2 a 0 per noi e Salvini asfalta FI e Grillo” avrebbe affermato in uno di quei numerosi twitter lanciati sul web. Considerazioni da stadio appunto, non certo di uno “statista”; della qual cosa non avevamo alcun dubbio.
Il grande risultato sarebbe, secondo lo statista de’noialtri, l’aver portato a casa un altro – probabile – 40%. Peccato che questo 40 vada ricalcolato sulla base del reale numero di coloro che si sono presi il disturbo di recarsi alle urne per compiere il proprio “dovere” democratico. L’affluenza rosicchia in entrambe le regioni un misero 40% in media. Questo significa che se le preferenze al PD si confermano del 40% in pratica hanno votato per il PD di Renzi il 16%, – se non ho sbagliato i conti.
Il dato notevole è il calo quasi verticale dell’affluenza. Ad essere “asfaltata” è la fiducia nella democrazia pericolosamente in caduta. Ma sarebbe chiedere troppo al figlio della Leopolda di essere consapevole di questo. Se la fiducia nella democrazia diminuisce a gioirne sono di sicuro le forze non democratiche e quelle che usano il razzismo e la discriminazione per additare su alcune categorie di persone le colpe e le responsabilità diffuse e le loro stesse mancanze. Individuare in Salvini il “nuovo” che avanza è paradossale appartenendo proprio lui a un partito che ha governato per 20 anni con il centro destra. Non di meno incredibile è l’esultanza di Renzi per la schiacciata di FI che appartiene sempre all’area di quel centro destra con il quale va a braccetto ogni giorno stravolgendo la nostra Costituzione.
I risultati sono però un monito anche per il M5S che non riesce a capitalizzare la disaffezione. Qui occorrono alcune precisazioni. Da qualche settimana ferve un dibattito tra due scuole pensiero all’interno del M5S: quella che vuole una decisa presenza dei suoi rappresentanti in TV e l’opposta che ritiene la televisione un luogo di propaganda condizionata dai conduttori televisivi assolutamente inadeguato per far conoscere il lavoro politico del movimento. Su questo aspetto ci ritorneremo; è questione complessa dove le argomentazioni delle due parti si fondano su ragioni vere.
Altra questione invece più delicata è il rendersi conto che la politica, piaccia o meno, è sempre più una relazione tra “domanda” e “offerta”. Da intendersi non in senso commerciale o mercenario – anche se in taluni casi è proprio così, – bensì prendendo atto che il post ideologico non può esimersi dall’offrire un qualche cosa: sia questo un progetto, una visione o una proposta. Per “offrire” il proprio “prodotto” politico occorre una strategia di comunicazione e qui sovente il M5S attribuisce importanza a questioni interne che è inversamente proporzionale all’interesse suscitato nel pubblico fuori.
Ma il fattore rilevante osservabile con il risultato di queste elezioni (come di altre precedenti) è che la disaffezione verso una certa area politica non conduce nell’immediato alla migrazione verso altre. Tradotto: un elettore sfiduciato del proprio partito di riferimento si comporta ne più e meno emotivamente come colui che è stato tradito da un partner infedele. La sua reazione è il rifiuto di un’altra relazione, solo un parte marginale si avvicinerà a un partner occasionale e, quando lo fa, in genere è una storia precaria.
Nella politica se non prevalgono beceri interessi contano i sentimenti, le aspettative, l’immaginario che ciascuno si prefigura in un modello di società possibile ritenuto quello perfetto. Il partito nell’ambito della relazione domanda-offerta si comporta come un “brand” cui le persone si legano e come tale tenderà sempre a essere quello preferito o privilegiato. Un marchio da difendere contro ogni evidenza che indichi una azione contraria a quella necessaria alla realizzazione dell’ideale. Quando sopraggiunge la consapevolezza del tradimento la maggior parte si chiuderà in sé stessa. Qualcuno si getterà nella braccia di altri per poi rinfacciare che la nuova situazione non è quella sperata, perché in realtà non hanno maturato una “nuova” convinzione ma semplicemente cercano un succedaneo della vecchia relazione che lenisca il loro stato di frustrazione.
Su queste dinamiche il M5S deve compiere qualche riflessione e in fretta. Il crollo del “sistema” non equivale alla cattura di consensi se non in modo relativamente marginale e/o provvisorio. Costruire una relazione duratura con un elettore tradito è impresa complicata e richiede un’analisi che vada oltre l’affermazione “la gente non capisce”. Mancare questo ragionamento significa indulgere troppo sui propri limiti (e errori) con il rischio di scivolare rapidamente in uno stato di frustrazione psicologica causata dal mancato riscontro reale – elettorale – dei propri innumerevoli – e meritevoli – sforzi.
D.A. 24.11.14