
La disfatta dei partiti antisistema era inevitabile? Qualche riflessione, anche autocritica, sarebbe bene farla. Vincere o perdere, in democrazia è un fatto di numeri e di consensi. Non di aver ragione o torto.
di Davide Amerio.
Parlando di antisistema, ho sostenuto Italexit in questo momento storico; l’ho fatto con la convinzione dedotta dallo studio delle Scienze Politiche, dall’Economia, al Diritto, alla Sociologia, alla Filosofia. Un percorso che mi ha condotto inesorabilmente a prendere coscienza di come il modello neoliberista imperante, e su cui è improntata l’Unione Europea, sia nefasto per le sorti della società italiana e non solo.
Era la migliore scelta possibile? La più credibile? Mi è parso di sì, in riferimento a forze antisistema.
Ciò non esclude che molte posizioni mi abbiano lasciato perplesso, compresa la conduzione del Partito: argomento che richiede una sede opportuna di valutazioni. Non di meno è necessario riconoscere sforzi e meriti di quanti si sono prodigati, in un lasso di tempo breve e complicato, per dar vita al partito e partecipare a questa inverosimile campagna elettorale.

Ho scritto recentemente QUI, una riflessione minima sulla necessità di andare oltre la fase populista in cui è impaludata l’Italia da almeno 30 anni; fase cui ha dato il via la radicazione del berlusconismo culturale nel paese.
Di pari passo è maturato il declino della sinistra: psicologicamente schiacciata dal peso del ‘89, incapace di reagire, e di costruire un progetto politico proprio e realmente alternativo (carenza non solo italiana). Al punto da risultare evidente come cdx e csx siano la fotocopia del sistema neoliberista, ma presentati con una copertina di colori diversi.
Al netto della fretta obbligata (dal sistema partitocratico) di realizzare queste elezioni, in cui è stato chiaro l’obiettivo di impedire che al Parlamento approdassero forze politiche “alternative” alla linea di pensiero unico dominante nell’ultimo biennio, bisognerà pur riflettere su alcune questioni.
1. La prevista massiva “astensione” dal voto, che avrebbe dovuto dare un segnale forte e inequivocabile di disaffezione e protesta dei cittadini (come sperava chi l’ha promossa), non c’è stata, se non entro limiti fisiologici che caratterizzano le democrazie moderne. Pur considerando che il numero delle schede bianche, nulle, e non valide, è stato superiore al 1.200.000.
Segnale comunque di disagio e distacco tra la politica e il paese, ma non nella misura così drammatica come ipotizzata (e sperata da alcuni). Ne consegue che usare l’astensione come “scusante”, per aver fallito l’obiettivo di entrare in Parlamento, da parte delle forze “antisistema”, risulta discutibile.
2. Il fenomeno dei “moderati” (o del moderatismo) non sposta gli equilibri tra i blocchi schierati, se non in minima parte. Sposta piuttosto il baricentro all’interno della stessa area, tra i partiti della stessa coalizione. Ciò indica la permanenza di un radicamento forte, ideologico, tra dx e sx. Sostenere quindi che dx e sx non hanno più significato e giustificazione, può essere valido dal punto di vista dei concreti comportamenti dei partiti diventati “comitati di affari” (piuttosto che soggetti di progettualità politica), ma non trova corrispondenza nell’immaginario della maggioranza dell’elettorato, che risulta ancorato, con forza, a queste identità.
3. Definirsi quindi “conservatore”, come ha fatto Paragone, ha una valenza relativa, sintantoché esisterà qualcuno che potrà essere riconosciuto più “conservatore” di te. Questo richiamo al conservatorismo di piazza, in opposizione (giustamente) al “sistema” ha trascurato questioni e problemi su cui esiste una forte sensibilità nell’elettorato in generale. Giovani, ambiente, LGBT, proibizionismo sulle droghe, immigrazione, RdC, etc etc, non sono stati oggetto del dibattito politico di Italexit, se non in forma piuttosto negativa. Come si può essere antisistema stando dalla parte dei conservatori?
Come non occuparsi dei giovani che sono preoccupati per il futuro dell’ambiente? Come trascurare la sensibilità crescente verso i diritti dei nuovi modelli di famiglia che emergono dalla società? Come non affrontare il processo di proibizione sulle droghe che impedisce lo sviluppo di interi comparti produttivi sulla Canapa? Come non occuparsi dei diritti di inclusione?
Perché lasciare spazio alla sinistra su questi temi che li usa per coprire il deficit della propria Politica Economica? Perché non riuscire a distinguere tra la logica del mercato neoliberista (che sfrutta queste questioni per imporre un modello consumistico, individualista, egoista) e la richiesta che viene dalla società reale che muta e si evolve non ostante il conservatorismo politico? Cosa vuol dire allora essere antisistema?
