Calcolare l’accoglienza… una provocazione?

Dibattito sempre più difficile sulla gestione dell'accoglienza. Un ragionamento un po' provocatorio per capire meglio il problema.

di Claudio Giorno.

Premessa: sono stato uno studente svogliato nello studio della matematica; dopo il fuoco di paglia nella diligente risoluzione dei “problemi – la mamma va al mercato e compra un Kilo di pere – delle scuole elementari, fin dalle medie ho iniziato a faticare con quei numeri che diventavano lettere, avviluppate in simboli ancor più ostici a rappresentare, incognite, radiciquadrate per ridiventare numeri su manuali logaritmici spessi e pesanti come i vecchi elenchi telefonici…Ma – non so spiegarmi il perché – ho sempre amato le proporzioni. Certo una roba semplice rispetto alle equazioni di secondo grado, ai teoremi di trigonometria, alle formule di chimica organica…

Ma proprio perché alla portata di tutti (se lo sono per me!…) le proporzioni dovrebbe capirle davvero chiunque, anche un trota, per dire uno che la laurea l’ha comprata per corrispondenza memore dei trascorsi paterni preso la scuola radio-electra…Un’attitudine modesta che però mi torna utile ora, in pieno fallout della bomba dell’emigrazione verso il nostro continente che sta rendendo infernale l’estate già di per se più calda da sempre e che rischia di far salire il termometro (della febbre) ancor più nei prossimi autunno e inverno. Uno “spostamento d’aria che ha fatto cadere in mille contraddizioni persino una laureata in fisica – e in Germania – come laSignoramerkel)…Ebbene, proprio in questi giorni leggiamo che dall’Islanda sta arrivando a tutti noi – resto d’Europa – una lezione di civile generosità di cui però, se non ricorriamo alle proporzioni rischia di sfuggirci la dimensione. “L’Islanda – ci dice Wikipedia – “è una nazione insulare dell’ Europa settentrionale, situata nell’Oceano nord-Atlantico, tra la Groenlandia e la Gran Bretagna che aveva nel gennaio 2013 (che credo sia la data del loro ultimo censimento) una popolazione di 321.857 abitanti”: mettiamo pure che in questi due anni ci “abbiano dato dentro” e che siano arrivati a 325mila (cosa che viene bene anche per arrotondare e semplificare ulteriormente i conti). Bene, 12600 famiglie si sarebbero offerte in questi giorni di ospitare almeno un profugo Siriano! Ecco, è adesso che viene comodo giocare un po’ con le proporzioni: la Repubblica Italiana, (che ancora la libera enciclopedia del web ci dice essere “una repubblica parlamentare situata nell’ Europa meridionale”) ha una popolazione di 60,7 milioni di abitanti. Anche qui mi prendo l’arbitrio di arrotondare a61milioni (anche se noi italiani sembra si sia un po’ persa la propensione a “darci dentro”, o quantomeno a “figliare” – appunto – in proporzione. Se un ottavo, o anche solo un decimo di noi avesse sottoscritto l’appello degli isolani del freddo nord il numero dei Siriani (o Curdi, o Somali, o Irakeni, ecc  ecc profughi) che potremmo/dovremmo accogliere ammonterebbero a 2milioni, 364mila e 923, se non ho sbagliato a mettere le virgole…Ma ho confessato in premessa  la mia debolezza con i calcoli, per cui, nel caso, correggetemi, ve ne sarò grato…Evito comunque i decimali, per non evocare immagini che in questi giorni stanno rendendo ancor meno sopportabili gli sciacallaggi  elettorali da dovunque e chiunque vengano…Ma  provo a mantenere il tono volutamente ironico, tuttalpiù moderatamente sarcastico, visto che chi scrive non è né islandese, né firmatario della lettera di accoglienza e non può, né mai vorrebbe, insegnare niente e a nessuno…

Ma loro si che potrebbero. Lo potrebbe fare in particolare la scrittrice e professoressa Bryndis Bjorgvinsdottir che ha spedito per prima a un imbarazzatissimo ministro per gli Affari sociali, Eyglo Hardadottir, una petizione – che pubblicata  online – ha visto moltiplicarsi come pani e pesci i firmatari  sotto un testo senza un’ombra di retorica che recita così: “I rifugiati sono risorse umane, esperienza e capacità. I rifugiati sono i nostri prossimi sposi, migliori amici, anime gemelle, o i batteristi della band dei nostri figli, i nostri colleghi o miss Islanda 2022, l’idraulico che ci sistemerà il bagno o il pompiere”.

Qualcuno ha gia commentato che la fredda Europa rischiamo d’esser noi che non siamo riusciti a fermare la bolla di caldo africano, ma stiamo stendendo kilometri di filo spinato che neanche nelle due guerre mondiali aveva forse rappresentato un tal business. La “concertina”, sempre bravi i nostri “maketingghettari” a coniare nomi poetici per gli strumenti di morte più efferati (come fecero osservare Elisa Franzoi e Laura Cazzaniga alla biennale di Venezia del 2011 con la loro provocatoria istallazione che ammoniva sul moltiplicarsi delle linee di confine; un filo non più spinato ma “lamellato” che ci si taglia solo a guardarlo…anche se proprio in questi giorni intere famiglie di profughi sono riuscite ad attraversarlo tra Serbia e Ungheria…).