Sono passati 5 mesi dalla prima volta che ho pernottato presso i miei amici in Via delle Salette e da quando ho sentito la necessità di mettere su carta ciò che per la prima volta vedevo; alcune cose sono cambiate altre sono rimaste le stesse, sono arrivati nuovi inquilini, altri se ne sono andati ma l’ospitalità e la voglia di vivere di tutti e tutte le residenti è sempre la stessa.
La loro casa è bellissima, un brulicare educato di voci, di occupazioni, di assemblee, e da quando ci sono bimbi e bimbe ad animarla coi loro giochi e le loro urla nel parco, è ancora più vivace e colorata.
Questo mio piccolo contributo a disegni lo dedico con affetto a loro ricordando che tutt* hanno diritto ad una casa in cui vivere e in cui rifugiarsi.
“La pioggia picchia sui coppi,
la gronda travasa acqua,
le muffe organizzano conquiste
di spazi murali
ed in questo antico abbraccio
del cielo e della terra
è quasi un tabù
star lì ad osservare l’incontro,
l’intreccio sempre più voluttuoso.”
Gianni Milano, 2014.
30 Aprile 2014, ore 23:30
Sono arrivata a Torino questa sera intorno alle 22:10.
Ho fatto molto tardi perché ho dovuto portare la macchina dal meccanico per un guasto al contenitore dell’olio motore e così… e così ho ritardato tutti i miei piani, ma alla fine sono arrivata all’ex Moi in via delle Salette.
Mustafa mi aspettava.
Ho portato loro tutto il necessario racimolato che gli servirà per allestire il bar, un progetto che sono sicura Mustafa riuscirà a portare a termine perché è uno in gamba incapace di perdere tempo! Non l’ho mai visto con le mani in mano.
Questa sopra che ho disegnato è la stanza che mi hanno assegnato per passare la notte; sono stati molto gentili ad ospitarmi.
1 Maggio 2014
Sono le 6:15. Dopo aver risistemato branda e sacco a pelo (e dopo essere andata in bagno, finalmente!! 😀 ) comincio a disegnare la struttura che a quest’ora, purtroppo, è vuota.
Ogni tanto si sente qualche rumore lontano, un cellulare che suona o uno scroscio d’acqua di sanitari, ma a parte questi piccoli rumori, sembra dormano quasi tutt*.
Questo sopra è ciò che vedo dalla finestra della mia stanza.
Hanno piantato le piantine di pomodoro… sapevo che Mustafa non avrebbe perso tempo!
Il giardino è in ordine e ben tenuto.
Più tardi chiedo a Mustafa se gli inquilini e le inquiline sanno creare con la creta o col legno, il fine potrebbe essere quello di provare a vendere alcuni manufatti per rimpinguare la cassa comune, e lui mi spiega che la maggior parte di loro arrivano da zone agricole dell’Africa e ciò che sanno fare meglio è coltivare e tenere l’orto..
A questo punto ci tengo a sottolineare un fatto: per chi ha vissuto il trauma dello sradicamento dalla propria terra con conseguente viaggio in mare e accoglienza presso gli appositi centri italiani più sballottamenti in giro per il paese, non è facile riprendere la propria vita in mano tanto da cercare o crearsi un lavoro. La cosa più naturale (malgrado il dissenso dei leghisti e personaggi simili) è rinchiudersi in una prolungata apatia diventando così vittime facili della depressione una volta che la realtà crolla addosso come una quintale di mattoni, poi c’è la disperazione di una casa incerta, i documenti mancanti… bè, in una situazione simile magari non tutti si mettono a correre per preparare l’orto, mettiamola così! Ad ogni modo, l’ordine del giardino rimesso a posto dopo anni di incuria, mi ha convinta che qui la voglia di ricominciare si cerca giorno dopo giorno.
Sono le 8:45.
Intorno alla casa cominciano a sentirsi le voci delle persone che si svegliano e che fanno colazione.
Qualcuno, in qualche stanza lassù, ha acceso la radio.
Sento ancora un po’ freddo a disegnare all’aperto e cerco un buon angolo illuminato da un sole fioco dove poter riprendere in tranquillità la facciata dell’edificio.
Pur conoscendo poche persone in questo posto, mi trovo a mio agio!
1 Maggio 2014, centro occupato delle Salette.
Mentre disegno la facciata della casa, Mustafa mi chiama dalla finestra di casa sua dicendomi di salire; vive in una stanza al terzo piano arredata con gusto e utilizzando rigorosamente tutti oggetti di recupero!
Mi offre uno yogurt e poi, insieme a Omar, mi prepara un caffè: non ho cuore di dirgli che non bevo caffè, mi sembra già abbastanza far sapere loro che sono vegetariana e non bevo alcolici, quindi prendo la tazzina e sorseggio la bevanda calda ciarlando come se fossimo amici di vecchia data! Una chiacchiera tira l’altra e scopro che Mustafa è un musicista, un chitarrista per la precisione, e gli chiedo di farmi sentire qualcosa con la sua chitarra. Suona molto bene.
Dalla finestra vedo le montagne che incorniciano Torino e sono bellissime.