4. Non so come si sia sviluppato il dialogo tra Italexit e le altre forze politiche. C’è chi giura che la mancata unione sia da imputarsi proprio a Paragone che ha voluto veleggiare in solitaria. Non lo so, perché non ho contatti così stretti con Gianluigi e non ho mai avuto occasione di partecipare a incontri su queste valutazioni.
Posso notare che il risultato di Italexit risulta superiore a quello delle altre forze politiche antisistema ma, indubbiamente, il frazionamento non ha giovato a nessuno; la pretesa, vizio molto italico, di essere sempre gli unici portatori di verità…continua a non pagare. E questo, sia chiaro, vale per tutte le forze antisistema: sopratutto per coloro che si sono prodigati nel gettare fango su Italexit pensando di ricavarne qualche beneficio.
5. L’allargamento anche verso la destra più estrema, che forse è meno estrema di quello che appare, non ha certo giovato a Italexit. I confini ideologici sono ancora ben presenti nel nostro paese (vedi punto 2). Certamente il tempo a disposizione non ha consentito un confronto più sereno e profondo, e la verifica della reale compatibilità con certe posizioni. Sono comunque state candidate persone importanti e di valore indubbio. Ma, ancora una volta, ciò che accade nelle piazze, non ha necessariamente corrispondenza con quanto valutato nelle urne.
6. Che il paese sia vittima di una palese anomalia costituzionale, e democratica, è evidente. Ne fa fede l’ennesima pessima legge elettorale partorita dalla partitocrazia neoliberista, compreso il draconiano taglio dei parlamentari. Che l’informazione dei media sia uniforme e funga da cane da riporto dei poteri politici, economici, sovra-nazionali, è di una evidenza inequivocabile. A questo si somma, con aggravamento negli ultimi due anni, una violenza di linguaggio e atteggiamenti superbi che non si ricorda a memoria d’uomo.
Il conflitto politico non opera più sul piano delle idee ma su quella della delegittimazione personale. Astio, rancore, rabbia, disprezzo, sono diventati strumenti politici di ordinaria amministrazione. In questo va riconosciuto a Paragone il merito di non essersi piegato alle ingiurie che lo hanno travolto. I molti che portano sulla bocca, con facilità, l’antifascismo, dovrebbero ricordare un po’ meglio la storia: fu proprio la delegittimazione personale, degli individui in quanto tali, diversi, catalogati, ghettizzati, definiti anormali, e incompatibili con la società, la fonte da cui si sono abbeverati i peggiori regimi autoritari di stampo nazista e fascista.
Conclusione.
Continua a essere assente, nel panorama politico, un partito realmente riformatore, che si faccia carico sia dei problemi immediati ma, sopratutto, di una visione ampia della società nel suo complesso, con tutte le contraddizioni che le appartengono, per andare veramente “oltre” una logica focalizzata su dx e sx. Ripartire dalla Costituzione è fondamentale, ma lo è anche accogliere le trasformazioni della società, le nuove sensibilità, i diritti frustrati e negati delle persone che la vivono. La nostra Carta, fondata sui principi del Liberalismo, Socialismo, Cattolicesimo, Azionismo, ha una impronta “emancipativa”: ovvero mette al centro la persona umana e il suo sviluppo.
Essa, intimamente, quanto esplicitamente, richiama ogni facoltà di progresso, materiale, spirituale, e di Diritti, atto a favorire il miglioramento del benessere collettivo. Non chiude ai cambiamenti sociali, ma li accoglie come naturali. Il limite che pone è la difesa della dignità umana. I partiti, figli del berlusconismo, si sono adagiati nel trasformare la politica in una operazione di marketing perenne, degna dei venditori di batterie di pentole (con rispetto per i venditori).
Ogni forza politica fraziona l’offerta assecondando gli umori della piazza di riferimento, e dei salotti televisivi, senza una reale visione di insieme (e di futuro) che non contempli beceri interessi della propria fazione. La facilità con la quale ci si è infilati in una strada senza uscita con il “vincolo esterno” europeo, la sottomissione atlantista, e acritica alla Nato, è frutto di una grave carenza ideale delle “forze” politiche.
Se Italexit saprà accogliere questo immane compito di ribaltare, culturalmente e politicamente, questo stato di cose, ne sarò felice. I partiti personali hanno sempre meno spazio, e non è di personalismi che abbiamo bisogno. Fare antisistema significa fare “altro” dal sistema.
Per quello che mi riguarda continuerò il mio cammino di studio e scrittura, saggistica e letteraria, per i pochi amici che mi concedono l’onore del loro paziente favore, nel forse vano, ostinato, tentativo di gettare semi di consapevolezza in questo lago stagnante che è diventato il Bel Paese.