
Contributo di Antonio Alei.
La Cassa Depositi e Prestiti (C.D.P.) è stata da tempo immemore la “cassaforte” del risparmio italiano. Milioni di piccoli e medi risparmiatori che hanno riposto nello Stato e nei depositi postali le loro speranze di salvaguardare i soldi accantonati per garantirsi una “serena” vecchiaia stanno per scoprire amaramente che le loro erano soltanto delle pie illusioni.
Ma cosa sta accadendo da alcuni anni a questa parte?
Che occhi rapaci e mascelle voraci, non ancora sazi di aver ridotto in macerie un intero Paese dopo aver gozzovigliato per decenni a “champagne, ostriche e caviale” sulle nostre spalle, hanno scoperto quest’ultimo “fortino” di ricchezza a portata di mano e hanno deciso d’arbitrio di “assaltare” e dare fondo anche a questi ultimi “spiccioli” di una nazione un tempo ritenuta florida e oggi ridotta all’ombra di se stessa.
Con decreto legge 30 settembre 2003 n. 269, C.D.P. è stata trasformata in società per azioni subentrando nei diritti e negli obblighi all’ente primigenio; la norma fissò con decreto ministeriale che venissero disciplinate le funzioni e le attività della nuova società. Il nuovo regolamento venne reso esecutivo con Decreto del Ministero Economia e Finanze il 5 dicembre 2003.
La trasformazione ha reso la struttura ancora più autonoma, svincolandola in parte dai legami connessi alla precedente forma di ente di diritto pubblico. Ciò ha consentito l’entrata nell’azionariato di ben 65 fondazioni bancarie alle quali vennero assegnate azioni privilegiate pari al 30% del capitale sociale.
Il 1º gennaio 2006 ne viene cambiata ancora la struttura operativa, incorporando in C.D.P. S.p.A. la societàInfrastrutture S.p.A., che era stata costituita dalla stessa C.D.P. nel 2002 allo scopo di finanziare, sotto diverse forme, la realizzazione di infrastrutture e di grandi opere pubbliche.
L’ambito di azione della nuova società spazia nei settori più disparati: dalla grande industria alla cooperazione internazionale, dallo sviluppo della piccola e media impresa al supporto della loro crescita dimensionale e dell’internazionalizzazione, dal sostegno agli enti pubblici alla gestione del patrimonio immobiliare, dal rilancio delle infrastrutture materiali e immateriali all’agevolazione dell’efficienza energetica e del trasferimento tecnologico.
E così il gioco è fatto e gli oramai ex risparmi sono diventati preda della finanza “creativa” che può disporne per i suoi più fantasiosi scopi, dalle mega opere pubbliche o private, di dubbio o nullo interesse strategico e utilità, al “risanamento” (si fa per dire) di società decotte e fuori mercato come l’attuale Alitalia.
Quando si sarà dato fondo agli ultimi veri risparmi degli italiani, la nemesi sarà completa e sul Paese verrà steso un nero sudario di fame, miseria e sopraffazione.
Non possiamo fare nulla contro questo vero e proprio “scippo” di Stato?