
di Davide Amerio
Non ci sono più dubbi: l’Italia è in recessione, ma non è la sola, anche tutta l’Europa si sente poco bene. Gli ultimi dati economici indicano una direzione ancora peggiore: stagnazione. Tradotto significa che i prezzi scendono … ma non smettono di scendere e la ‘domanda aggregata‘ crolla. Nel momento in cui questa si riduce la produzione delle imprese diminuisce provocando disoccupazione e diminuzione del Pil.
L’effetto perverso della stagnazione è prodotto dalla combinazione di sfiducia (dei consumatori e delle imprese), della caduta dei prezzi e della mancanza di liquidità monetaria che si genera nel sistema. I consumatori possono trovarsi nella condizione di non avere più un reddito (perché hanno perso il lavoro) oppure quello che posseggono preferiscono risparmiarlo: o temono che la situazione possa peggiorare (potrebbero perdere il lavoro e quindi il reddito) oppure attendono che i prezzi dei beni cui sono interessati scendano ulteriormente.
Analogo mecccanismo di sfiducia si genera nelle imprese. O sono in condizioni pessime e non posseggono liquidità per produrre oppure gli imprenditori preferiscono attendere congiunture migliori per fare investimenti.
Come curare questa situazione disastrosa?
Ci sono storicamente due ‘filosofie’ di politica economica che si contrappongono da decenni, e così i loro sotenitori. La prima fa capo a J. M. Keynes che fu il medico curante della grande depressione del 1929. L’altra obbedisce alle regole di M. Friedman, fondatore della scuola di Chicago, dottrina che è a fondamento del liberismo più spinto.
La scuola keynesiana promuove la ‘piena occupazione‘ attraverso i meccanismi della ‘politica fiscale‘: ritiene che agendo sulle tasse e sugli investimenti sia possibile combattere le anomalie del sistema economico (inflazione e deflazione) per ripristinare una condizione di normalità (con la piena occupazione).
Diversamente Friedman sostiene che lo stesso obiettivo può essere perseguito attraverso una ‘politica monetaria‘ dove l’economia non è gestita dallo Stato bensì dalle banche centrali: queste si limitano a gestire la liquidità monetaria nel sistema economico (stampando moneta o acquistando titoli di debito) e agiendo sui tassi di interesse del costo del denaro.
Il concetto di ‘austerità‘ introdotto con il sistema dell’Euro e i trattati europei si concentra solamente sulla stabilità dei prezzi (lotta all’inflazione) e sul rigore dei conti pubblici. La BCE è stata pensata per perseguire l’obiettivo di una inflazione del 2% (al massimo) e per ‘contenere’ i debiti sovrani e delle banche periferiche.
Nelle ultime settimane abbiamo sentito molto parlare di dichiarazioni di Mario Draghi, di incontri e di discussioni sul ruolo della BCE. Nonostante i tedeschi neghino l’evidenza, l’area Euro è in piena recessione e la BCE è costretta a cercare una soluzione. Ogni giorno che passa dimostra come l’austerity non garantisce la crescita, anzi la deprime. L’illusione liberista per la quale la pressione sui salari e la precarizzazione del lavoro (flessibilità sui salari) fosse la strada maestra per generare produzione e ricchezza sta rivelando miseramente la propria assurdità.
Se il mercato della produzione piange, quello finanziario non ride. Ci sono 700 miliardi di Asset Back Securities (ABS) ovvero debiti creati dalla gestione dei derivati e quasi tutti sono stati contratti da medie e piccole imprese. Altri 1.700 euro di indebitamento bancario da smaltire, anche questo ad opera dei “giochi di prestigio” dei derivati. Debiti pesanti che impediscono i prestiti ai privati e alle imprese. [1]
Siamo quindi di fronte a una mancanza di liquidità sul mercato. Qui entra in gioco la BCE e il tentativo di Mario Draghi di immettere liquidità nel sistema attraverso l’acquisto degli ABS detenuti dalle banche. Dopo aver agito pesantemente sulla riduzione del tasso di interesse (costo del denaro) sino a raggiungere valori negativi (le banche periferiche che depositano denaro alla BCE ‘pagano’ per poter depositare), il capo della BCE pare indirizzato ad applicare la filosofia del “whatever it takes” (costi quel che costi) per salvare capra e cavoli dell’Unione Europea.
