Coronavirus l’occasione di ripartire in modo diverso

Che l'Italia debba ripartire è necessario, porsi la domanda sul come è altrettanto importante. Questo dramma dovrebbe suggerire alcune riflessioni sulla nostra vita sociale, politica, ed economica.

di Franco Trivero.

Sono trascorsi 14 gg.dal weekend in cui sono state prese d’assalto stazioni sciistiche, spiagge e piazze in tutta Italia, limitrofe alle zone arancioni e adiacenti alle rosse.
Abbiamo assistito a una transumanza umana che ha confuso una prescrizione sanitaria e ministeriale con una vacanza. Quasi a voler esorcizzare con il proprio comportamento quello che stava avvenendo negli ospedali e reparti di rianimazione.
Eccoli ad aprire seconde case, convinti di beneficiare dell”immunità virale per aver cambiato Comune. Come se ci fosse scritto sui cartelli delle varie località “territorio immune al COVID19”.

Queste giornate trascorse in isolamento mi hanno permesso di fare alcune riflessioni sulla Politica, Economia, il Lavoro e Società civile.
Conseguenza anche degli eventi che si sono susseguiti nelle settimane precedenti e che hanno coinvolto questi settori della Società connessi tra loro.

La Politica in queste settimane è riuscita a dare il peggio di sé, coinvolgendo leader politici e di Governo, che sono passati dagli aperitivi, ai baci e abbracci, sollecitando in tal senso anche la popolazione. Governatori di Regione dichiarare: “Sono misure esagerate, al momento per noi non hanno una ratio“. Proponendo lo stralcio delle province, diventate zone rosse, dal decreto del Premier.

Altri essere “d’accordo sulla stretta ma il governo doveva discuterne con noi“. Non hanno importanza i nomi dei vari rappresentanti di Regioni e Partito, anche Confindustria e FederCalcio hanno fatto di peggio. Tutti coinvolti in modo trasversale, in dichiarazioni e affermazioni che venivano contraddette nel giro di 48 ore.

Abbiamo ascoltato tutto e il contrario di tutto in un caos paranoico e schizofrenico. La morale paranoica, segue soltanto la propria visione e non accetta l’opposizione né, la semplice critica. Quello a cui abbiamo assistito è stata una rappresentazione di un delirio collettivo di onnipotenza di fronte a un possibile contagio.

La dimostrazione che non esiste la  “coscienza del contagio” e quindi della malattia. Una sindrome sociale paranoica più incurabile e quindi più pericolosa e incontenibile. Che si traduce in una mancanza di senso etico, che per definizione rappresenta un’insieme di regole tese al rispetto del bene comune.

A riportare tutti alla realtà ci hanno pensato i Virologi, Rianimatori, personale sanitario, che con un profondo senso di abnegazione, sacrificando affetti, famiglia e alcuni anche la propria vita, hanno diffuso appelli disperati e forse finalmente ascoltati.
Lo stesso Prof.Galli, in una nota trasmissione, rivolgendosi ai politici in studio ha sbottato, “adesso basta, queste discussioni da pollaio ci hanno stufato” una esortazione urlata. 

Il COVID 19 ci ha messo di fronte alle fragilità di un’economia fondata sul profitto da speculazioni finanziarie e non sul lavoro, che abbiamo abbandonato o de-localizzato. Così oggi mendichiamo prodotti di prima necessità a Paesi come la Germania e Francia, che ce li negano,  macchinari e materiale sanitario, mascherine.

È necessario “pensare” di re-industrializzare il Paese sugli asset strategici. Penosa in questo contesto la dichiarazione di Boccia, presidente di Confindustria, che ha dichiarato “che per uscire dall’emergenza economica occorrerà rilanciare le grandi opere (inutili) a partire dal TAV”; senza nemmeno prendere in considerazione che anche la costruzione di Ospedali, o l’ampliamento di quelli esistenti potrebbero costituire un’investimento più utile, non solo dal punto di vista delle aziende, ma soprattutto da quello della salute dei cittadini. 

