
di Davide Amerio.
Altro che Greta! Mentre i negazionisti se la prendono con la ragazzina dalle lunghe trecce, e un’azienda distribuisce adesivi agli operai che la ritraggono in posizioni sessualmente esplicite, i lobbisti dei combustibili fossili organizzano una cena con i Parlamentari Europei.
Più volte ci è toccato ascoltare teorie negazioniste sul surriscaldamento climatico, condite con invettive contro Greta perché, a loro dire, sarebbe sponsorizzata da “lobby” delle industrie ambientaliste.
E se così fosse? Non esistono forse lobby, molto potenti dei combustibili fossili (petrolio, carbone, gas)? Se il problema sono le lobby, allora devono essere “tutte” le lobby a essere prese in considerazione, ammesso che dietro a Greta operino davvero oscure manovre industriali.
Nel frattempo,a Bruxelles, il 17 febbraio scorso, le principali aziende di produzione di energia da fonti fossili (quelle che dovrebbero essere progressivamente ridotte per contenere il surriscaldamento globale), hanno organizzato una cena per i Parlamentari europei.
Ne riporta notizia il Theguardian.com del 4 marzo. Ospiti speciali il ministro dell’ambiente della Croazia, attuale presidente di turno, e Guido Bortoni, un adviser della Commmissione Europe dell’Energia.
Nessun invito è stato rivolto alla società civile, o al settore delle ONG. Insomma, un perfetto evento lobbistico.
L’incontro è stato classificato come “Oil and Gas and the Green Deal“, ma realizzato proprio due settimane prima della promulgazione della prima legge europea sul Clima. La cena è stata sponsorizzata dalla International Association of Oil and Gas producer (IOGP), che rappresenta 29 dei principali operatori di combustibile fossile, tra cui Total, Shell, BP, e ExxonMobil.
Secondo il registro sulla trasparenza dell’Eu, la IOGP ha speso, nel 2018, 350.160 euro per attività di lobbying in Bruxelles. L’European Energy Forum (EEF), è ben organizzato: a capo c’è Jerzy Buzek, un membro del Partito Popolare Europeo, un ex primo ministro polacco, un ex presidente del parlamento Europeo, attualmente presidente del comitato per la ricerca e l’energia. Il forum vanta 82 membri associati che pagano almeno 7.000 euro per la quota associativa. Appartengono tutti al settore petrolifero e del gas.
Il 26 novembre scorso, un evento sponsorizzato da Eurogas, principale lobby dell’industria del gas, con altre aziende tedesche, e la partecipazione di un funzionario della commissione europea dell’energia, ha escluso la partecipazione dei giornalisti.
Il piano del Green Deal della Commissione Europea (da 1 milione di euro), ha scatenato una intensa attività delle lobby. Dal 2010 le pressioni in favore dei combustibili fossili, da parte delle compagnie petrolifere e del gas, sono fortissime. Una coalizione di ONG sul clima (Corporate Europe Observatory, Food & Water Europe, frieds oj the Earth Europe, e Greenpeace), quantifica in un quarto di miliardo di euro, la spesa per queste pressioni.
Queste aziende agiscono per ritardare le politiche progettate per mitigare gli effetti della crisi climatica. Il CEPS (Centre for European Policy Studies) è il classico Thinktank con cui si realizzano “eventi” ospitando solamente i leader del mercato dell’energia, rigorosamente a porte chiuse. Anche in questo caso le imprese, come per esempio ExxMobil, possono aderire con quote associative di 15.000 euro all’anno.
I membri del team della presidente della commissione Ursula von der Leyens, sono al centro dell’attenzione incessante dell’industria del gas e dell’energia. Negli ultimi dieci giorni di gennaio i rappresentanti Eurogas hanno incontrato funzionari e commissari dei dipartimenti dell’ambiente, del commercio, bilancio, agricoltura, e affari economici. Il tema era sempre il Green Deal.
Il commissario per l’energia Kadri Simons, sarà relatore alla conferenza Eurogas di quest’anno, il 19 marzo a Bruxelles. L’associazione ha speso 800.000 euro per attività di lobbying nel 2018 presso il Parlamento Europeo.
Un altro modo per esercitare pressioni è attraverso imprese di lobbying. FTI Consulting è una di queste, che ha tra i suoi maggiori clienti proprio società come ExxonMobil, e associazioni come Eurogas.
Queste commistioni sono agevolate dalle così dette “porte girevoli”, che consentono a membri e funzionari europei, nel settore dell’energia, di diventati consulenti per società come FTI.
Pressioni sono esercitate anche da società CCS (Carbon Capture e Storage), l’industria che giustifica la propria attività nel fossile promuovendo tecnologie di “pulizia” del carbone. Ma questa tecnologia è ancora lontana dal poter avere un impiego utile per ridurre le emissioni di carbonio prodotte dal carbone. Il Global CCS Institute insieme a Eurogas, esercitano attività di lobbying per promuovere questo tipo di industria.
Comunque le influenze sui legislatori europei giungono anche da potenti thinktank ambientalisti, e ONG, come il WWF , la Climate Action Network, o la European Climate Foundation (ECF). Ma i mezzi finanziari sono inferiori a quelli dell’industria fossile.
La domanda che ci possiamo porre, a questo punto è: quanto oggettive sono le scelte dei legislatori europei? Quanta indipendenza riesce a maturare la Commissione Europea riguardo le necessarie scelte in ordine alla riduzione delle emissioni dei gas serra? Quanto sarà disposta a fare per compensare i danni che saranno prodotti dal mutamento climatico già in corso?
Mentre tutta l’informazione mediatica continua ad occuparsi del Coronavirus, le conseguenze dell’assenza di scelte coraggiose nei confronti del surriscaldamento globale (perché di questo si tratta), prospettano conseguenze ambientali, sociali, ed economiche, ben peggiori. Ma se le scelte dipenderanno da pressioni lobbistiche, le soluzioni non saranno certo idonee.
(D.A. 05.03.20)
Fonte:
Climate action: the latest target of Europe’s fossil fuel lobbyists