Gli economisti intravedono in questa scelta una direzione che va verso la creazione della politica di “Quantitative Easing” applicata dalla Federal Reserve in USA per immettere massivamente liquidità nel sistema.
C’è però una differenza non secondaria. La Federal americana è un organo bancario all’interno di una paese che possiede la sovranità monetaria e può quindi stampare moneta come e quando ritiene opportuno. Da questa parte dell’oceano però i trattati europei vietano alla BCE di finanziare direttamente il debito pubblico e di finanziarlo stampando moneta. [2]
Ma c’è il ‘trucco’. La soluzione di Draghi pare essere quella di acquistare 500 miliardi di euro di ABS stampando euro in un momento in cui gli Stati Uniti riducono l’ammontare di carta moneta che immettono ogni mese nel mercato. Questa emissione di euro dovrebbe deprimere i tassi di cambio (l’euro dopo il discorso di Draghi è sceso sotto 1,30 rispetto al dollaro) e “importare” inflazione nel senso che le merci provenienti dall’estero, pagate in dollari, diventerebbero più care. Questo artificio però non fornisce alcuna assicurazione sul fatto che i consumatori riprendano a spendere, sopratutto ritrovandosi sul mercato delle merci più costose. [2]
L’ incremento dei prezzi ( inflazione) dal punto di vista tecnico non assicura quindi l’incremento della domanda aggregata. Questo rimane il vero nodo da sciogliere. Senza aumento della domanda non c’è ripresa.
Una strada diversa, e che alcuni ritengono complementare e più che mai necessaria, riguarda la creazione di una politica di investimenti pubblici finanziata direttamente dalla BCE [2]
Tirando le conclusioni le singole teorie economiche prese in termini assoluti non sono più adatte. Occorre un mix di politica economica straordinario per affrontare una situazione eccezionale.
A tal proposito molti economisti liberisti che fino a qualche tempo fa hanno sostenuto fermamente la linea dura del rigore imposta dall’Europa, con Monti prima e Letta poi, pare abbiano qualche ripensamento e rilascino dichiarazioni a favore di soluzioni che ricalcano le teorie keynesiane. [3]
La malattia dell’Euro-zona consiglierebbe una bella rivisitazione dei trattati contenenti delle clausole pensate in altri momenti storici. Il problema diventa quindi politico e su questo fronte la Bundesbank punta i piedi: il presidente Jens Weidmann, che siede nel board Bce, ha votato no contro la proposta del presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, evidenziando la chiara rottura nell’istituto di Francoforte su come salvare l’euro e l’Europa. [4]
Il problema è quindi politico e su questo fronte ci sono forti preoccupazioni in casa nostra dopo le dichiarazioni del ministro Padoan che preferirebbe delegare all’Europa tutta la gestione dell’economia.
Questa incredibile volontà di continuare a cedere sovranità, non fosse per gli esiti nefasti prodotti sino ad oggi, ha qualcosa di incredibile e di sospetto. Lo ribadisce l’economista Rinaldi in un appassionato intervento. [5]
La preoccupazione di Rinaldi è ben giustificata. In questo contesto resta centrale la questione delle riforme e quelle intese sino al momento da parte del governo di Matteo Renzi paiono indirizzare le energie verso la destrutturazione dei principi costituzionali e l’allontanamento dei cittadini dalla possibilità di decidere e di partecipare alla vita democratica.
I sistemi finanziari paiono non aver imparato nulla dalle crisi drammatiche di questi ultimi anni. Quelli politici si autoreferenziano diminuendo gli spazi democratici. La corruzione morale e materiale nel nostro paese ha raggiunto livelli inaccettabili e insopportabili per il funzionamento economico e sociale del paese.
Ci poniamo la stessa domanda del prof. Rinaldi: sarà necessario un altro Risorgimento per liberarci di tutto ciò?
D.A. 09.09.14
[1] Crisi Euro: il coniglio dal cilindro di Mario Draghi – Nicoletta Napoleoni – Il Fatto Quotidiano
[2] Deflazione, non è una fatale maledizione divina – Guido Ascari – Lavoce.info
[3] Siamo tutti keynesiani? – Keynesblog –
[4] “Draghi disperato” la Germania vota no – redazione WSI – Wall Street Italia
[5] Italia, paese a sovranità limitata – Antonio Maria Rinaldi – Formiche.net