Il sistema bancario è oggi un’organizzazione di sfruttamento dell’economia, per fare profitto sui cittadini e sulle imprese. Inoltre le banche sono quotate in Borsa e, quindi,  cercano di posizionare il proprio riferimento azionario per trarre vantaggio dagli stessi che, con i loro depositi, contribuiscono al capitale.

Risulta evidente che parlare di crisi economica, di fronte a comportamenti che hanno coinvolto la politica e la società intesa come comunità di individui, appare riduttivo, in realtà siamo precipitati in una crisi esistenziale che ha portato allo smarrimento dei principi che sono alla base del vivere sociale nel rispetto dell’altro inteso come individuo.

Di conseguenza la crisi economica non è una fatalità, ma il riflesso di comportamenti che un’organizzazione di uomini, intesi come impresa & politica hanno messo in pratica. 

Quello che emerge oggi è la grande “paura economica“. Paura di un sistema che non protegge più le persone,  che distrugge il lavoro (vedi i licenziamenti delle Banche) o lo degrada a prestazione occasionale  e indegnamente retribuita,  che alimenta le disuguaglianze e smantella lo Stato sociale, il sistema sanitario, di servizi e garanzie che ha consentito la prosperità delle democrazie. 

L’esclusione dei giovani dal mondo del lavoro è il grande scandalo di questo tempo. Un segno di egoismo ma anche di ottusità, perché un Paese che non punta sui giovani è un Paese che sbarra la strada al proprio futuro.
Nessuno ha la soluzione in tasca. Tuttavia “ricostruire la speranza” ripartendo dal lavoro che deve nobilitare l’uomo, non impoverirlo,  schiacciarlo  in un sistema di precarietà e insicurezza.

La Politica nasce per garantire giustizia sociale è etica della comunità, servizio per il bene comune, Da tempo però assistiamo a un divorzio tra politica ed etica. La politica non serve il bene comune,  ma le logiche dell’economia finanziaria, si è snaturata, ha tradito la sua essenza. Nell’enciclica ‘Laudato sì‘, papa Francesco denuncia questo tradimento:

La semplice proclamazione della libertà economica, quando però le condizioni reali impediscono che molti possano accedervi realmente, e quando si riduce l’accesso al lavoro, diventa un discorso contraddittorio che disonora la politica“.

La crisi attuale è anche crisi dell’idea di progresso, non si pensa più che il futuro possa essere migliore di passato e presente. 
In effetti, siamo giunti a un livello in cui la politica trasmette più che altro un senso di abbandono, di solitudine morale, cosa ci resta da fare? Si presenta come una rivelazione dello stato in cui ci ha ridotto il sistema politico, di cui l’Europa, alleata al sistema globalista del neoliberismo, ne riassume tutti i mali. Hegel definì l’Europa “un leone affamato”

Il Covid 19 ha accelerato un processo di crisi già in atto. Crisi è una parola di origine greca, vuol dire “scegliere”. Ora che tutto è in crisi si possono ridefinire le categorie del pensare.
Ecco perché quando sento la parola “ripartire” oppure ritorno alla “normalità” penso che stiamo sprecando un’occasione meravigliosa, nella sua tragedia attuale, non possiamo noi società civile, lasciarci scappare un’opportunità di “pensare” a come ripartire.

Le scelte fatte da altri Paesi Europei per contrastare l’epidemia da corona virus dimostrano che l’uomo e la salute vengono dopo rispetto al “mercato”, si è preferito sacrificare la vita umana e la salute rispetto agli indici di Borsa e produttività industriale. 

L’Italia ha fatto una scelta opposta, scegliendo la tutela della salute e il valore della vita umana come valore etico, della sua azione di contrasto al corona virus, sacrificando sull’altare della globalizzazione i valori del mercato.
L’Italia è una potenza culturale nel mondo e lo stiamo dimostrando a tutta l’Europa restituendo con queste scelte etica alla politica, mettendo al centro  la persona.

 È nelle crisi, nei momenti drammatici, che si è costretti a scegliere e noi con la nostra scelta, dobbiamo essere consapevoli che possiamo essere i portatori di un “Nuovo Umanesimo”.