Dacci oggi i nostri Manganelli quotidiani

Dal 1° maggio una serie di avvenimenti ripropongono, in modo allarmante, la questione del fascismo, della sua apologia, e della sua nostalgia.

di Bruno Garrone

Dal 1 Maggio, ricorrenza della festa del lavoro, e dei manganelli sui No Tav, alla manifestazione di Torino, abbiamo assistito ad alcuni avvenimenti che destano preoccupazione e sconcerto.

Il primo riguarda proprio ciò che è accaduto a Torino: una deficitaria organizzazione del corteo ha messo in vicinanza il tronco del PD, con quello dei No Tav. Ha permesso un comportamento inaccettabile da parte del “servizio d’ordine” del PD, molto poco democratico, ma rapido distributore di cinghiate sulla faccia altrui. E, sarà, un caso, i tafferugli hanno dato occasione alle FFdOO per praticare una carica “a freddo” (quindi assolutamente non necessaria), verso il corteo dei No Tav (con famiglie e bambini al seguito). 

Manganelli a volontà quindi, ovviamente in una sola direzione, quella colpevole per antonomasia. Le testimonianze sono molte, i video pure. 

Occasione ghiotta per i politicanti di turno della sinistra, per accusare addirittura i consiglieri del M5S di aver partecipato agli scontri (falso), e, in particolare si sono distinti alcuni “democratici” che hanno gioito per le manganellate.

Fuori luogo, da espulsione con cartellino rosso, le dichiarazioni della sindaca Appendino che, per l’ennesima volta, ringrazia le FFdOO prima ancora dell’accertamento dei fatti. A volte sarebbe meglio tacere. Lo stesso dicasi per i silenzi del M5S nazionale, che sembra sempre più prendere le distanze da un movimento (No Tav), cui è profondamente debitore (politicamente parlando) per l’appoggio ricevuto in questi anni.

Scoppia il caso del Salone del Libro. Compare sulla ribalta l’editore di Casapound (e Salvini), che esterna la sua fede fascista, e ci racconta come il vero male assoluto sia l’antifascismo. Non ne vedevamo l’ora. Credo fossero gli anni 80/90 in cui una gruppo di ragazzotti apparvero in una trasmissione (non ricordo quale, e nemmeno l’intervistatore), dichiarando che la Shoah non era mai esistita; sarebbe stata una invenzione degli Ebrei per attaccare Hitler. Un tizio aveva scritto un libro sull’argomento, e questa unica loro lettura era diventata fonte di verità assoluta.

Certo hanno ragione alcuni storici che vanno affermando come il paese non abbia ancora storicizzato gli avvenimenti del ‘900. Sicuramente non tutto l’antifascismo fu degno del suo nome, e ci furono certamente casi di comportamento ignobile, all’interno della guerra “civile” scatenatasi in Italia, anche da parte di alcuni “partigiani”. 

Ma dimenticare, o sminuire, il ruolo dell’antifascismo, come movimento politico aggregante, di lotta contro la dittatura fascio-nazista, che raccolse diverse identità politiche, non si può accettare.

Nemmeno si può tollerare la dimenticanza del fascismo come reato, in base alle nostre leggi; e sopratutto, perché l’apologia del Fascismo è da considerarsi un reato. Esso è la negazione, totale e inequivocabile, della democrazia e della libertà, sulla quale questa si fonda.

Dovrebbe ricordarselo sopratutto il Ministro dell’Interno, quel tal Salvini che, ops, pubblica libri con la casa editrice felicemente fascista. Se, tra un selfie e l’altro (guadagnando ultimamente anche figure barbine), disimpegnandosi dal gettare fango (e raccontare balle) su Roma e sulla Raggi, per distogliere l’attenzione dal caso Siri (e sulle aderenze equivoche del suo protetto), trovasse il tempo per occuparsi di applicare la Costituzione Italiana, gli saremmo grati.

Magari, nel mentre, potrebbe anche occuparsi del ritorno alle sparatorie mafiose in mezzo alla strada, che colpiscono gli innocenti. Non si vive di sola immigrazione e di Tav.

La campagna elettorale si presenta sempre più di basso livello, sempre più “bestiale” (chiedendo scusa agli animali). Tanta voglia di sopraffazione, di manganelli, appunto; di facili scorciatoie per uscire dalla palude delle menzogne cui la politica italiana è invischiata da troppo tempo. Molta delegittimazione, e poca sostanza di progetti. Ricca disinformazione (il caso Fubini ne è un altro esempio eclatante). Insomma un paese sempre più chiuso, lontano dalle verità elementari, soggiogato dalle bugie, di parte, confortanti.

(B.G. 07.05.19)